• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Vendola e i fiori d’arancio

Vendola e i fiori d’arancio

È un bel coup de théâtre, possiamo dircelo, il clamoroso ‘chissenefrega’ che Pino Corrias rivolge a Nichi Vendola sulle pagine de Il Fatto di giovedì.

Titolo: “Lo show da scandalo di Nichi Vendola”.

È un sacrosanto e condivisibilissimo ‘chissenefrega’ rivolto al “suo impellente desiderio di fiori d’arancio”, basato sulla constatazione che “nessuno in Europa - salvo le gerarchie cattoliche titolari proprio di quell’altare tanto agognato - avesse nulla da ridire sul suo matrimonio, se non le più sincere (e definitive) felicitazioni”.

Espressione indubbiamente brusca, originata dalla improvvida sortita del leader di SEL, in irritante (secondo Corrias) "cattiva narrativa leninista", che ha mandato letteralmente all’inferno “i ricchi” (genericamente intesi, senza nemmeno un accenno di limite-soglia oltre il quale far scattare le fiamme degli inferi, ma fino a quel punto invece no). Manifestazione di populismo in stile bolscevico - da cui lo “show da scandalo” di cui sopra - forse comprensibile nel momento in cui si tira la cinghia di brutto, ma elettoralmente indice di una clamorosa ammissione di debolezza; scivolando nei sondaggi ben sotto al 5 % (2 o 3 punti in meno di qualche mese fa) evidentememente ha sentito il bisogno di tirare su una barricata in fretta e furia e di piantarci sopra la bandiera rossa annodata ad una baionetta. Così, tanto per ridare fiato alle trombe della rivoluzione (elettorale).

La sortita di Corrias invece, dopo aver stigmatizzato l’urlo barricadero del capopopolo pugliese definendolo una “sua personale evoluzione politica del capriccio”, ha insistito sul tema ‘matrimonio gay’. Il che non è poco, essendo argomento tabù in casa nostra: tabù parlarne per via della famosa e inveterata omofobia del Vaticano (di cui peraltro si insinuano tendenze omosex piuttosto diffuse), ma anche tabù metterlo alla berlina, per via questa volta della sacralità del matrimonio che, inaspettatamente, il mondo LGBT sembra voler affermare urbi et orbi. 

Chi si sarebbe mai aspettato, solo qualche ventina d’anni fa, quando tutto il mondo ‘alternativo’ sembrava liberarsi finalmente delle pastoie del legame matrimoniale che proprio i più alternativi degli alternativi ambissero frementi, nell’intimo, all’abito bianco, ai fiori d’arancio, alle mamme lacrimanti e ai parenti tutti giubilanti?

Che i più alternativi degli alternativi non fossero poi così tanto alternativi?

Parliamoci chiaro (e qui anche il tono si deve fare serio): i diritti sono diritti che nessuno può decidere di alterare o negare sulla base di proprie convinzioni religiose. E questo vale per ogni tema 'sensibile' a cui fanno riferimento per un verso o per l’altro tutte le religioni.

Non è consentito che sulla base di una propria convinzione etica (che di etico non ha proprio niente) a un uomo e una donna si riconoscano diritti civili (cioè giuridicamente stabiliti dalla legge) che a due uomini o a due donne vengono negati. Si tratta in maniera manifesta di una violazione della Costituzione ed anche del cosiddetto vivere civile sancito da ogni democrazia che sia degna di questo nome. Solo una lettura clamorosamente fuorviante della carta può dare quell’interpretazione discriminatoria che giustifica il no al matrimonio omosessuale da tanta parte della classe politica (anche di sinistra, fatti salvi i soliti imbrogliucci da politicanti). Mica viviamo nel Medioevo, perbacco.

Che si riconosca a chiunque il diritto di sposarsi con chiunque uscendo da quella insopportabile arroganza per cui un matrimonio fra due persone deve essere per forza un sacramento i cui termini sarebbero stabiliti da un dio che nessuno ha mai visto né sentito.

Il matrimonio al contrario è un semplice contratto fra due parti, adulte e consenzienti, coinvolte in un rapporto in cui si svilupperanno poi cose, nell'intimo, di cui noi in realtà non sapremo mai niente (a meno di non mettersi a fare i guardoni).

E che la questione dei diritti si chiarisca qui una volta per tutte (che peraltro sembra proprio la strada su cui si è avviata l’Europa, e non solo, ormai da tempo). Confidiamo nel governo prossimo venturo, perché di questa storia e della reiterata violazione dei diritti civili (non solo il matrimonio gay, sia chiaro) non se ne può francamente più.

Poi agli omosessuali convolati a giuste nozze si facciano “le più sincere (e definitive) felicitazioni” e si pensi finalmente ad altro che non sia proprio “quell’altare tanto agognato” di cui sono titolari le gerarchie cattoliche.

Perché, in fondo, diciamocelo a chiare lettere, chissenefrega di chi sposa chi. Mi pare che il problema su cui vale la pena impegnarsi non sia il vincolo matrimoniale, ma la difficoltà di instaurare fra le persone rapporti non violenti, non autoritari, ma al contrario intelligenti, sensibili e possibilmente creativi. Che non è un problema da poco.

 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares