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 Home page > Tribuna Libera > Victor e Roser, la nave dei profughi, la guerra contro la democrazia (...)

Victor e Roser, la nave dei profughi, la guerra contro la democrazia spagnola, Pabro Neruda, Salvatore Allende, il colpo si stato in Cile…

Per non dimenticare gli orrori subiti dal popolo spagnolo e cileno descritti…..nel “Lungo Petalo di mare

Alle richieste di chiarimenti fatte a Pablo Neruda dagli esuli spagnoli, in procinto di imbarcarsi nell’agosto del 1936 verso quel lontano e sconosciuto paese sudamericano, su dove fosse dislocato e cosa rappresentasse il Cile, il sommo poeta così sintetizzò: “ un lungo petalo di mare e vino e neve….”.

Certo, il titolo dato a questo scritto è “ intricato”, può risultare alquanto composito. Non è facile riassumere in poche parole il senso del romanzo storico di Isabel Allende, “Lungo petale di mare” ( Ed. Feltrinelli, ottobre 2019) che racchiude sessant'anni di narrazioni, con al centro i due protagonisti principali, Victor e Roser, originari della Catalogna.

 

Da parte mai intendo privilegiare, approfondendoli, gli aspetti storici e i contenuti del contesto sociale e politico che “avvolgono” i due protagonisti.

Una storia intensa e drammatica. Inizia negli anni trentasei del novecento, in Spagna, durante la fase tragica della guerra contro quella gran parte del popolo spagnolo, da sempre tenuto in stato di oppressione da parte dei poteri che esercitavano il comando plurisecolare. Artefici i golpisti militari del generale Franco che rappresentavano mano armata le strutture sociali estromesse dal voto popolare ( nobiltà-monarchia, latifondisti, militari, ecclesiastici) sostenuti con grande forza e dispendio di energie militari da nazisti tedeschi e fascisti italiani.

Poi, si dipana in Cile, dove a trentasette anni di distanza si riproduce la stessa tragica situazione del 1936 in Spagna, quindi, il golpe militare guidato dai poteri reazionari. Poi,….fino agli inizi degli anni novanta.

 

La nave Winnipeg salpò il 4 agosto 1939 dal porto francese di Trompeloup – Pauillac ( regione della Nuova Aquitania) con 2200 profughi che avevano lasciato la Spagna, dopo avere subito le nefaste conseguenze della guerra civile e le grandi tribolazioni nell’attraversamento dei Pirenei, per sfuggire alle violente azioni dei fascisti del generale Franco. La guerra civile, iniziata nel luglio 1936, si era definitivamente conclusa il 1 aprile del 1939, con la sconfitta della Repubblica e del nuovo governo del Fronte Popolare che aveva vinto le elezioni del 16 febbraio 1936. Partendo, sulla nave in molti cantarono in catalano la canzone dell’emigrante” Dolca Catalunya / pàtria del meu cor / quan de tu s’allunya / d’enyoranca es mor” ( Dolce Catalogna, madre patria del mio cuore, quando ti allontani dal desiderio muori).

 

Prima era iniziata la tragica epopea de “La Retirada”. Cinquecentomila repubblicani spagnoli, combattenti antifascisti e civili in circa 200.000 – uomini, donne e bambini – a partire dalla parte finale del 1938, con un forte incremento nei primi mesi del 1939 ( dopo la caduta di Barcellona avvenuta il 26 gennaio 1939 e della Catalogna il 12 febbraio; nel mese di marzo Madrid fu occupata dai nazionalisti ), abbandonarono, esuli, la Spagna. I profughi passarono tutti dalle tre regioni confinanti, Catalogna, Navarra, Aragona, scavalcando i Pirenei nel pieno della stagione invernale, nel territorio francese. Una partenza drammatica, molti rimasero uccisi durante il percorso verso la Francia, inseguiti tra le montagne dalle truppe nazionaliste che già avevano iniziato una repressione violentissima contro i repubblicani nelle aree territoriali conquistate.

