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Suicide Burn: La speranza in un atterraggio

Sono passate ormai settimane dalla riuscita del lancio di SN15, prima versione evoluta della Starship dai tempi di SN8 e primo prototipo il cui test non è finito con i soliti fuochi d’artificio sulla rampa di Boca Chica.

Non temete però, non manca molto a nuovi lanci e a una nuova onda di emozioni come quelle provate lo scorso 6 Maggio. Ma di questo vi parleremo alla fine dell’articolo. Prima vogliamo rispondere ad alcune delle domande che molti potrebbero porsi in merito alle strane manovre compiute dal razzo rivoluzionario di SpaceX durante l’atterraggio.

Non sarebbe più facile scendere verticalmente, così come si è saliti? Tenere la Starship in orizzontale fino a poco prima di atterrare non è rischioso?

Non sono domande totalmente inopportune, ma per poter dare una spiegazione dobbiamo fare un piccolo recap sul razzo di Elon Musk e a cosa serve.

La starship, con i suoi due stadi completamente riutilizzabili, è uno dei progetti più ambiziosi in ambito aerospaziale degli ultimi anni. Il suo scopo principale è quello di trasportare un equipaggio o un cargo all’interno del sistema solare. Oltre a questo, ha vari compiti differenti, e altrettante versioni per adeguarsi in modo efficiente ad essi: crew, tanker, cargo, lunar e deep space.

L’obiettivo attuale della SpaceX è quello di portare l’uomo su Marte, il pianeta rosso, e qui entrano in gioco i discorsi su come avverrà l’atterraggio. Innanzitutto, bisogna notare che non è possibile per la Starship scendere in orbita verticalmente, in quanto l’attrito applicato dall’atmosfera porterebbe il razzo a temperature troppo estreme, e la velocità raggiunta in discesa richiederebbe grandissime quantità di carburante per rallentare. La Starship è fatta di una lega di acciaio inossidabile ideata da SpaceX, ed è equipaggiata di uno scudo termico, ma questi non basterebbero in una manovra di quel genere, e per quanto riguarda il carburante si dovrebbero aumentare le dimensioni del razzo, ma un tale cambiamento richiederebbe molto più carburante per farlo uscire dall’orbita durante il lancio. Sarebbe quindi controproducente.

Ed ecco che gli ingegneri hanno tirato fuori una idea tanto interessante quanto folle. Per la prima parte del rientro, la Starship fa “surf” sull’ atmosfera, cioè si mette in una posizione più o meno diagonale e sfrutta l’attrito per rallentare, una sorta di spanciata insomma. Questa fase dura abbastanza da far abbassare la temperatura del razzo. Nel frattempo, l’inclinazione aumenta fino a farla mettere in posizione totalmente orizzontale. Per fare queste manovre, vengono usate quattro alette e dei motori RCS.

Le alette, alimentate da batterie Tesla e perfettamente visibili sul razzo, non hanno compito di portanza come quelle di un aereo, ma sono più simili alle braccia e alle gambe di un paracadutista, usate per gestire la resistenza aerodinamica. I motori RCS (Reaction Control System), sono dei motori di piccole dimensioni usati per gestire l’assetto, e quindi la discesa. Sono posti lungo il corpo del razzo e per ora sfruttano la propulsione dell’azoto gassoso, ma in futuro useranno una miscela di metano e ossigeno, che sarà più potente e performante.

Arrivata a poco più di 1000km, la Starship inizia a roteare in senso opposto, fino a superare di poco l’angolo in cui sarebbe totalmente dritta. Qui si accendono i tre motori Raptor ad uso atmosferico per contrastare la caduta del razzo. La Starship è infatti equipaggiata con 6 motori Raptor, tre ad uso atmosferico con l’ugello più piccolo e tre per le operazioni da vuoto, e quindi con l’ugello più grande. Non siamo ancora certi di quanti motori si accenderanno nella versione finale, per ora i test sono stati svolti sia con l‘accensione di due che di tre motori. Avvicinandosi al suolo i motori si spengono sequenzialmente fino a lasciarne acceso solo uno, e la velocità di discesa continua a diminuire. Il fatto per cui questa manovra possa essere considerata folle, è che la velocità del razzo si azzera solamente nel momento esatto in cui tocca il suolo. Non è possibile che arrivi a zero prima e poi inizi a planare per una questione di carburante richiesto, e non è possibile che raggiunga lo zero dopo il punto di atterraggio perché…be’, non c’è bisogno che ve lo diciamo.

Questa manovra viene chiamata “suicide burn”, nome molto rassicurante. Deriva ovviamente dalla difficolta e dalla precisione richieste per portarla a termine, ed è anche per questo che la versione finale del razzo di Musk, prima di ricevere il via libera per il trasporto umano, dovrà affrontare un numero molto alto di lanci e atterraggi con successo.

Ovviamente questo atterraggio così complicato sarà necessario solo sui corpi celesti che hanno una atmosfera, non lo sarà quindi per andare ad esempio sulla Luna. Il modello lunar, infatti, non è dotato delle alette, in quanto non servirebbero a nulla.

Per quanto riguarda ciò che ci aspetta i prossimi mesi, a differenza di quello che credevamo, si è deciso di saltare SN16 e SN17, le quali avrebbero dovuto dimostrare se il successo del fratello minore è stato solo un caso, o se siamo arrivati davvero a un punto di svolta dei prototipi Starship. L’azienda aerospaziale di Hawthorne (California) ha molto probabilmente deciso di passare subito al lancio orbitale. Infatti, alle porte, abbiamo il futuro SN20, primo ad avere anche il primo stadio, ovvero il prototipo BN03 del Super Heavy, e dovrebbe compiere il primo lancio orbitale (Attualmente in costruzione ci sono BN02 e BN03). La data che ci è stata promessa è luglio di questo anno, ma sappiano che a SpaceX piace darsi degli ultimatum impossibili, così da spingersi sempre a dare il massimo.

Al momento i piani sono questi, ma bisogna sottolineare che i programmi di SpaceX cambiano molto, molto spesso. Quello che sembra essere piuttosto chiaro è che le attività di test saranno piuttosto rallentate rispetto a quanto siamo stati abituati nelle ultime settimane, vista la priorità che avranno i lavori per la costruzione delle varie infrastrutture, dalla torre di lancio, al pad stesso, alla tank farm.

Noi e tutti gli altri appassionati, nel frattempo, continueremo a seguire con interesse le live trasmesse da Boca Chica e i vari tweet sulle pagine di Elon Musk e di Space per rimanere aggiornati.

Mai prima d’ora ci è stata data la possibilità di vedere così da vicino e seguire passo per passo un progetto così ambizioso e rivoluzionario come la Starship, e pensiamo che questo non solo abbia riportato gli occhi del mondo verso il cielo, ma ha anche fatto appassionare migliaia di giovani, e forse un giorno saranno proprio questi giovani a proporre le future rivoluzioni nell’ambito aerospaziale…presentandole magari anche loro con l’accompagnamento di un gruppo di mariachi messicani, e li seguiremo con altrettanto interesse.

 

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