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Un comitato di salute pubblica

Sia che si leggano i giornali di qualsiasi tendenza, sia che si guardi le trasmissioni televisive di dibattito o approfondimento politico, mandate in onda da qualunque rete, sia che ci si guardi intorno con occhio disincantato e scevro di qualsivoglia pregiudizio, si percepisce che il Paese attraversa una crisi gravissima, politica, economico-finanziaria, sociale e morale.
 
La Pubblica Amministrazione, sia centrale che periferica, è afflitta da una crisi di liquidità endemica e pericolosa. Non vi sono fondi sufficienti né per fare investimenti, né forse a breve per le spese correnti. Da tempo e con frequenza quasi settimanale il Governatore Draghi avverte che il debito pubblico complessivo ha sfondato ancora il tetto e le entrate continuano a decrescere. Molti Comuni, Province e Regioni, da nord a sud, anzi più al sud che al nord, sono afflitte da gravissimi problemi di liquidità finanziaria. Non possono pagare fornitori e creditori, sono costretti a tagliare servizi pubblici anche essenziali, talvolta non riescono a pagare regolarmente gli stipendi di dipendenti e municipalizzate, né a far fronte alla manutenzione ordinaria delle infrastrutture, essenziali alla convivenza civile dei cittadini, e del territorio.
 
Su questa drammatica situazione aleggia il problema non più eludibile del condizionamento della malavita e della corruzione dilagante, favorita (lo san tutti) dai mille conflitti d’interessi, che affliggono politici ed amministratori.
 
Non è più possibile,infatti, tollerare che i politici non si limitino ad indirizzare l’azione di governo di un territorio, ma pretendano la gestione stessa delle attività e dei servizi.
 
Tutto essi nominano. Amministratori delle municipalizzate delle ASL, degli ospedali dei vari servizi sul territorio.
 
Non meno critico e preoccupante è il panorama del’economia produttiva privata.
Pochissime aziende di nicchia lavorano ed esportano, perché hanno mercato, tecnologia e orizzonti stranieri. Molte aziende medio-piccole arrancano per mancanza di credito, di commesse appetibili, di sbocchi internazionali, anzi sono sottoposte alla concorrenza delle aziende dei mercati emergenti. Le grandi aziende o sono vecchi carrozzoni indebitati e degni di liquidazione o sono multinazionali pronte a spillare l’aiuto dei governi e altrettanto svelte a delocalizzare. Ma tutte sono indebitate con banche, risparmiatori percettori di obbligazioni da loro emesse, o addirittura messe in crisi da titoli tossici, come è capitato soprattutto alle imprese bancarie e finanziarie, enti pubblici compresi.
Naturalmente una situazione cosi complessa della realtà economica nazionale, complicata da una altrettanto grave crisi economico-finanziaria globale, ha generato fallimenti, cassa integrazione, precariato ed una disoccupazione in costante crescita.
 
E la nostra classe dirigente che fa? Si trastulla con allegre disquisizioni sul posto fisso come valore, promette di abolire gradualmente l’IRAP (altra chimera), ricorre alla boutade consueta di abbassare le tasse (la solita presa in giro). Ed in vero non sa che pesci prendere, ha le idee confuse, anzi non ha proprio idee, e continua stancamente e tra mille polemiche a recitare logore formule sulla lotta all’evasione fiscale, alla corruzione ed alla criminalità. Figurarsi! Le puttane che fanno il codice di castità.
 
Non parliamo poi dell’incapacità solo di vedere il futuro dei giovani che sono o precari o senza speranza, attivi come sono i nostri soloni ad assicurare protezione agli occupati e garantiti, mentre i giovani professionisti dipendenti o autonomi non hanno alcun tipo di garanzia contributiva, assicurativa o assistenziale, né plausibile possibilità di conservare il lavoro. Un disastro!
 
Preoccupato mi chiedo: come si esce da una situazione simile?
Poiché i miracoli non li fa nessuno, tantomeno la nostra classe politica, e la crisi rischia di essere lunga, soprattutto per il nostro paese, credo che, come molte volte ha mostrato l’esperienza storica, sia questo uno di quei momenti di grave emergenza, che ha bisogno dello sforzo e della collaborazione di tutti, specie di quei galantuomini moderati di destra, di centro e di sinistra, che in una specie di “Grande coalizione” governativa siano in grado di stilare programmi utili al bene ed al futuro del Paese ed imporli a tutti, facendo scelte dure ed impopolari, per troppo tempo rimandate.
 
Un vero e proprio “comitato di salute pubblica”. 

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