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Striscia la Notizia: il corpo delle cagne

Ricci e Striscia la Notizia devono smetterla di trattare gli animali come se fossero delle donne. E' ora di dire basta.

Ricci è un furbo del cazzo: se lo critichi replica per interposta maschera, per lo più macchiette e volgari (banali) parossismi. Poi ti percula: “Stai parlando con un pupazzo. Sveglia”. Se gli contesti una visione fallocentrica dello spettacolo, agita le due disgraziate facendole muovere in modo ancor più deforme, istigando frustrazione e rabbia: “Non puoi ribattere se queste ti replicano ammiccando allo stereotipo che critichi, caro. E se fingo di dar loro da fare interpretando per il digitale terrestre le barzellette di Totti e rompi il cazzo sei un maschilista attapirato, sei Repubblica, sei Wanna Marchi, sei il male assoluto”. E ciò è quanto si vede dalle 20,35 in poi, ogni sera da qualche anno.

Lo scorso anno ho scritto una storia di copertina per Newsweek intitolata “Berlusconi’s girl problem” (“Il problema di Berlusconi con le ragazze”, NdT) che si apriva con una scena di Striscia la Notizia, un programma di satira su un canale di proprietà di Berlusconi. Nella scena che ho descritto, una donna in costume da bagno accarezzava una treccia d’aglio (che pendeva dalla cinta di uno dei due conduttori del programma, NdT) mentre gli uomini la occhieggiavano. Era uno dei miei tanti esempi della spudorata volgarità che domina la televisione italiana, dove le donne sono trattate come muti e seminudi addobbi ornati di paillettes. [...]

Dopo la pubblicazione della storia di Newsweek riguardo a quanto possa essere sessista la televisione italiana, loro hanno mirato a noi. Puntata dopo puntata, i conduttori di Striscia lanciano frecciate a Newsweek e a me personalmente; gioco onesto – gli ho lanciato io una frecciata per prima.*

Poi c’è un metodo più marziale e coatto di far rappresaglia. Che sarebbe, per dire, l’intimidazione. A me – ve lo dico – i pagliacci horror han sempre messo angoscia. E Ricci è un esemplare unico.

Un pomeriggio, proprio alcune settimane prima di parlare dell’Italia alla conferenza a New York “Women in the World” promossa da Newsweek e da The Daily Beast, un ufficiale di polizia si è presentato al mio appartamento mentre stavo cenando. I miei figli, di età 11 e 9 anni, si sono incuriositi quando l’ufficiale mi ha detto di seguirlo in commissariato. Ma come potevo spiegare a loro la situazione senza poter spiegare il contenuto da bollino giallo di Striscia?

È venuto fuori che ero accusata di diffamazione dal produttore e ideatore di Striscia e che potevo andare incontro a tre anni di carcere.

Tre anni di carcere? Per aver fatto notare lo spudorato sessismo in tv e il “problema di Berlusconi con le ragazze”?

“È una minaccia”, mi ha detto un ufficiale. “È una forma di intimidazione”.*

E’ parte di ciò che Barbie Latza Nadeau ha raccontato l’altro giorno sul Daily Beast: un articolo che intendo riproporvi qui, in traduzione integrale per L’89, perché agghiaccia (?) e mostra in faccia il pupazzo dal ferro in mano. Ciò che in linea di massima, all’estero, chiamano intimidazione.

Sembrava un’intimidazione. E in un’altra democrazia occidentale sarebbe un oltraggio. In Italia è semplicemente il modo in cui funzionano le cose.*

E’ correre ai ripari contro il declino, mentre il circo muove l’odalisca e il minchione di peluche vieta – a bastoni sul collo ogni sera – la legittima, e pure sensata, critica verso il costume ricciano (?) del falso antimoralismo, della sinsitra pseudogramsciana dello “sporcarsi le mani”, dell’egemonia che l’idiota avrebbe imposto – sebbene a lustrini -,e del vilipendio ideologico e fisico della figura femminile, la mostruosità del frutto del berlusconismo maturo – fisicamente nocivo, e incarnato nella deformità di queste foto. Mai, per quelli, la cosa sarebbe da stendere e argomentare. Pena tapiri improbabili, branditi a granate. O – appunto – forze di polizia e minacce di galera. Roba seria.

Adesso: sarebbe divertente trattare col bandito – Ricci – adoperando le sue stesse armi, o quanto meno quelle da lui conosciute. Uno ti dice: ogni sera, a un certo punto della puntata di Striscia, fa il proprio ingresso una cagna. Lì, sta, si dimena, fa il ludibrio – cartonato – dei due presentatori, e l’attenzione del pubblico a casa, del quale si cerca di attirare l’ascolto. Bon: questa cagna – entrando – merita l’applauso, finto o vero che sia, per poi subire sfruttamento plateale: diventa ornamento di scena in tv, passatempo gradevole a tavola, a casa, a cena.

Spieghiamo pure che per “cagna” s’è intesa la bestia che entra in studio ogni sera, proprio intendendo l’animale, e non utilizzando il sostantivo come appellativo denigratorio per la scosciata di turno. Quella, sempre l’animale, vorrebbe essere l’emblema della bontà degli autori e del programma nei confronti dei simili: c’è l’inviato che salva le bestie, al quale sta a cuore la condizione dei canili, e ne denuncia le angherie, per esempio.

Le altre “cagne”, le donne, le ballerine, sembrano quasi non giovare dello stesso trattamento – a loro l’ovazione all’ingresso non è solitamente garantita -, sebbene scritturate – noleggiate – per la trasmissione con le stesse intenzioni falsamente volontaristiche: si vorrebbe far credere, per dire, alla prodiga rescue salva-cucciolata così come per le nidiate di veline e morte di fama estive tolte all’anonimato. “Siamo buoni, adottiamo, leviamo alla strada”. Lacrime.

Epperò, le cose sono due: o la cagna mi vale più della donna, assolvendo tuttavia la stessa funzione attrattiva in termini di pubblico, o la cagna me la si sfrutta più della velina, vilipesa e restituita allo schermo come giocattolo sguinzagliabile al caso che si vuole, come servisse quando serve, e poi mai più.

Ecco: facciamo che dei cani non me ne frega niente - alt, in famiglia ne ho uno – ma che facciamo finta che che mi girino i coglioni nel vedere come vengono trattati gli animali in studio, esposti a centinaia di presenti e luci insopportabili, presi per il culo e trattati come fossero veline: a loro, almeno, dareste l’opportunità di sentirsi usati? A noi dareste l’occasione di denunciare questo martirio ideologico senza mettere di mezzo la questura? Almeno per i sacri cuccioli di questo cazzo?

Del culo non fate a meno, senza aver mai preteso troppo di portargli rispetto. Ma sulla cagna non transigerei: non si potrebbe fare a meno di trattare gli animali come donne?

La storia della Nadeau è da spiegare. Senza risate finte né idiozie. Una mossa, e poi a fanculo.

Fonte: The Daily Beast
Traduzione di Giada Tripepi per L’89

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.172) 1 gennaio 2013 18:17

    La penso anch’io esattamente così da anni, ma siamo in pochissimi a rendercene conto. 

    Satira sulle reti del sovrano di mezza Italia non è possibile che ce ne sia, sarebbe una contraddizione in termini. Queste trasmissioni servono a tenere nascosto questo, e a illudere gli inconsapevoli (di bocca buona).

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