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Siria: le donne in kalashnikov della rivoluzione. Dalla parte di Assad

“Sii pronta Siria, resisti Assad. Con il nostro sangue e con la nostra anima ti proteggeremo, Bashar”. Una schiera di donne in mimetica, allineate con precisione geometrica nell'area del campo di addestramento in erba sintetica, fissa con sguardo impietoso un punto indefinito davanti a sé, i capelli legati in code severe o in parte coperti da cappelli con visiera, mentre agita il pugno con la foga di chi declama un ideale in cui crede.

Qualche tempo fa avevo parlato del fenomeno di adesione di massa all'Esercito Siriano Libero da parte di cittadine siriane comuni, che in questi due anni di guerra civile hanno progressivamente abbandonato mestiere e quotidianità per entrare a fare parte della più grande forza armata di opposizione al governo.

Ma, parallelamente all'ingrossarsi delle fila partigiane al femminile, in Siria si assiste a una tendenza opposta: l'ingresso volontario di donne nel reparto femminile delle National Defense Forces, l'esercito di Assad contro il quale oppositori e oppositrici armati conducono una battaglia stremante.

LEGGI ANCHE: Le donne in Kalashnikov della Rivoluzione. Dalla parte dei ribelli

Prima unità per donne dell'esercito di difesa nazionale, conta circa 500 volontarie tra i 18 e i 50 anni, assegnate a ruoli paramilitari, dai posti di blocco ai compiti di supervisione su una forza armata governativa sempre più in difficoltà, indebolita dalla compattezza di un'opposizione organizzatissima.

 

Le aderenti si riconoscono sotto il nome di “Leonesse” (accettando un battesimo di facile retorica), e si riferiscono l'una all'altra con l'appellativo di “fedayat”, “martire”.

Vengono addestrate nella città di Homs, ponte tra le zone interne e il Mediterraneo, variegato amalgama di musulmani sunniti, alawiti e cristiani, nonché centro abitato siriano tra i più controversi, dove ancora una larga parte della popolazione supporta il regime.

Abir Ramadan, 40 anni, è una “leonessa” delle NDF. Racconta come è nata la decisione di arruolarsi: “Mio marito mi ha incoraggiato ad abbracciare la causa, e l'idea mi è piaciuta. Mi sono presentata al centro di reclutamento e sono stata facilmente accettata”. Tecnico in un laboratorio di radiologia, la donna spiega: “Prima non sapevo come imbracciare un'arma, e non stavo mai a casa da sola per paura di subire un attacco. Volevo imparare e aiutare. Mi sono prestata come volontaria perché il mio paese sta soffrendo”.



O ancora, Etidal Hamad: impiegata in un ufficio governativo e madre di tre bambine, anche la trentaquattrenne è stata indirizzata all'esercito dal marito. La motivazione maggiore che l'ha spinta a una scelta tanto estrema, tiene a precisare, è un sincero “desiderio di sostenere l'esercito e difendere la madrepatria”.

Come loro, tante. Il 23 gennaio venne diffuso un video che mostrava gli ordinati comparti di addestramento delle Lionesses for National Defense impegnati in un'esercitazione: marce, slogan pro Assad sciorinati a dare il ritmo, kalashnikov tenuti stretti al busto.


A differenza delle donne dell'Esercito Siriano Libero, che spesso hanno abbandonato completamente le occupazioni precedenti alla guerra civile, il servizio prestato dalle “leonesse” è part-time. A scelta, 4 ore da coprire durante la mattina o il pomeriggio, in modo che l'impiego possa conciliarsi alla professione abituale.



Nada Jahjah, una comandante in pensione che si è occupata nei mesi scorsi degli addestramenti, spiega come la scelta di eleggere Homs sede del campo di esercitazione sia connessa alle tragiche circostanze con le quali la memoria della città convive: “Questa non è una guerra normale. Non ha niente a che vedere col conflitto dell'ottobre 1973 contro Israele. Non è il nemico che abbiamo conosciuto. Stavolta il nemico viene dalla nostra famiglia, dai nostri vicini e dai paesi vicini, rifornendo armi e diffondendo pensieri fondamentalisti. Si uccidono e trucidano i siriani, è una guerra selvaggia”.

Questo la dice lunga su quanto sia manipolata (e manipolante) la propaganda autodifensiva promossa dal governo, che ha una sua versione decisamente originale sulle ragioni della mattanza serrata che esercita sin dagli albori della rivoluzione.



Abu Raimi, portavoce della Syrian Revolution General Commission, ha un'idea ben precisa del motivo per cui Assad ha deciso di creare un reparto femminile nel suo esercito: a suo parere, una scusa per mettere l'Esercito Siriano Libero nella condizione di uccidere donne, da presentare quindi al mondo come agnelli sacrificali che incarnino gli orrori perpetrati dai ribelli.

Mossa intelligente, chiaro: la morte di una donna, correlata da biografia sui figli lasciati orfani e sull'impegno in vita in nome di un ideale, smuoverebbe più di una coscienza.



Un attivista, operante ad Homs e intervistato dal The Washington Post via Skype, sotto lo pseudonimo di Majd Amer, descrive la spietatezza con la quale queste obbediscono al compito di supervisionare l'ordine dei quartieri: “Forzano le donne ad uscire dalle proprie macchine con deliberata brutalità, strappano i loro veli e le coprono di insulti. Le trattano come terroriste, le chiamano “Al-Qaeda”. Dicono: “Il velo non ti proteggerà”".

Intanto le adesioni alle “Leonesse” crescono; ad Homs, nel campo di addestramento di Wadi al-Dahab, continua a risuonare il grido “Allah, Suriya, Bashar wa bas” (Dio, Siria, Bashar: è tutto).