Con grande senso di solidarietà le frontiere furono aperte dal governo francese.

 

La vendetta franchista fu terrorizzante. Volevano cancellare, con un’enorme pozza di sangue, l’ impronta sociale che i rivoluzionari repubblicani avevano impressa nella Spagna feudale e padronale nel corso del triennio precedente. Le ritorsioni assunsero caratteri efferati dopo l’emanazione del 13 febbraio 1939 della legge “ sulle responsabilità politiche”, con l'istituzione dei tribunali speciali, a partire dalla rivolta avvenuta in Asturia nell’ottobre del 1934. Oltre 800.000 soldati repubblicani furono internati in circa 50 campi di concentramento, sottoposti a continue vessazioni e con condizioni di sopravvivenza di grandissima precarietà. Da aprile 1939 al giugno 1944 furono uccise 192.684 persone, per lo più fucilati o strangolati con la garrota, poi sepolte in grandi fosse comuni; le esecuzioni principali a Madrid, Barcellona, Siviglia – dati del Ministero della Giustizia- , molte altre, vittime delle rappresaglie, furono incarcerate per lunghi anni.

Le stime sulle vittime della guerra civile spagnola sono controverse, si va da 500.000 a un milione di uccisi. Nel 1935 la popolazione spagnola era costituita da 24.578.000 residenti.

 

Grande il contributo dei volontari delle Brigate internazionali. Complessivamente, in 59.380 – uomini e donne - ( circa 40.000 i combattenti, 20.000 nei servizi sanitari e ausiliari), provenienti da 50 paesi, combatterono a sostegno della Repubblica. In molti, 9934, rimasero uccisi; i volontari rimasti feriti gravemente o dispersi furono 7686. Di grande rilievo il contributo dei volontari italiani antifascisti, in 3400 - in particolare nella Brigata Garibaldi - combatterono fino alla fine del 1938, quando il governo repubblicano decise il ritiro delle Brigate Internazionali. In 600 rimasero uccisi nei combattimenti. In molti casi i volontari italiani si trovarono di fronte gli altri italiani ( e i tedeschi nazisti) inviati dal regime di Mussolini a sostegno dei fascisti spagnoli. Un ausilio di grandissimo rilievo, oltre ai considerevoli mezzi militari, aerei e navi, la dittatura fascista inviò un contingente militare costituito da 79.000 effettivi, 6000 i caduti, 15.000 i feriti.

 

Le condizioni di vita nei campi di accoglienza allestiti in Francia in una quindicina di siti – il più grande Les Barcarès con 70.000 presenze e Argelès sur Mer con 43.000 -, le vicissitudini subite dalle centinaia di migliaia di profughi, civili e militari repubblicani nel corso degli anni della seconda guerra mondiale, furono di grandissima drammaticità. Nei primi mesi gli esuli furono abbandonati in “lande” deserte recintate, prive delle più elementari strutture di supporto, morirono in decine di migliaia. Con molta gradualità la situazione iniziò lentamente a mutare, a seguito della creazione di ulteriori altri grandi sette campi con caratteristiche “selettive” ( in relazione all’appartenenza politica), e grazie all’intensa attività di diverse associazioni internazionali e francesi che svolsero un’azione di supporto molto intensa. Con l’intento di separare le varie componenti politiche dei profughi a Le Vernet d’Ariège furono collocati gli anarchici della 26° Divisione Durruti e molti componenti delle Brigate Internazionali. Diversi altri campi di accoglienza furono installati in Tunisia e Algeria. Date le indegne condizioni di vita morirono negli stenti più orrendi tra le 35.000 e le 50.000 persone.

