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Breve storia del colpo di testa

Il colpo di testa è un mezzo perfetto per fare molto spettacolo con poco. Le partite dove abbondano i colpi di testa difettano della geometrica volontà che quasi tutti gli allenatori di oggi richiedono, ma acquistano del piacere pieno che il pubblico ancora apprezza. Un gol di testa ha qualcosa in più rispetto ad un altro realizzato di piede. Come se la testa dovesse servire ad altro più che al calcio. Oppure perchè il gol di testa contiene l’elemento del volo, da sempre miraggio e traguardo dei sognatori.

Se De Vecchi le prendeva al volo di coccia con esplosione adulatrice del tifoso di parte e l’ammirazione dell’avversario, il primo a credere nel potere trascinante della testa è stato Kocsis, testa d’oro su tutte (il nostro Galli al massimo era “testina”), il quale dal basso del suo 1,77 (ci arriva anche lo scrivente se si stiracchia ed è tra i piccolini della sqaudra di paese) ha creato un brand, a cui è legato una headline “La testa migliore d’Europa dopo quella di Churchill”, e fa ancora testo.



Con gli anni ’60 arriva sulle scene internazionali il colpo di testa britannico, che Sacchi definirebbe intenso per sintetizzare la forza e la decisione con cui viene portato. Il maestro che scende dalle Isole per mostrarlo a tutti è John Charles, il quale in Italia fa quasi la parte del freak tanto è superiore agli altri in questo fondamentale.

Qualche anno dopo il colpo di testa si sparge per l’Europa, toccando due lembi estremi. Da una parte Amburgo con il colpo impossibile di Uwe Seeler (l’impossibile è nell’enigma: come può un uomo col corpo da impiegato sovrappeso salire in cielo e portare un colpo così preciso e secco?) e dall’altra Lisbona, con il colpo di testa ad aprire squarci di Josè Torres (squarci poi completamente divelti dalla rapidità di inserimento di Eusebio).



Negli anni ’70 il colpo di testa perde un po’ di colpi per colpa della palla a terra totale e a tenerlo sveglio ci pensa solo Joe Jordan con il suo coraggio senza denti. 

A farlo rinascere, tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ’80 due esponenti del campionato che non ti aspetti, l’italiano, da sempre razziato da razzenti ali e melodiosi numeri 10. A spolverarlo Bettega da una parte, elegante e statuario come nessuno nel suo colpo dolce ma infido e Pruzzo dall’altra, irruente e contadino, come il suo baffo da Sagra della milza.



L’unico fuori dall’Italia che negli anni ’70 ricorda i centravantoni solo superficie craniale è Hrubesch, esperto del colpo di testa in mucchio selvaggio con al collo i difensori avversari.


Se gli ’80 pieni ci fanno scoprire i balzi controtempo di Hateley e la schiacciata maligna di Santillana



il tramonto del decennio fa intravedere due mostri dell’argomento:Kalle Riedle, con il suo colpo di testa circense contrario alle leggi della gravità, Oliver Bierhoff e il suo colpo di testa per grazia divina, senza alzarsi da terra, grazie soltanto alla capacità di posizionarsi in area di rigore. 


Gli anni ’90 aprono alla globalizzazione totale: si va dal colpo-assist di Kenneth Andersson, capace anche della variante sopra le mani del portiere, 


al colpo vento di passioni di Batistuta, a prima vista sproporzionato e fortunato ma a ben vedere deciso e compatto,


al colpo di testa mezzo addormentato di Lubo Penev, abile nel sorprendere i portieri dal lato opposto rispetto a dove stavano per caricare la parata, 


al colpo di testa dell’Africa nera di Mboma, che chiede tutto alla naturale meraviglia di un corpo selvaggio.


Questo fino a ieri. Oggi? Purtroppo il colpo di testa sta lentamente scomparendo dal radar del colpo ad effetto, per diventare colpo di difetto. Messi e gli altri non concepiscono palle oltre i 20 centimetri di altezza e tutto si sta adeguando al gioco pulciano. Il miglior colpitore di testa al mondo ce l’abbiamo noi, Giampaolo Pazzini,ma siede in panchina anche nella sua squadra di club. Anche il colpo di testa terminerà la sua esistenza il 21 corrente mese?

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