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Voci dalla crisi 1 - Calo delle vendite, per l’editoria è notte fonda

Da oggi racconteremo la crisi in modo diverso: daremo la parola a chi la subisce davvero. Non con i paroloni dei professori, che nascondono strategie di sottomissione globale, ma con quelle dei ceti più colpiti dalla crisi.

Il racconto di un edicolante siciliano pone l'accento sui problemi di un settore che arranca dietro la spinta dell'informazione su Internet e della pirateria.

Una giornata primaverile, l'acqua di mare spande il suo profumo nell'aria, il sole riscalda gli irriducibili del footing che percorrono il lungomare del capoluogo etneo, col frastuono delle macchine che non riesce a coprire il grido d'aiuto che proviene dai ceti più deboli della popolazione devastata dalla crisi economica.

E' il grido d'aiuto di chi lavora, di chi da quasi vent'anni ha giurato fedeltà al sacrificio ed al lavoro, nella speranza di un'esistenza dignitosa. Come Pietro P., l'edicolante del lungomare catanese, titolare della rivendita più importante della costa catanese.

Guarda il mare Pietro, diplomato "quasi quarantenne" come ama definirsi. E' il tipico siciliano scolarizzato, che ama interessarsi di attualità, appassionato di cinema e tecnologia. Non è esattamente l'edicolante un po' buzzurro dipinto da Alberto Sordi.

Il mare gli dà il buongiorno ogni mattina da vent'anni a questa parte. Vado a trovarlo, ogni tanto. E' un amico di vecchia data che non rilascia un'intervista ma una serie di confidenze ad un fratello. Racconta della crisi che ha messo al tappeto il settore della carta stampata. E ce l'ha un po' con Internet...

Pietro: "Non ci arrivo più, fino a cinque anni fa si ragionava. Ma oggi è diventato impossibile."

Spinella: (scherzando...) "Ma dai, anche tu tra poco andrai in giro con un suv, parli con l'iPhone..."

Pietro: "Eh, scherzi bene tu. Una volta il lavoro era diverso, si vendeva molta roba. Si lavorava come muli, tutte le domeniche e i festivi per mezza giornata tranne Pasquetta, 16 agosto, 25-26 dicembre e 1°gennaio. 360 di giorni lavorativi l'anno. Un sacrificio immenso. Personalmente ormai apro anche a Pasquetta e a Santo Stefano: magari riesci a tirar su qualche centinaio di euro per pagare mezza bolletta. Ma la musica non cambia."

Spinella: "Perché? Cosa noti di cambiato nel tuo cliente tipo?"

Pietro: "Oggi anche il giornale è diventato un lusso. Ci sono quelli che "metta in conto" e solitamente sono i più facoltosi, vicini ai piani alti della politica e della finanza. Ma sono quelli che pagano sempre in ritardo e che qualche volta se ne escono con cose improbabili tipo "sono senza soldi...". Discorso diverso vale per chi lavora sul serio, per i padri di famiglia che campano con dignità, senza fare il politico. Ma quando un quotidiano costa un euro e venti ed un chilo di pane ne costa due e quaranta, su cosa credi che vada la preferenza del consumatore?"

Spinella: "Certo, l'attuale recessione scoraggia gli acquisti non fondamentali e quelli dettati dall'impulso. La figura del lettore, che si sporca le dita con l'inchiostro come tramandato dalla letteratura, è ormai sparita?"

Pietro: "Nico, oggi le dita battono su questi cosi, questi iPad con cui ti colleghi ad internet e leggi le notizie che vuoi. Navighi su Facebook, ti controlli se hanno accreditato lo stipendio sul conto corrente, vivi in digitale. Anche a me piacerebbe vivere in digitale, ma ho il vizio di mangiare in analogico..." (sorride).

Spinella: "Credi che la colpa di questa crisi del tuo settore possa dipendere dalla pesante ingerenza di Internet?"