 

Nei tanti e articolati “percorsi” che videro i profughi impegnati nella lotta per la sopravvivenza, in circa 50.000 furono accolti in sud America: Messico ( il 60%), Cile e altri paesi; altri si arruolarono nel corpo militare francese della Legione Straniera; in oltre 9000, dopo l’occupazione della Francia da parte dei tedeschi, finirono deportati nei Lager. In diverse decine di migliaia continuarono in vari modi la lotta al nazifascismo, con un particolare contributo nella Resistenza francese. Altri andarono in Unione Sovietica, in parecchi subirono le repressioni staliniane. Una parte consistente dei profughi, a partire dalla fine del 1939, ritornò in Spagna. A questo riguardo le varie fonti divergono sulle quantità dei rimpatri, si oscilla tra le 75.000 e le 250.000 persone. Molti dei ritornati furono facile preda della repressione franchista.

E’ questa una storia tragica, di grande sofferenza e impegno democratico che merita in altra sede un approfondimento appropriato. Molte ricerche e bibliografie sono facilmente reperibili.

 

Pablo Neruda, poeta e politico cileno ( pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes, 1904-1973 ), fu il protagonista centrale delle intense attività che furono necessarie per l’organizzazione del viaggio della nave Winnipeg. Per prima cosa sensibilizzò e convinse il presidente cileno Aguirre Cerda - eletto nell’ottobre del 1938 in rappresentanza della coalizione di sinistra alleati nel Fronte Popolare – ad accogliere in Cile un numero considerevoli dei profughi spagnoli che si trovavano nei campi di accoglienza in Francia. Neruda conosceva bene la Spagna e moli intellettuali: i poeti, Garcia Lorca – assassinato dai franchisti nell’agosto del 1936 -, Antonio Machado – morto nel febbraio 1939, dopo avere abbandonato Barcellona con la sua famiglia verso la Francia, Rafael Alberti….. Era stato console onorario a Barcellona nel 1934 e l’anno dopo a Madrid. Per la copertura dei considerevoli costi che comprendevano l’affitto e la trasformazione della nave mercantile individuata in nave passeggeri (i lavori furono effettuati dai volontari del partito comunista francese), il vettovagliamento dei profughi durante il viaggio e per la permanenza dei primi sei mesi nel paese sudamericano, Neruda avviò, con proficuo riscontro, una grande campagna internazionale di raccolta fondi.

Direttamente incaricato dal governo cileno, Pablo Neruda, per parecchi settimane in una stanza dell’ambasciata del Cile a Parigi, esaminò direttamente le richieste che pervenivano dai vari campi profughi. Un criterio importante fu rappresentato dalla “quota”, in riferimento all’appartenenza politica che era stata assunta in Spagna nella fase della Repubblica: socialisti, comunisti, anarchici, liberali.

Nel celebre “Spagna nel cuore” il poeta evocò le vicende della guerra civile spagnola, elevando l'eroismo del popolo che tra immani sacrifici contrastò i fascisti tra le distruzioni più immani, resistendo con grande coraggio per tre anni; per tutte “ Madrid 1936”:

 

Madrid sola e solenne, Luglio t'ha sorpresa 

nel pieno della tua allegria di povero alveare:

chiara era la tua strada,

chiaro il tuo sogno.

 

Un nero rancore

di generali, un'onda

di rabbiose sottane

ha franto alle tue ginocchia

le sue acque pantanose, i suoi fiumi di spurgo.

 

Con gli occhi feriti ancora di sogno,

con fucili e pietre, Madrid, con piaga aperta,

ti sei difesa. Correvi

per le vie

posando scie del tuo santo sangue,

chiamando a raccolta con una voce d'oceano,

con un viso per sempre mutato

dalla luce del sangue, come una montagna

vendicatrice, come una sibilante

stella di coltelli.

 

Quando nelle tenebrose caserme, quando nelle sacrestie

del tradimento penetrò la tua spada in fiamme,

non ci fu che silenzio d'aurora, non ci fu

che il tuo passo di bandiere,
e una gloriosa goccia di sangue sul tuo sorriso.

 

Sconfitta la Repubblica spagnola, così si espresse: “Giuro di difendere fino alla morte quello che hanno assassinato in Spagna: il diritto alla felicità”. 

