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Torres in fabula

Mettiamo che le tre settimane di Europei di calcio siano state una favola composita e ricca di personaggi. Un racconto per tenere i bambini incollati allo schermo e in silenzio almeno per 90 minuti buoni.

La Bella addormentata nel bosco Spagna è riuscita a svegliarsi dal torpore decennale che l’attanagliava grazie a tre principi azzurri: il nevrotico Casillas, il compunto Senna e l’efebico Torres. La Spagna è riuscita a vincere grazie all’ottima forma dei difensori, che hanno pensato soprattutto a mantenere le posizioni d’attesa senza strane idee per la testa, alla consueta grazia dei centrocampisti, con l’aggiunta stavolta di una velocità di pensiero ragguardevole e alla capacità e competenza nei movimenti senza palla degli attaccanti, i quali, anche non essendo (secondo un adagio spagnolo ormai secolare) dei grandi goleador sono riusciti a trovarsi e a segnare goal anche pregevoli. Ma la variabile impazzita, artefice del successo, è stato Marcos Senna, il meno spagnolo di tutti. In un centrocampo come sempre portato alla deliziosa costruzione del gioco, ma anche alla schifiltosa disattenzione nel coprire gli spazi, Senna, che gioca con l’appassionata attenzione dei mediocampisti brasiliani, è stato l’ago di una bilancia altre volte troppo pendente.

Biancaneve-Germania ha potuto quello che ha voluto, con una forza autocosciente che fa rimanere sempre a bocca semichiusa. Seconde linee un po’ in tutti i titolari nei rispettivi club, ma calciatori indefessi e trascinanti in nazionale. Spesso è così con la Germania, che trova unità d’intenti e una sorta di spirito popolare a muoverne i meccanismi di squadra.

Cenerentola Turchia, da ultima invitata al gran ballo grazie allo scherzetto norvegese si è rivelata una principessa modesta ma affascinante, che ha saputo aspettare il turno e il momento di far vedere le sue beltà. Con una mezzanotte arrivata soltanto per colpa di quel nano di Lahm.

Alice Russia ha trascinato frotte di appassionati nei flutti delle sue meraviglie contro Svezia e Olanda. Hiddink, da vero antropologo più che da grande tecnico, ha compreso come sfruttare al meglio il calciatore russo: inquadrarlo in un sistema meccanizzato di movimenti con e senza palla, per uno sviluppo a cadenze forsennate del gioco. Finché l’obbedienza di sistema li ha sorretti hanno giocato un calcio che magari vedremo nel 2030, quando hanno pensato che quel meccanismo così perfettamente messo in atto poteva ormai farli considerare dei campioni autonomi dal sistema, hanno iniziato a girare per il campo senza meta, buscandone solo 3 dalla Spagna sonnecchiante.

Pinocchio Italia ha cercato in tutti i modi di mentire sulla sua carta d’identità e sulla forma atletica di metà dei suoi calciatori. Alla fine il burattino è rimasto di legno, per colpa di un gioco sempre arruffato e nelle prime due partite assolutamente lontano dalle nostre prerogative controgiochistiche. Solo con la Francia e con la Spagna siamo ritornati, anche grazie all’innesto di calciatori più in palla, al nostro modello di gioco speculare, ragionato e perspicace. Abbiamo serrato la parte centrale dell’area, lasciando sbocchi sulle fasce che non portavano a niente oppure tiri che sapevamo preda di Buffon. In attacco ha regnato la confusione a la stanchezza di Toni. E comunque siamo arrivati ai rigori solo perché Senna non permetteva contropiedi di pochi passaggi e i relativi inserimenti di Perrotta e Aquilani.

Pollicino Portogallo ha seminato per la strada della qualificazione molliche d’oro senza rendersi conto che l’Orco tedesco le stava già pregustando dopo la sconfitta contro la Croazia. Lo stampo di gioco è identico a quello spagnolo con la differenza che mancava Senna (orami è una laude, ma lo merita) e il portiere. Ronaldo, frenetico movitore di arti inferiori e superiori, è un campione da supportare. Nuno Gomes è la palla al piede d’attacco che da sempre marchia questa squadra.

Croazia con Hansel Bilic e Gretel Modric ha giocato un calcio meraviglioso, nella sua completa e folle identità balcanica. Un calcio a ritmi variabili, che si impernia sul sistema corale e insieme sugli assoli imprevedibili, sull’estetica dolce dei centrocampisti e sulla pragmatica rude dei difensori. Per me è stata la squadra più bella da vedere. Uscita solo perché si è dimenticata di vincere contro la Turchia.

La Sirenetta Olanda, spendacciona di ogni ben di Dio nel girone di qualificazione, con un gioco che ha preso a piene mani dai sistemi più disparati (secondo l’etica da commercianti nati degli olandesi che sanno prendere il meglio dal mondo e tramutarlo in ricchezze per loro stessi), modulando il tutto in un gioco ritmato e a tratti ordinato. Cadenze gentili iberiche, sapiente creazione francese, schematismi funzionali russi e controgioco ragionato italiano, nella prima fase hanno creato un mix irresistibile. Poi è arrivata una Russia impossibile e la festa è finita

E poi tutte le altre: Moby Dick Svezia, con Achab Ibrahimovic che ha tenuto a galla la barca di una squadra sempre smoscia e borghese, mai proletaria, mai nevrastenica, mai appassionata, mai colpevole e mai innocente. La Francia con il Barone di Munchhausen Domenech, che con le sue storie ai giornalisti cercava di dare spirito di corpo ad una squadra senza gambe e cervello, spenta perché ritornata troppo aristocratica per macchiarsi di sudore, La Piccola Fiammiferaia Romania che ha sacrificato ogni voglia d’attacco per la chiusura stagna contro Italia e Francia, per poi venire facilmente dominata dalle riserve olandesi nel momento in cui pensava di essere regina, La Formica Repubblica Ceca che ha messo da parte ogni stilla di energia per passare il turno, senza sforzare un motore invecchiato, ma che ha fatto i conti con i minuti pazzi di Cech, la Cicala Svizzera, capace di attaccare 170 minuti nelle prime due partite e prendere tre goal in tre tiri in porta, Un invitato alla festa dove la carrozza ha sbarcato Cenerentola Polonia, ovvero un personaggio assolutamente indifferente per l’intera storia e le Sorelle Materassi Grecia e Austria, che hanno giocato un calcio di una pochezza compassionevole.

Alla fine la favola è finita, c’è chi vuole leggerne un’altra, chi non riesce a prendere sonno, chi invece dorme per non pensarci e chi sogna magari un’altra favola tra due anni.

Noi spettatori e appassionati di calcio abbiamo visto le partite e abbiamo vissuto 3 settimane felici e contenti.

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