Pietro: "Sì, ne sono quasi certo. Prima le persone uscivano di casa, scendevano al bar, prendevano un cornetto e un cappuccino, sigarette e quotidiano. Oggi non vanno più al bar, fumano meno e in edicola non entrano quasi più. Si collegano ai siti dei giornali o delle testate online. Sono i tempi e le mode che cambiano, ma quando ho cominciato qui (nel 1992, n.d.r.) era diverso: era il paese dei balocchi, compravi il quotidiano e anche uno o due mensili di tuo interesse, l'enigmistica e il giornale per la moglie, la rivista per la nonna, il mensile per il figlio appassionato di moto!"

Spinella: "Beh, se la metti su questo piano sembra che l'edicola si mantenesse solo con quotidiani e giornaletti..."

Pietro: "In effetti non era così: il grosso del guadagno lo facevi con i DVD, i CD musicali, le riviste col DVD boxato (confezionato e "brandizzato" con il nome della testata, n.d.r.) e con la pornografia."

Spinella: "Mercati interessanti..."

Pietro: "Sicuro! Soprattutto la pornografia era una gallina dalle uova d'oro. Riuscivamo a vendere fino a 1000 euro di dvd porno ogni settimana! Senza contare le riviste che comunque hanno ancora oggi un loro mercato. Oggi non è come cinque anni fa, quando eri disposto a pagare anche 18 euro per un DVD a luci rosse!"

Spinella: "A cosa possiamo ricollegare il calo delle vendite dei prodotti a luci rosse?"

Pietro: "Che domande! Ad Internet. Ormai il porno è fondamentale quanto il calcio per tenere l'italiano medio per le palle..." 

Spinella: "Certo, è evidente che il proliferare della pornografia online sia ricollegabile ad una strategia manipolatoria che utilizza i calmieri sociali per evitare conflitti... Quanto si spende in media per un DVD video originale?"

Pietro: "Considera circa 12 euro, rivista compresa, ovviamente col prezzo imposto. Ricorda che qui puoi vendere un audiovisivo soltanto se accompagnato da una pubblicazione, così il DVD risulta un allegato al giornale e può usufruire dell'iva agevolata. Ma serve a poco."

Spinella: "Perché? Anche in questo caso c'è un calo palpabile delle vendite?"

Pietro: "Sì, un crollo direi. Prima il film lo prendevi, in edicola. Ma oggi? Non ci sono più questi numeri..."

Spinella: "Non capisco: per quale motivo? Crisi o..."

Pietro: (mi interrompe) "Crisi sì, ok, ma anche tanta pirateria. Chi lo viene a comprare un film da me a 12 euro quando gli ambulanti te ne vendono uno perfetto ad un euro? Ne ho visti diversi, la qualità è identica all'originale! Sono passati i tempi in cui le immagini dei DVD piratati erano impresentabili. Oggi l'unica differenza sta nella confezione. E nel prezzo, ovviamente."

Spinella: "Mi pare di capire che anche in questo caso Internet non sia proprio esente da colpe. Si potrebbe arginare il problema?"

Pietro: "Beh certo, qualche controllo in più non guasterebbe. Ma bisognerebbe colpire il singolo consumatore, multare chi compra dagli abusivi. Ma anche un atteggiamento del genere sarebbe difficile da mantenere..."

Spinella: "C'è sempre il vecchio espediente del calo dei prezzi..."

Pietro: "Impossibile: ogni mese inviano una lettera in cui lamentano l'aumento del prezzo della carta, poi di quello dei carburanti che muove i camion che trasportano la carta prima e gli stampati poi. Ogni mese ci sono aumenti e tanti lettori che decidono di fare a meno del loro svago."

Spinella: "Sembra una situazione seria. Com'è cambiato il tuo giro d'affari negli ultimi anni?"

Pietro: "Sinceramente guadagno circa il 50-60% in meno di qualche anno fa, i prezzi sono un po' aumentati ma è aumentato tutto in Italia. Fino al 2007, nella giornata di domenica (tradizionalmente quella più favorevole agli incassi del settore, n.d.r.) riuscivo a vendere anche 250 copie del quotidiano locale ("La Sicilia, n.d.r.). Adesso me ne inviano appena 100 e non riesco a venderle tutte."