 

 

Sulla nave Winnipeg si trovavano i due protagonisti principali del libro “ Lungo petalo di mare”, Victor e Roser. Victor Dalmau è un giovane studente in medicina, milita nel Fronte repubblicano, impegnato da oltre due anni in un ospedale di Madrid ad assistere e curare i feriti provenienti da vari fronti di guerra attorno alla capitale spagnola. Siamo nel 1938, Madrid è da tempo duramente assediata dalle truppe franchiste. Roser Bruguera è una giovane pianista; è incinta, aspetta un figlio dal fratello di Victor, Guillem ( morto in battaglia).

 

Quando la situazione militare precipitò ed iniziò la Retirada, Victor rimase in ospedale per assistere i feriti che sempre più numerosi arrivavano dai fronti della battaglia, Roser e la suocera Carme, a fine gennaio (1939) si misero in marcia in una lunga colonna di profughi, cercando di attraversare a piedi i Pirenei nel gelido freddo invernale. Nelle tragiche peripezie del viaggio verso la salvezza, Carme si disperse mentre imperversava una bufera ( si rivedranno molto tempo dopo) , Roser, accompagnata da un fidato amico di Guillem - dopo tre giorni e notti, arrivò in Francia e fu portata nel campo di Argelès sur Mer, dove già stanziavano decine di migliaia di spagnoli ( ( dai dati ufficiali emerge che nel marzo del 1939 si trovavano accampati 43.000 esuli). “ Era una spiaggia recintata e sorvegliata da gendarmi e truppe senegalesi” …...i rifugiati venivano lasciati alle intemperie, esposti al freddo e alla pioggia, senza il rispetto delle minime condizioni igieniche, non avevano a disposizione né latrine, né acqua potabile. Dai pozzi che scavavano usciva acqua salmastra, torpida e contaminata da feci, urina e dai cadaveri che non venivano tempestivamente rimossi” ( pag. 83).

Quando la vittoria franchista sopravvenne, anche Victor, dalla Catalogna, si rifugiò in Francia, nel campo di Argelès sur Mer. Rincontrò Roser, che aveva già partorito il figlio ( Marcel), alcuni mesi dopo.

 

La nave Winnipeg arrivò in Cile, attraccando nel porto di Valparaiso il 3 settembre, dopo ventinove giorni di navigazione. Furono accolti con grande entusiasmo. “ Una folla assiepata dietro cordoli di contenimento, con striscioni e bandiere della Spagna, della Repubblica, dei Paesi Baschi e della Catalogna, li acclamava in ub unico rauco grido di benvenuto. Una banda suonava gli inni del Cile e della Spagna repubblicana, oltre all’Internazionale, accompagnata da centinaia di voci” ( p.143).

Tra i rappresentanti del governo c’era un giovane dirigente socialista, medico chirurgo, nominato ( trentunenne) pochi giorni dopo ministro della Sanità: Salvatore Allende ( nato a Valparaiso il 26 giugno 1908, morto assassinato l’11 settembre nel Palazzo governativo dai golpisti, sostenuti dal governo statunitense).

In quel periodo il Cile era un paese caratterizzato da grandi contraddizioni sociali e da consistenti sacche di povertà, tra l’altro l’area centro meridionale del paese nel gennaio 1939 era stato devastata da un violentissimo terremoto che aveva provocato 28.000 morti. L’anima generosa e solidale era espressa dal Fronte Popolare ( una coalizione dei socialisti, comunisti, democratici, radicali e della Confederazione sindacale dei Lavoratori) che nel 1938 aveva vinto le elezioni presidenziali, eleggendo Pedro Aguirre Cerda, un avvocato figlio di contadini. Da Presidente dette una spinta impetuosa per il miglioramento delle condizioni di vita delle classi popolari, con numerose iniziative a sostegno dei poveri e incrementando in maniera importante le strutture scolastiche.

