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Voci dalla crisi 2 - Prezzi bassi? Ma risparmiano sul costo del lavoro!

Nonostante la crisi lo spirito dei giovani siciliani rimane impavido, con buona pace di chi li considera "bamboccioni" e "fannulloni". E condannano la grande distribuzione: "Quelle offerte speciali dei volantini? Possibili se paghi meno i tuoi dipendenti..."

La pubblicità è l'anima del commercio: l'affermazione assume una duplice valenza, soprattutto in momenti di recessione conclamata. C'è chi sostiene che è proprio in questi momenti che le spese per la promozione dei propri prodotti e servizi deve crescere a dismisura. C'è chi invece, d'altro canto, sostiene che sia necessario limitare l'offerta laddove non ci sono consumatori disposti a comprare. Che dir se ne voglia, le cassette della posta dei siciliani abbondano di offerte pubblicitarie della GDO, unica forma di vendita al dettaglio che possa sostenere costi relativamente elevati come quelli richiesti dalle campagne pubblicitarie effettuate col sistema del volantinaggio.

Sempre più marchi della grande distribuzione invadono il nostro modo di essere consumatori, decretando l'ingloriosa scomparsa della piccola bottega sotto casa, profumata di tradizione.

La storia di Carmelo, 22 anni con un diploma liceale in tasca, è quella di un ragazzo di quel profondo sud reso celebre da Camilleri nei racconti di Montalbano. E' da quelle terre che viene la sua storia, è da quelle spiagge che volano i suoi sogni, che immaginano lecitamente una vita in comune con la fidanzata.

Carmelo: "Sono troppo stanco. Ogni giorno le ore di lavoro aumentano. Lo stipendio invece..."

Spinella: "Lo stipendio invece rimane lo stesso. Qual è la tua mansione al centro commerciale?"

C: "Sono in macelleria, all'interno del supermercato di un grosso nome della grande distribuzione."

S: "Sei soddisfatto della tua vita lavorativa?"

C:"Beh, oggi sei fortunato ad avercelo un lavoro! Anche se devo ammettere che ci sono cose che non vanno."

S: "Sarebbe?"

C: "Da dove comincio?" - sorride - "Orari, straordinari, turni assurdi, mancanza di controlli, contratti allucinanti..."

S: "Procediamo con ordine! Il tuo discorso riguarda essenzialmente la tutela del lavoratore..."

C: "Tutela? Quale tutela? Chi mi tutela? Il sindacato? Sì, pago qualcosa come otto euro al mese per un sindacato che non ho mai visto e che di noi se ne frega. L'ispettorato del lavoro? Lo pago con le mie tasse ma perché non viene a fare un controllo sulla nostra situazione? Sai quanto lavoro io?"

S: "No, dimmi pure!"

C: "Per contratto sono sei ore e lavoro almeno dieci-dodici ore al giorno. Certe volte anche quattordici. Per sette giorni su sette. Unico riposo? Le sei ore di chiusura settimanale, al mattino del lunedì."

S: "Wow, sarà uno stipendio importante il tuo! Pagano tutti gli straordinari?"

C: "Arrivo a guadagnare 1400 euro netti al mese, pagano solo il supplemento per i festivi, nessun altro importo viene corrisposto per le ore di straordinario. Ma comunque, per un ragazzo non sposato è una bella cifra anche se ci sono altre cose nella vita. Sono fidanzato da quattro anni e un giorno vorrei sposarmi. Allora non potrò più iniziare a lavorare alle sei del mattino per finire alle nove e mezzo della sera..."

S: "E quindi ti reputi soddisfatto, suppongo. Sarai invidiato dai tuoi coetanei!"

C: "Mah... I soldi sono importanti, certo. Considera che mi pagano anche tredicesima e quattordicesima, un vero e proprio privilegio qui in Sicilia. Ma figurati, senza queste cose chi accetterebbe queste condizioni?" 

