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Se non ho bisogno di Dio (e del mio rene). L’ultimo lavoro di Flores d’Arcais

La democrazia ha bisogno di Dio. Falso! (Laterza, 2013), di Paolo Flores d’Arcais, è uno scritto che si sviluppa secondo una logica ferrea, stringente, priva di chiaroscuri e incertezze. Da certe premesse non possono che derivare certe altre conseguenze. Fine della storia.

Quale è la premessa, allora, quali le fondamenta sulle quali l’autore costruisce l’intero suo edificio teorico?

Che la sfera pubblica debba essere popolata solo da «fatti accertati + logica + valori repubblicani». Ciò la cui esistenza non può essere accertata, e quindi e soprattutto Dio e l’aldilà, argomenta categorico Flores d’Arcais, non può prendere parte all’agorà democratica ma deve essere costretto alla dimensione intima, privata.

Questa tesi è accompagnata da un nutrito elenco di esempi in cui, invece, limitando lo sguardo all’Italia, la Chiesa cattolica fa irruzione arbitraria e illegittima nel discorso pubblico, nel tentativo di trasformare la sua precettistica in legge dello Stato, quindi erga omnes.

Tra i casi più eclatanti, ovviamente, l’eutanasia. La Chiesa, infatti, osserva d’Arcais, pretende che il legislatore imponga anche ai non credenti la sua posizione dottrinale secondo cui un uomo non può disporre pienamente della propria vita e del proprio corpo.

Ma un legislatore laico e democratico, obietta Flores d’Arcais, non può che riconoscere a ogni uomo la piena disponibilità di se:

«La vita umana è tale solo perché personale e irripetibile, tua, mia, sua […]. L’eguale libertà di ogni individuo rispetto alla propria e irripetibile vita è perciò l’irrinunciabile primum della democrazia liberale».

Questa posizione, che non concede ad altri, a Dio ma anche evidentemente ai miei consimili, il diritto di mettere becco nelle mie faccende private e quindi, prima di tutto, nella gestione della mia vita e del mio corpo, potrebbe però portare alla rivendicazione di diritti, sulla cui legittimità forse, anche lo stesso Flores d’Arcais, finirebbe per nutrire qualche dubbio.

Se, insomma, io e solo io sono giudice della mia vita e del mio corpo, posso vendermi un rene? E un polmone?

 

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