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Hai presente il topic sui blog? C’ho la proposta

Parlare di blog e blogging è sempre di gran moda. E noi non è che siamo out: c'abbiamo la proposta. Per risolverla una volta per tutte e tante grazie.

Solitamente quando ci si mette a scrivere di blogger, e si è blogger, è costume partire con la considerazione che i “blogger sono autoreferenziali”, che si parlano contro, che all’estero altro che cazzi e che comunque se metti in una stanza quattro barbieri prima o poi si mettono a parlare di tagliato ai capelli (cit). Che è, tutto sommato per loro, anche divertente. Ora: la faccenda s’è riaperta qualche giorno fa qui, e poi evoluta con la questione del “blogging a un euro a post” letta qui, e ripresa da più parti. I cazzii da enumerare non sono pochi – chiedendo perdono in anticipo per il tono patetico e poco ragionato che andrete a leggere.

Mettiamoci che produrre un post, se non si è avvezzi e/o non si è fuoriclasse, costa un paio d’ore. Anche. E mettiamoci pure che quel post – e qui la questione del fuoriclasse si fa più contingente – diventa inutile quanto a visite ottenute (spesso discriminante remunerativa) e/o contenuti proposti. Da un lato, quindi, abbiamo bassa manovalanza che pretende di fare ciò che non può. Dall’altro una sorta di padronato che chiede un impegno – se non si possiedono i ferri – piuttosto gravoso e redditizio neanche per il cazzo.

Questione lavoro. Chi pretende di trovare sbocchi lavorativi nel giornalismo e/o nei media partendo dal blogging rischia di sentirsi poco poco umiliato, leggendo, riducendo la propria arguzia, la propria professionalità – ma anche la propria banalità, comunque il proprio lavoro, a un ritorno economico di pochi centesimi e l’orgoglio con gli amici. Pretendere di entare in qualche redazione – con o senza pratica via blog – è un esercizio acrobatico in assenza di gravità. E porta, al più, all’esasperazione, al communication intern alla Pfizer London o alla casse di un Delhaize di Liegi – che sono, per la cronaca, le mie ultime due application letter.

Ecco. Estero, ancora: si aggiunga il fattore Italia. Laddove il blogging, anche quello lontano dall’attualità giornalistica, finisce col fare a calci in culo con l’ultima metafora sul berlusconismo, al meglio l’ultima citazione in merito alle dichiarazioni di un qualsiasi ieri di un qualunque Berlusconi contro i magistrati di un tribunale che indaga su qualcosa che riguardi qualsiasi suo interesse. La ripetizione sempre uguale a se stessa dell’ipocrisia e delle bugie dei media e della politica di oggi, le denuncine usa e getta e merce del tipo.



Non ci si dimentichi, sempre, l’inutilità del consocere il punto di vista sull’hot tip della settimana di blogger di diversa estrazione – eccettuando i dovuti nomi -, così da rischiare di non farsi né curriculum né sapienza né vanto né cazzo del punto di vista reazionario di un Fonzie-Livefast quotidiano col dominio a Worcester. O lo scalpore di plastica di quelli che giocano a fare i Sullivan della ceppa.

Facendola breve: cacca. Cacca sempre. E pure – quando pagata, come visto – mal pagata. Poi arriva Sofri e ti stampa un sorriso in faccia, che dice che è il mercato però lui – bontà sua – i suoi in redazione li paga bene. Fino a quando non te la offre gratuita, la collaborazione. Io lo capisco: capisco che non ci si possa lamentare, e che all’età di questi, direi “cazzo vuoi, mangiati la merda che c’ho Angry Birds Rio da scaricare ai piccoli”. Lo direi anch’io, non voglio polemizzare. E’ solo che quando mi si offre – in cambio del mio lavoro – il trattamento di bellezza aggratis per un mese e stop – capita, giuro – o al più 50 euro al bimestre o la possibilità forse forse di vantare ritenute fiscali davanti a un ordine e diventare pubblicista, penso a Sofri e il sorriso svanisce, di nuovo. Sofri fattore On/Off.

Non vuoi raccontare più niente, Scilipoti non ti fa vibrare più l’anima, i tuoi powerpoint sulla netizenship e il 110 e lode in comunicazione non li fai buoni neppure per l’about sul blog. E ti viene il dubbio che in fondo ‘sta blogosfera non serva proprio a un cazzo. Almeno qui.

Adesso: l’ho fatta lunga e lacrimevole, ma la proposta c’è. Se la leggiamo dalla parte del blogging, della filosofia editoriale e dell‘outlook che un post può garantire più, diversamente e meglio concretamente di un fogliettone di Veneziani, la blogosfera farebbe bene a estinguersi. Dal punto di vista commerciale, e quanto alla storia dell’euro a post, tanto meglio l’ecatombe: chiudiamo tutto. Via tutti i blog, in pratica. Tutti i blog italiani. A cominciare da questo. Che poi, come proposta, sarebbe un tantino più originale e provocatoio di 300 archivi di 300 blog, e economicamente più remunerativo per chi – poi – dopotutto accetta di farsi pagare una banana ad articolo. Ai sopravvissuti il monopolio, e il mercato che vola vola vola. Dico seriamente, è una proposta sensata. Che Sofri non è nessuno, ma io faccio ancora in tempo a non esserlo.

Ora chiedo scusa, devo andare ad annotare i paragoni passabili fra Charles Foster Kane e Silvio Berlusconi.

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