 

...Poi, la vita dei due protagonisti del libro di Isabel Allende, Victor e Roser, in questa nuova realtà iniziò a scorrere, in un contesto di pace e riconquistata serenità, con la ferrea volontà di ricostruire il percorso delle loro giovani esistenze. Lontano dagli orrori che si erano consumati in Spagna ( con le repressioni in atto, ancora per diversi anni), diventata “piccolo” campo di sperimentazione di ciò che il nazifascismo avrebbe provocato in Europa con una sequenza impressionante di morti e distruzioni molto più grande, nel corso della globale guerra razzista e di conquista scatenata, dal settembre del 1939 al maggio del 1945.

 

Con il tempo che ineluttabile scorre, guardando al domani, tutto si stempera e si acquieta. In loro, rinasce, forte, la voglia di vivere, nei sentimenti personali e nella collaborazione solidale con i nodi della società. Il matrimonio contratto in Francia tra Victor e Roser, prima della partenza sulla nave, vincolante per partire, rimasto puramente formale per molti anni, nel corso del tempo si trasformò ineluttabilmente in amore condiviso.

 

Negli anni che passano due eventi in particolare scompigliano la vita dei protagonisti. Il primo, di grande positività. Infatti, dopo circa dieci anni venne rintracciata la mamma di Victor, Carme. Dopo lunghe ricerche viene ritrovata in Andorra, il piccolo stato sui Pirenei, tra Spagna e Francia. Si era dispersa nella tormenta, tra le montagne, in quella notte del fine gennaio del 1939 mentre con Roser, dentro una lunga colonna di profughi, cercavano di raggiungere la Francia. Fu salvata da una famiglia di contadini, viveva ancora con loro. Vanno a riprenderla il figlio e Roser. Anche lei diventa cilena di “adozione”.

 

L’altro evento si mantiene acuto negli animi di coloro che ancora viventi ne portano indelebili i tragici segni. Sono passati quarantadue anni dal golpe militare in Cile. Un arco di tempo complessivamente breve, più a noi vicino rispetto alla guerra civile spagnola che corre il rischio di continuare ad esistere sul piano internazionale solo nelle pagine dei libri.

La memoria degli orrori eseguiti dai golpisti del generale Pinochet ancora scorre con i torturati sopravvissuti e con il ricordo indelebile dei familiari che videro i loro cari trucidati. In Cile ci fu, nel metodo e nell'essenza della tragedia perpetrata, una ripetizione di quello che avvenne in Spagna nel 36. Solo i numeri, quelli che misurano sul “piatto” degli uccisi, la quantità della repressione, sono sostanzialmente diversi. La Resistenza, progettata ed attuata, fu diversa. Le condizioni complessive avevano caratteristiche più articolate. Non fu predisposto, per quanto i segnali fossero rilevanti, un piano organico preventivo per contrastare con le armi in maniera diffusa un probabile colpo di stato.

Salvatore Allende fino alla fine della sua presidenza si operò per scongiurare la guerra civile.

 

Nelle elezioni presidenziali del 4 settembre 1970 il rappresentante di Unità Popolare (costituita dalle forze principali dei partiti comunista, socialista, radicali e Mapu, con il sostegno esterno del Mir – Movimento della sinistra rivoluzionaria), Salvatore Allende ( cofondatore del partito socialista cileno nel 1933), con il 36,3% dei voti era stato il più votato dei tre candidati. Divenne Presidente successivamente, il 4 novembre, nel Congresso nazionale – Parlamento –, con il voto di sostegno determinante dei deputati della Democrazia Cristiana guidata da Edoardo Frei.

 

Il programma politico di Unità Popolare nelle priorità prevedeva: forte ridimensionamento delle diseguaglianze sociali e sviluppo del paese, lotta al latifondo delle grandi proprietà terriere e il contrasto ai capitali ingenti concentrati in poche mani, rottura dei legami e dei condizionamenti delle strutture finanziarie internazionali, quindi contrapposizione all’imperialismo. Era la “via cilena al socialismo”. Fu attuato il piano graduale delle nazionalizzazioni che riguardarono in particolare i settori delle risorse naturali e minerarie ( il rame, principale bene del Cile…), le aziende dominanti ( compreso imprese statunitensi), i settori finanziari, assicurativi e dei servizi principali, la lotta al latifondo che caratterizzava la gran parte del territorio e delle produzioni agricole cilene. Quindi una serie di misure furono assunte sul piano sociale: contrasto della disoccupazione, aumento dei salari, blocco dei prezzi dei beni principali, notevole impegno della spesa pubblica per sanità, istruzione, edilizia popolare e blocco degli affitti; fu introdotto il divorzio e rese operative varie misure a sostegno delle donne.