S: "Quindi la vita sentimentale è più importante della realizzazione lavorativa?"

C: "Certo che sì! Il lavoro è importantissimo ma dobbiamo ricordarci che si lavora per vivere, non si deve vivere per lavorare. In prima battuta ho avuto un contratto a quattro mesi. Poi, si proseguirà con i rinnovi. Successivamente mi dovrebbero fare il contratto a tempo indeterminato. E allora che potrò pretendere tutto: il mio orario effettivo, le ferie, i riposi. Tutto!"

S: "Ottima risposta. Ma ammetti che il tuo lavoro ti prende tutto il tuo tempo?"

C: "Sì, è vero. E' un'esperienza. Ho iniziato a fare il macellaio quando avevo 18 anni, durante le vacanze estive nella bottega di un parente. Ho conosciuto lì la mia attuale fidanzata. Stava alla cassa, dopo quasi un anno ci siamo messi insieme. Un giorno forse avremo la nostra macelleria, un centro preparati."

S: "Quindi sei consapevole del fatto che il tuo lavoro attuale non potrà durare per sempre"

C: "Sto facendo un'esperienza, mi sto professionalizzando. Al lavoro mi rispettano, sanno che sono in grado di fare un buon lavoro. Certo, un giorno finirà..."

S: "C'è un calo nel consumo di carne?"

C: "Sì, i prezzi aumentano, c'è un calo in tutto quello che la gente compra. Davanti alla macelleria c'è allestito lo spazio con le colombe e le uova di Pasqua. Ad una settimana dalla festa sono tutti lì i prodotti. E considera che il supermercato per cui lavoro tiene i prezzi bassissimi. Sai perché? Risparmia sul costo del lavoro: siamo in due, facciamo il lavoro di cinque persone! Anzi, il nostro reparto è uno di quelli che funzionano meglio. In salumeria non hanno rinnovato il contratto ad un ragazzo, all'ortofrutta stessa cosa. Ma da noi è sempre pieno, il supermercato. Perché i prezzi sono davvero convenienti. Tanto pagano come vogliono loro e quanto vogliono loro."

S: "Mi dici che c'è un grosso risparmio sulla pelle dei dipendenti?"

C: "Loro (la proprietà, n.d.r.) mantengono prezzi ridicoli. Quando con cinquanta euro riempi un carrello di spesa, è ovvio che avrai sempre confusione. Ma per poter vendere ad un prezzo più basso, devo pagare meno i miei dipendenti, o ridurli di numero. La ditta fa fare a quattro persone il lavoro che dovrebbero fare otto-dieci commessi. Ad esempio, all'ortofrutta c'erano tre ragazzi fino al mese scorso. Ne hanno riconfermati solo due, uno ha avuto la disgrazia di essersi preso l'influenza ai primi di febbraio e quindi non gli hanno rinnovato il contratto. Dodici ore di lavoro a testa, senza festivi e senza malattie. E'un bel risparmio. E poi il consumatore compra la colomba ad un euro e cinquanta."

S: "Complimenti per la resistenza! Riesci ad avere una vita normale con questi orari lavorativi?"

C: "Devo per forza riuscirci! Sennò che viviamo a fare? Vado in palestra come buona parte dei miei coetanei. Mi concedo qualche capriccio, come questo coso (estrae da una custodia un tablet pc, n.d.r.) e ogni tanto, se non sono troppo stanco, porto la mia fidanzata a cenare fuori."

S: "Pensi che si possa lavorare anche in modo diverso o queste nuove forme di schiavismo sono la regola del mondo contemporaneo?"

C: "Io credo che qualcuno dovrebbe fare dei controlli. Te l'ho detto: io timbro un cartellino, poi la macchina segnala che, dopo 6 ore e quaranta minuti, ho staccato. Ma rimango dentro, a disossare vitelli e a "cunsari" (condire, n.d.r.) salsiccia. Tanto nessuno verrà mai a saperlo. Anche se subissi un infortunio sul lavoro, chi verrebbe a saperlo? Come faccio a provare che mi trovavo lì e non altrove?"

