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Stato-nazione addio. I curdi hanno la soluzione

Opera dell'artista curdo-iracheno Havi Kahraman

(di Lorenzo Trombetta per SiriaLibano)

L’esperimento degli Stati-nazione nel Medio Oriente arabo è fallito. Dopo appena un secolo, si assiste a una graduale, in certi casi improvvisa, destrutturazione delle entità statali unificate create tra le due Guerre mondiali.

La spartizione territoriale è fortemente caratterizzata dall’appartenenza comunitaria, sia essa confessionale o etnica.

Il Libano dei cantoni è diviso di fatto dal 1975. L’Iraq non è solo amputato delle zone autonome a maggioranza curda, ma subisce la pressione autonomista del sud a maggioranza sciita.

Lo Yemen sembra avviarsi verso una rinnovata divisione, con il governo filo-occidentale e saudita spostatosi ad Aden e quello filo-iraniano e filo-russo a Sanaa.

La Repubblica islamica controlla quattro capitali arabe (Damasco, Beirut, Sanaa e Baghdad) col consenso implicito dell’amministrazione americana e degli stessi sauditi.

I regimi del Cairo e di Riyad spendono tutte le loro energie perché la frammentazione non si avvicini troppo ai loro confini. La Libia e la Giordania sono, rispettivamente, le trincee di questa resistenza reazionaria.

Questa è benedetta a gran voce non solo dalla Russia di Vladimir Putin ma anche dai governanti europei. Di fatto fedeli al principio per cui le dittature – siano esse dei militari, dei turbanti o dei custodi dei due luoghi santi – sono l’unico antidoto al “terrorismo” e, dunque, gli unici garanti della “stabilità” mediterranea.

Nella Siria delle milizie, dilaniata da una guerra che potrà durare per lunghi anni, i curdi sembrano quelli più attrezzati per ritagliarsi la loro area di autonomia, relativamente al riparo dalle minacce del cosiddetto Stato islamico, dalla repressione di Damasco e di quella di Ankara.

Anche perché la Turchia è ormai scesa a patti con le milizie curde siriane e con i peshmerga iracheni. E non sembra spaventata troppo dal “Kurdistan occidentale”, così come viene chiamata l’area a maggioranza della Siria nord-orientale.

Saleh MuslimSaleh al Muslim (foto), siriano, originario di Kobane/Ayn Arab e leader del Partito dell’Unione democratica curda, ha esplicitamente detto che “gli Stati-nazione non sono adatti per il Medio Oriente”.

In un’intervista apparsa il 5 marzo scorso sul quotidiano libanese in arabo as Safir e qui di seguito tradotta e sintetizzata da Claudia Avolio per SiriaLibano, il responsabile curdo-siriano ribadisce anche l’intenzione dei curdi di offrire protezione alle comunità cristiane della regione da loro amministrata.

Muslim ripete quanto già affermato da altri leader curdo-siriani: non vogliamo la secessione ma ampia autonomia in un contesto di convivenza e democrazia. Infine un appello all’Unione Europea.

Saleh Muslim è stato entusiasta di prendere parte alla conferenza stampa ospitata da affiliati alle forze curde nella loro lotta contro lo Stato islamico (Isis).

Si tratta dei siriaci siriani nella regione del fiume Khabur che chiedono agli europei di sostenere la Giunta Militare Siriaca, la cui volontà è quella di difendere i propri villaggi ancora esposti ai raid dell’Isis e loro alleati.

I siriaci sono una delle componenti dell’autogestione che l’Unione Democratica si sforza di creare e che comprende tra gli altri anche rappresentanti arabi, assiri, caldei.

Il sessantenne leader curdo difende con forza la necessità di mantenere ben saldo il modello dell’autogestione, delle molte comunità etniche e confessionali, stando dalla parte dell’unità della gente, tra siriaci, curdi ed arabi.

“(…) La guerra e le sollevazioni potrebbero continuare per dieci anni. Non possiamo lasciare la gente così. Costituiamo un modello per la regione, di convivenza e democrazia. Parliamo di auto-amministrazione, non di una secessione dalla Siria”.

Riguardo agli stati nazionali, Muslim afferma che “noi non ci crediamo, e non sono adatti per il Medio Oriente. C’è bisogno di cambiare, anche i curdi si pongono molte domande al riguardo. La Germania unificata, all’interno dell’Unione Europea, potrebbe essere un modello per il popolo curdo: i curdi possono vivere in quattro Paesi ed al contempo vivere insieme”.

“La stessa cosa vale per i siriaci, perché no? Noi ci accettiamo gli uni con gli altri”. Proseguendo: “Noi siamo una nazione sola, ma non per forza abbiamo la stessa mentalità. Alcuni hanno la mentalità dello Stato-nazione, ma questo ormai non vale più neppure in Europa. Noi vogliamo l’autogestione”.

Ciò che chiedono i rappresentanti siriaci e curdi è un sostegno diretto per l’autogestione: “Noi non attingiamo la nostra legittimità dal regime di Damasco né da quello turco (…).

L’Unione Europea deve cooperare in modo diretto con l’amministrazione, non c’entra la questione della legittimità. Tutto il resto sono scuse, perché la cooperazione è una cosa ed il riconoscimento un’altra”. (Safir, 5 marzo 2015).

 
 
Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.155) 7 marzo 2015 17:54

    L’italia ha dato ocalan ad uno stato colpevole di gravi crimini contro l’umanità come la turchia perchè gli usa glielo hanno ordinato.