 

Iniziò la fase, sempre più crescente, dalla destabilizzazione delle forze interne contrarie al cambiamento e in difesa dei loro interessi, guidata dagli Stati Uniti. Agirono con grande determinazione su vari fronti. Si fece crollare il prezzo del rame, si bloccarono i sostegni finanziari degli organismi internazionali; iniziò, da parte delle imprese il blocco produttivo, e l’interruzione dei trasporti. I partiti della destra, come sempre avvenuto nei momenti di cambiamento a favore dei ceti poveri e sfruttati, cercarono di strumentalizzare il malcontento presente nei segmenti sociali ricchi dominanti che erano stati colpiti dalle azioni del governo. Con il 1973 iniziò l’anno cruciale. Nel marzo fu rigettata in sede parlamentare ( per mancanza dei 2/3 di voti) la richiesta di sfiducia a Salvatore Allende, crebbero gli attentati terroristici, a giugno ci fu un tentativo di colpo di stato; quindi la formazione di un nuovo governo e la sostituzione, per dimissione dell’incaricato precedente, del ministro della difesa e capo di stato maggiore; il 22 agosto il ruolo fu assunto dal generale Augusto Pinochet.

 

Il dato inesorabile degli eventi si stava rapidamente avvicinando. Giorno 11 settembre inizio il golpe.

Alle 9.10, mentre il Presidente Allende rivolgeva l’ultimo discorso ai cileni, l’attacco dei militari golpisti al Palazzo presidenziale La Moneda era già nella fase avanzata, anche con bombardamenti aerei Si resisteva, troppo grande, però, era il differenziale sul piano militare. Cadde, ucciso (forse suicida?), il Presidente.

 

La cattura, l’imprigionamento e l’assassinio dei militanti dei partiti di sinistra e delle organizzazioni sociali, già predisposti, scattò immediatamente, gestita dalla Giunta militare che assunse il potere, imponendo uno Stato di terrore continuo. In quell’anno il Cile aveva poco più di dieci milioni di abitanti.

Non è facile riassumere sinteticamente la drammatica situazione di persecuzione messa in atto nella fase iniziale del golpe e negli anni successivi, fino alla caduta della dittatura. In quasi 4000 rimasero uccisi, in decine di migliaia furono perseguiti, torturati, incarcerati. Già immediatamente dopo l’11 settembre lo stadio di Santiago fu utilizzato per rinchiudere migliaia di persone. Molti abbandonarono il Cile o si rifugiarono nelle ambasciate, quella italiana accolse il numero più alto dei rifugiati. Altri, in numero rilevante – uomini e donne - furono fatti sparire, certamente uccisi.

Furono rimossi i diritti civili e politici, soppressi i partiti politici che facevano parte di Unità Popolare e la Democrazia Cristiana, abrogata la funzione del Parlamento, eliminata la libertà di stampa e soppresse le organizzazioni sindacali. Sulla gestione della struttura economica fu imposto un modello di liberismo totalmente privo di vincoli con una drastica rivisitazione in negativo dei servizi sociali, l’abbassamento di salari e stipendi dei lavoratori, drastica flessibilizzazione del mercato del lavoro, forte ridimensionamento del ruolo pubblico a partire dalla sanità…... Sul piano generale venne smantellata tutta l’impalcatura degli indirizzi economici e sociali che erano stati assunti dal governo Allende.