S: "Quando sei stato assunto ti avevano detto che avresti dovuto lavorare per almeno dieci ore al giorno?"

C: "Almeno dieci, giusto! Beh, loro non ti dicono niente. Ti lasciano capire che farai 7 ore per sei giorni. Poi lo capisci da solo che non puoi andartene a casa perché il banco rimarrebbe vuoto. Gli altri supermercati non sono così. I turni sono più "cristiani" (espressione dialettale siciliana che equivale grosso modo a "normale", "sopportabile", n.d.r.) e hanno almeno un giorno libero. Ma qui c'è questo..."

S: "E'una forma di schiavitù psicologica: insomma ti minacciano di lasciarti sul lastrico se non sei disposto a stare alle loro condizioni!"

C: "Beh... Io non mi sono mai sentito schiavo. Io sono lì solo per fare esperienza. Se domani finisse me ne andrei altrove a cercare lavoro. Ma ci sono tanti miei colleghi che sono tenuti "per le palle" dall'azienda perché magari hanno figli o il mutuo da pagare..."

S: "Prima hai messo l'accento su questo lavoro che consideri un'esperienza di vita che stai vivendo stringendo i denti. Cosa ti hanno insegnato questi mesi di lavoro snervante?"

C: "Eh, io penso di essere un bravo ragazzo: ho preso il diploma, non ho mai dato problemi ai miei genitori, lavoro duro. Mi comporto bene. Ma mi rendo conto che in Italia l'unico modo per andare avanti è truffare il prossimo, evadere il fisco. Con il lavoro oggi non puoi più avere neanche un'esistenza dignitosa."

S: "Hai mai pensato di andare via da qui?"

C: "Il mese prossimo mi scade il contratto e dovrei passare a tempo indeterminato. Se non mi faranno il contratto, ho già deciso che me ne andrò: ho un cugino a Verona, mi aiuterebbe per i primi tempi. Cercherò lavoro, faticherò anche lì."

S: "E la tua fidanzata?"

C: "Per il primo periodo mi aspetterà qui a Ragusa. E poi tornerò a prenderla. Per portarla nella nostra nuova casa. Perché devo riuscire a realizzare i nostri sogni."

S: "Con i tuoi colleghi parli mai della vostra situazione lavorativa?" 

C: "Certo, ogni giorno. Ma stiamo attenti, ci sono persone che non devono ascoltare i nostri discorsi. Come in ogni posto di lavoro, ciascuno guarderebbe il proprio orto senza preoccuparsi di un collega che protesta per i diritti di tutti. Ti si vendono in un secondo!"

Noto una certa tensione in Carmelo. Questo riferimento ai colleghi lo ha messo forse di cattivo umore. Mi rivolge una domanda.

C: "Farai uscire il mio nome in questa intervista?"

S: "Certo, ma se non vuoi useremo uno pseudonimo..."

C: "Grazie, perché ho paura che i dirigenti si tengano informati e possano prendersela con me. Magari qualche collega capisce che si sta parlando della nostra realtà aziendale e fa qualche soffiata. Il mese prossimo mi dovrebbero rinnovare il contratto..."

S: "Metteremo soltanto il nome e la zona di provenienza."

C: "Te ne sono grato."

Il ragazzo si tranquillizza. Squilla un telefono, è la fidanzata di Carmelo. Risponde con monosillabi, è telegrafico. Si congeda da me.

C: "Devo andare, grazie per avermi ascoltato. Ma come ti dicevo, nella vita ci sono cose più importanti del lavoro!"

Lo ringrazio e gli auguro tutto il bene possibile. A lui e a tutti quelli che, nonostante tutto, non hanno abbandonato un sogno.

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