    Gli stessi usa che hanno bombardato scuole e case di civili durante la seconda.
    Gli stessi usa che hanno dato l’esplosivo C4 usato nella banca dell’agricoltura, alla stazione di bologna e sul treno italicus.
    Uno stato che ha obbligato italia, gemanie e giappone ad un unico partito al governo per 50 anni, ma quale democrazia, con che facci parlano e criticano. vergogna.
  • Di (---.---.---.183) 9 marzo 2015 01:26

    Articolo molto interessante, ma nel titolo leggo che "i curdi hanno la soluzione".

    Io capisco che i curdi e in particolare il leader di questo partito curdo si preoccupano di autogestire il territorio che controllano e di opporsi all’Isis senza porsi adesso il problema istituzionale.

    Credo anche che facciano bene a fare così, ma francamente io non la vedo come " la soluzione ". 

    Questo partito diventerà lo stato (o la nazione)? Oppure gestirà quello stato insieme ad altri partiti? E allora quella gestione collegiale avrà delle regole di gestione e quindi sarà un qualche stato-nazione, o no?

    La mia impressione è che ci sia, almeno abbozzata, una strategia di lungo termine: costruire una o più comunità locali piccole e poi vedere come confederarsi in qualcosa di più grande con chi è disposto a rispettare questo schema. Lo schema sembra bello, ma non lo vedo funzionale: di fatto ci si può confederare soltanto con i confinanti, altrimenti si ha uno stato con dei buchi, poi se le "comunità" hanno regole o qualità di vita troppo diverse è inevitabile che si creino conflitti interni.

    Mi sembra che nel mondo ci siano soltanto due esempi di confederazioni funzionanti: gli Usa e la Svizzera.
    Negli Usa la cosa funziona perchè c’è gran ricchezza di territorio e di risorse, e comunque la politica economica, la difesa dei confini, l’esercito e la politica estera sono in mano al governo federale, e sempre più poteri vi si accentrano. Nella Svizzera c’è la gran ricchezza delle banche con i soldi di tutto il mondo di cui beneficiano gli svizzeri che, in cambio di quel benessere e di una efficiente autogestione locale delegano completamente il loro governo al potere bancario. Ad esempio, il golpe di Pinochet è stato fortemente sostenuto dal governo, che però non ne ha mai neanche informato gli svizzeri.

    La Germania è una confederazione, ma con tanta omogeneità da somigliare ad uno stato classico: le leggi sono nazionali, la polizia e la giustizia pure; lo stato aiuta i lender poveri (ovviamente con i soldi di quelli ricchi).

    Anche l’URSS era una confederazione, lo era anche la Yugoslavia, credo che lo fosse il Pakistan-Bangladesh, lo era la Cecoslovacchia, ma hanno avuto le loro difficoltà. Perfino il minuscolo Belgio rischia la secessione.

    Paradossalmente, i poteri forti della globalizzazione sarebbero molto contenti di non essere intralciati da stati-nazioni di tipo classico; anche per questo, io la soluzione curda non la vedo.

    GeriSteve

  • Di GeriSteve (---.---.---.183) 9 marzo 2015 01:28

    Stati confederati non-nazionali? una via mediorientale?

     

     

    Articolo molto interessante, ma nel titolo leggo che "i curdi hanno la soluzione".


    Io capisco che i curdi e in particolare il leader di questo partito curdo si preoccupano di autogestire il territorio che controllano e di opporsi all’Isis senza porsi adesso il problema istituzionale.


    Credo anche che facciano bene a fare così, ma francamente io non la vedo come " la soluzione ". 


    Questo partito diventerà lo stato (o la nazione)? Oppure gestirà quello stato insieme ad altri partiti? E allora quella gestione collegiale avrà delle regole di gestione e quindi sarà un qualche stato-nazione, o no?


    La mia impressione è che ci sia, almeno abbozzata, una strategia di lungo termine: costruire una o più comunità locali piccole e poi vedere come confederarsi in qualcosa di più grande con chi è disposto a rispettare questo schema. Lo schema sembra bello, ma non lo vedo funzionale: di fatto ci si può confederare soltanto con i confinanti, altrimenti si ha uno stato con dei buchi, poi se le "comunità" hanno regole o qualità di vita troppo diverse è inevitabile che si creino conflitti interni.


    Mi sembra che nel mondo ci siano soltanto due esempi di confederazioni funzionanti: gli Usa e la Svizzera.
    Negli Usa la cosa funziona perchè c’è gran ricchezza di territorio e di risorse, e comunque la politica economica, la difesa dei confini, l’esercito e la politica estera sono in mano al governo federale, e  sempre più poteri vi si accentrano. Nella Svizzera c’è la gran ricchezza delle banche con i soldi di tutto il mondo di cui beneficiano gli svizzeri che, in cambio di quel benessere e di una efficiente autogestione locale delegano completamente il loro governo al potere bancario. Ad esempio, il golpe di Pinochet è stato fortemente sostenuto dal governo, che però non ne ha mai neanche informato gli svizzeri.


    La Germania è una confederazione, ma con tanta omogeneità da somigliare ad uno stato classico: le leggi sono nazionali, la polizia e la giustizia pure; lo stato aiuta i lender poveri (ovviamente con i soldi di quelli ricchi).


    Anche l’URSS era una confederazione, lo era anche la Yugoslavia, credo che lo fosse il Pakistan-Bangladesh, lo era la Cecoslovacchia, ma hanno avuto le loro difficoltà. Perfino il minuscolo Belgio rischia la secessione.


    Paradossalmente, i poteri forti della globalizzazione sarebbero molto contenti di non essere intralciati da stati-nazioni di tipo classico; anche per questo, io la soluzione curda non la vedo.


    GeriSteve

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