 

Dodici giorni dopo il golpe, il 23 settembre, morì Pablo Neruda, celebrato come il poeta comunista. Impegnato da sempre politicamente, grande amico e sostenitore di Salvatore Allende. Nel 1971 aveva avuto assegnato il premio Nobel per la letteratura. Una morte misteriosa. Poiché affetto di un cancro alla prostrata quattro giorni prima era stato ricoverato in una clinica di Santiago. Mentre sembrava che fosse uscito dalla fase acuta, improvvisamente spirò. L’ improvvisa morte ha lasciato grandi interrogativi. Forte il dubbio che sia stato assassinato con un'iniezione venefica, su comando dei golpisti.

 

La dittatura si protrasse per diciassette anni. Nella fase finale, ad ottobre 1988, Pinochet supponendo ( come ogni dittatore) di avere a suo favore il consenso della maggioranza del paese , a seguito della “nuova Costituzione” ratificata, indisse una consultazione mirata ad ottenere un approvazione per restare al comando altri otto anni. Invece fu sconfitto, il 56% votò contro. Quindi, nel novembre 1989 le elezioni politiche, vinse l’alleanza dei Partiti per la Democrazia. A fronte della chiara volontà popolare giorno 11 marzo 1990 Pinochet abbandonò la Presidenza. La dittatura era finita.

 

Victor, protagonista principale del libro “ un lungo petalo di mare”, divenuto chirurgo indefesso di largo riconoscimento nazionale, dopo trentaquattro anni dalla fine della guerra golpista contro la democrazia spagnola, fu ancora vittima. Questa volta da parte della repressione fascista in Cile.

Alcuni giorni dopo l’11 settembre fu arrestato nell’ospedale dove da anni professava la sua missione di medico, rinchiuso nello Stadio Nazionale assieme ad alcune migliaia di altre persone. Ovviamente, poiché le dittature non hanno bisogno di atti formali, senza nessuna accusa ufficiale.

Dopo una “permanenza” nello stadio di alcune settimane fu portato in una miniera di salnitro nel nord del Cile, trasformata in campo di concentramento carcerario. Rimase prigioniero in quel luogo per undici mesi, quindi rilasciato in libertà condizionata.

Victor, temendo una nuova incarcerazione, assunse la decisione di rifugiarsi nell’ambasciata del Venezuela, richiedendo asilo politico. Dopo un mese gli rilasciarono il permesso di accoglienza, assieme ad un altro richiedente fu trasportato con un piccolo aereo nel nuovo paese che già accoglieva molti altri rifugiati cileni.

 

Il 20 novembre 1975 morì Franco, il caudillo spagnolo, comandante supremo del regime che aveva oppresso la Spagna per quarant'anni. Iniziava la transizione verso la democrazia. Un anno dopo Victor e Roser decisero di tornare nel loro antico paese, mancavano dall’agosto del 1939. Restarono per molti mesi, in particolare a Barcellona, nella Catalogna che era stata l’ultimo sanguinosa barriera di strenua resistenza al fascismo. Riconquistarono gli “odori” lontani, ormai dispersi nel tempo. Ritornarono in Venezuela, rimanendo altri anni ancora in esilio. Nel 1983 la dittatura cilena acconsentì alle prime aperture, decidendo che potevano rientrare 1800 profughi, appositamente individuati. Victor ne fece parte. Ritrovarono un paese strutturalmente mutato dagli atti coercitivi della dittatura. Poiché le strutture sanitarie erano state privatizzate non ebbe maniera di proseguire nella sua attività medica ( continuata nel Venezuela), decise di svolgere volontariato in un ambulatorio nella periferia di Santiago, sostenuto da enti di beneficenza; anche Roser dette il suo attivo contributo di quotidiana partecipazione alle attività. Questo per tre anni. Con la fine della dittatura Victor ritornò a svolgere la sua funzione di chirurgo primario, nel suo precedente storico ospedale, tra l’altro insegnando all’università.

 

……..Poi, la morte di Roser. Il calendario del tempo, implacabile, cancella tutto, i corpi e i sentimenti. Solo la memoria, indistruttibile, rimane Viva.

 

domenico stimolo

 

 

 

 

 

 

 

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