La situazione è complicata. Per quanto decisamente in numero minore rispetto all'opposizione, i sostenitori del governo mettono i bastoni tra le ruote al sanguinoso processo rivoluzionario in corso.

Commenti all'articolo

  • Di pint74 (---.---.---.203) 3 aprile 2013 18:09
    pint74

    Sanguinoso processo di rivoluzione sostenuto dalle "democrazie "occidentali,come successe in Libia...
    Cambia la nazione ma le scuse sono sempre uguali..Democrazia.Che parola vuota che è diventata.Come si può portare democrazia con le armi e sostenendo dei personaggi che ,in molti casi,massacreranno innocenti e venderanno alle grandi multinazionali la propria patriaper il proprio tornaconto?Come si può chiamare democrazia il sostenere un piccolo gruppo di opposizione in barba a quanto vuole la maggior parte della popolazione,cioè solo continuare a vivere come sempre,per quanto possa sembrarci brutta come vita?
    La Libia doveva insegnare qualche cosa...Una volta era una nazione sotto controllo di un dittatore ma la gente viveva..Ora è una nazione sotto il controllo delle grandi multinazionali interessate alle ricchezze del territorio,di governi transitori in perenne lotta e dei signori della guerra...Che evoluzione...

    • Di (---.---.---.76) 3 aprile 2013 21:41

      C’è molta saggezza nelle tue affermazioni.

      Alessandro Rossi

    • Di Sandro kensan (---.---.---.114) 3 aprile 2013 22:20
      Sandro kensan

      Democrazie inesistenti come lo sono i giornalisti liberi: inesistenti. La prima vittima della guerra è la Verità e in questo caso è particolarmente vero. Poi noi italiani facciamo parte del blocco americano per cui foraggiamo i rivoluzionari perché ci portino in dote un nuovo Stato: la Siria, con quello andremmo a caccia di altri Stati e di altre risorse con cui ingrassare i nostri conterranei.

      Alla faccia del sangue del popolo siriano, come sempre e come fanno le democrazie occidentali da quando sono nate.

  • Di (---.---.---.54) 3 aprile 2013 23:05

    Che tristezza leggere queste cose. Ma dove è finita la onestà e indipendenza dei nostri giornalisti? Tutti scrivete secondo il copione consegnatovi da una unica fonte la quale è il mandante di tutto quell’orrore.Non mi va neanche di controbattere, tanto il lavoro sporco della stampa ha prodotto il suo risultato e questa vergognosa agressione ai danni di un paese sovrano è approvata e applaudita da tutta la nostra cittadinanza. Bravi, si capisce che anche la dignità professionale ha un prezzo....

  • Di Giulia Usai (---.---.---.16) 3 aprile 2013 23:41

    E’ chiaro che gli Stati Uniti, e in generale tutto il blocco occidentale, sono lupi famelici al varco pronti a gettarsi sul ghiotto boccone rappresentato dai ribelli, ma cosa significa? Che l’enorme risposta e adesione popolare siriana alla resistenza è tutto un complotto occidentale? Le dittature sono una forma di potere mal distribuito e sono destinate a cadere, sempre. Che poi ad aspettare a braccia aperte sotto le impalcature traballanti ci siano gli americani che pregustano ciò che li attende è un altro discorso. 

    E allora alla fine anche a noi, a che ci sono serviti i partigiani? Ce ne potevamo restare con Mussolini, e "continuare a vivere come sempre, per quanto possa sembrarci brutta come vita". 

    • Di (---.---.---.54) 4 aprile 2013 10:29

      Si. Questa "enorme risposta" esiste solo sulla stampa. Chi conosce Siria davvero sa che nel suo DNA non ci sono le guerre religiose, perchè in questo momento è proprio quello che succede lì. Il dissenso (più che lecito) è stato usato da Qatar, Arabia Saudita e Turchia per regolare i vecchi conti e Usa quando vede un fuochino soffiano forte per farlo divampare. La mia non è difesa di Assad ma della Siria come stato sovrano con il governo uscito dalle elezioni regolari. Se ci fosse stata tutta questa "risposta enorme" la assicuro, che questo regime sarebbe caduto già nel 2011. È paradossale, che quelle poche defezioni importanti sono stati proprio gli uomini della vecchia nomenclatura che da dieci anni impediva a Assad attuare le riforme che lui chiedeva dal giorno del suo insediamento. La rivolta poteva essere utile, perchè sotto la sua spinta ha potuto finalmente avviarle ma a quel punto la macchina del fango nutrita dai soldi e Al Kaida è partita. Lei ha letto la recente dichiarazione riguardo la revoluzione distrutta dai Fratelli musulmani della opposizione siriana all’ estero? Probabilmente no, perchè i nostri giornali la hanno praticamente ignorata. Lei sa quante riforme importanti ha fatto Assad dal 2011? Che i siriani sono stati chiamati per approvazione della nuova costituzione che tra altro abolisce la posizione dominante del partito Baath e hanno partecipato 60% degli aventi diritto? Che nel 2012 si sono svolte le elezioni municipali anche se la sua "oposizione enorme" ha cercato di impedirle minacciando e uccidendo intere famiglie di chi ne partecipava? Ma tanto, ormai è fatta, è solo questione di tempo. Dopo Iraq e Libia anche la Siria diventerà un orrendo monumento dedicato alla vittoria del male....con approvazione e soddisfazione del mondo per bene. È sarà anche la vittoria sua e di tutti quelli che come lei hanno sposato la posizione di una parte senza porsi minimamente le domande. È questo dopo esempi di Iraq e Libia trovo assolutamente ingiustificabile.

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