Spinella: "Quali sono i quotidiani più venduti?"

Pietro: "Bene o male reggono il colpo sia il "Corriere" che "La Repubblica". Anche il "Sole24ore" è abbastanza venduto. Invece i quotidiani che fungono da organo di partito sono acquistati soltanto dagli addetti ai lavori: consiglieri comunali, regionali, provinciali. E ovviamente qualche militante irriducibile... I quotidiani sportivi? Beh, anche se la squadra è in serie A si vendono pochissimo!"

Spinella: "Ma ci sarà un prodotto che si vende ancora bene!"

Pietro: "Sì, una cosa c'è: le buste sorpresa (quegli enormi sacchetti di carta in cui si riciclano le pubblicazioni passate dirette ai bambini, n.d.r.). I bambini le vedono, coloratissime, attraggono l'attenzione. Quelle sì, si vendono ancora. Non si vuole far scontare la crisi ai più piccoli, ma gli incassi ormai sono bassi. Una volta invece piazzavi le carte dei Pokemon a 5 euro senza accorgertene. Si vendevano da sole..."

Spinella: "Apri sempre alle 6 del mattino per chiudere alle 21?"

Pietro: (vistoso cenno di diniego) "Macché... Apro alle 7/7.15 e chiudo alle 19.30. Già a quell'ora non rischi più di imbatterti nel cliente che viene a spenderti 50-60 euro di giornali, che motivava il rimanere aperti all'acqua e al vento. Ormai la spesa media per cliente non va oltre i 10 euro. Anche gli appassionati acquistano solo gli "economici": vendi "Al volante" ma solo qualche "Quattroruote". Nemmeno i gadgets fanno più registrare il "tutto esaurito". Non è più come una volta."

Spinella: "In che senso?"

Pietro: "Una volta c'era la mentalità per cui il settimanale veniva accoppiato ad un gadget: la borsa di "Gioia", il "Tu" con lo zainetto e via dicendo. Ricevevi prenotazioni sin dall'apparizione dello spot in TV, spesso nemmeno li esponevi perché te ne prenotavano più di quanti te ne mandassero. Oggi, spesso e volentieri, rendi indietro all'agenzia di distribuzione qualche copia della rivista. Hanno capito che quegli oggetti li trovi ad un prezzo più basso in qualsiasi negozietto cinese..."

Spinella: "E le raccolte? Le enciclopedie?"

Pietro: "Un tempo ti sistemavano per bene! C'erano raccolte di motomodelli, automodelli, macchine col radiocomando, galeoni in stile Dylan Dog (che si vende ancora, eh???). Poi le enciclopedie cartacee: dieci-dodici volumi di questo e quello, la "Garzantina" al giovedì, la storia dell'arte al sabato. Si guadagnava, ah se si guadagnava! Oggi questi articoli non girano più: non ci sono più i soldi per permettersi una raccolta insignificante come quella delle "Borse da collezione" o delle inutili tazzine microscopiche."

Spinella: "Usciremo dalla crisi? In che modo?"

Pietro: (alza gli occhi al cielo e sospira) "Non so. E' difficile, vogliono portarci all'esasperazione. Non lo so, non ho un'idea. Ma se devo dar retta al mio pessimismo, andrà sempre peggio."

E' quasi ora di pranzo. Pietro raccoglie qualche busta-sorpresa ed inizia a mettere a posto l'esposizione esterna.

Pietro: "Chiudo per mezz'oretta. Devo andare in banca a pagare le forniture e le utenze. Un tempo non avrei chiuso, ci sarebbe stato il mio sostituto a tenere aperto e a proseguire la vendita. Ma non ce l'ho più un sostituto, ho dovuto licenziarlo qualche anno fa: non potevo più permettermelo..."

Maledetta crisi.

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