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To Rome with love. Più che Woody, Wudy Allen

Fase 1: selezione delle parti meno pregiate, a volte addirittura scarti, di vari tagli di carne. Fase 2: macinazione dei prodotti e triturazione finalizzata alla produzione di una massa compatta. Fase 3: insaccamento in una pellicola detta budello. Et voilà, il würstel è servito. A parte i gusti personali, a questo punto basta solo riscaldarlo ed il gioco è fatto. Il risultato per molti è anche davvero gustoso. 

Nonostante le origini americane, Woody Allen deve essere talmente amante di questa pietanza tedesca che ha deciso di utilizzarla come musa ispiratrice della sua ultima fatica "To Rome with love". Anche se la fatica vera la fa lo spettatore nel restare seduto nonostante una noia mortale ed una sconfinata serie di banalità che non hanno nemmeno il pregio di essere più economiche dei sonniferi da farmacia. O almeno lo spettatore appassionato del regista e del suo stile. Già, perché del Woody Allen che ho visto io non c'è molto nel film, se non egli stesso nei panni di un talent scout discografico paranoico e confusionario. 

Protagonisti del film sono una coppia di giovani sposi, pii ma non troppo, desiderosi di sistemarsi nella capitale, una famiglia media italiana investita all'improvviso dalla popolarità, due fidanzati nel triangolo lui-lei-l'altra, due promessi sposi alle prese con le rispettive bizzarre famiglie, un grillo parlante in giacca e cravatta interpretato da Alec Baldwin. Cosa lega queste storie tra loro? Niente. L'amore? No. Il denaro? Nemmeno. Vabbé almeno il sesso? Neppure. Nulla di tutto questo. Sono tutti mondi a sé, slegati, ma questo è il meno. Nelle intenzioni credo ci fosse il desiderio di leggere alcune dinamiche sociali molto diffuse: l'opportunità lavorativa da sfruttare, l'incontro con i futuri suoceri e la relazione con questi, la fiamma dell'infatuazione che arde e poi svanisce, la deriva dei media. La chiave con la quale vengono descritte queste situazioni è abbastanza propria di Allen, che riesce a cogliere gli aspetti più stravaganti e li rende come naturali, li colloca nel reale. Il suo contributo si ferma qui però, nell'idea. Ciò che invece viene proiettato sullo schermo è una cosa un po' diversa. Vediamola.

Selezione del meglio (o del peggio) di alcune commedie italiane, da Verdone a Vanzina, visibile tra l'altro nel procedimento per episodi e nella banalità di alcuni di questi. Fase1 completata. Mescolamento e macinazione della selezione di cui sopra insieme ad antiossidanti (Albanese,Allen, Baldwin, Benigni, Cruz, ) e conservanti (Scamarcio, Mastronardi, Muti, Pill) in maniera tale da ottenere un composto di "di tutto un po' ". Fase 2 completata. "Vestire" il tutto con una bella città, una locandina suggestiva ed una serie di nomi che attraggono e non poco. Fase 3 completata. Et voilà. Il risultato però non è stato né buono né gustoso anzi, vedere un Benigni sprecato e sacrificato insieme a brevi apparizioni di alcuni grandi attori italiani ha dato l'idea di un film stanco e poco ispirato.

Sono convinto che è un film che soprattutto gli appassionati di Woody Allen devono vedere, almeno per capire quanto è distante dagli altri.

Di sicuro Allen si è assicurato però tanto altro pubblico al prossimo film... tutti sperano in una pronta riscossa!

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