Novel food tra innovazione e oscurantismo
Il governo Meloni, con il taglio dato dal ministro della “sovranità alimentare”, vorrebbe ambire a una sorta di autarchia agroalimentare. Il rischio è frenare le innovazioni e favorire una retorica antiscientifica, ad esempio su carne coltivata e insetti per uso alimentare. Il chimico e divulgatore Silvano Fuso affronta il tema sul numero 1/2024 di Nessun Dogma.
Fin dal suo insediamento, il 22 ottobre 2022, il governo presieduto da Giorgia Meloni si è contraddistinto per aver cambiato il nome di alcuni ministeri: il ministero dell’istruzione e del merito, il ministero per la famiglia, la natalità e le pari opportunità e il ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, quest’ultimo presieduto da Francesco Lollobrigida, cognato di fatto della premier.
Cosa significhi “sovranità alimentare” non è apparso molto chiaro all’inizio. L’espressione venne originariamente introdotta nel 1996 dai membri di Via campesina, un’organizzazione internazionale non governativa di agricoltori. In seguito venne adottata da alcune altre organizzazioni internazionali. Il significato originale dell’espressione non è privo di una certa ambiguità e diverse sono le possibili interpretazioni. Ma è chiaro che essa nacque soprattutto come contrapposizione al modello neoliberale del processo di globalizzazione.
È piuttosto dubbio che siano state queste le motivazioni che hanno ispirato l’attuale governo. Appare più probabile che, per il titolare del dicastero e per l’intero esecutivo, sovranità alimentare significhi ambire a una sorta di autarchia agroalimentare che valorizzi prima di tutto i prodotti italiani, opponendosi a ogni innovazione.
Osserviamo subito che, al di là degli intenti governativi, ben difficilmente l’Italia potrà fare a meno di continuare a importare prodotti agroalimentari (soprattutto cereali). La produzione agricola nazionale infatti risente fortemente da decenni di mancati investimenti in ricerca agroalimentare e della mancata coltivazione di varietà vegetali biotech che garantirebbero produzioni più elevate (varietà che però tranquillamente importiamo).
Il ministro Lollobrigida non ha mai perso tuttavia occasione per decantare le eccellenze e i prodotti italiani, per promuovere il “sistema Italia” nel mondo e, in quest’ottica, vanno interpretati alcuni suoi provvedimenti.
Il 3 gennaio 2023, la Commissione europea ha pubblicato il Regolamento di esecuzione Ue 2023/5 (entrato in vigore il 24 gennaio 2023) che ha autorizzato l’immissione sul mercato della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (farina di grillo domestico) per fini alimentari. Tuttavia già in precedenza, nel giugno 2021, era entrato in vigore il Regolamento di esecuzione Ue 2021/882 che autorizzava l’immissione sul mercato della larva di Tenebrio molitor (tarma della farina) essiccata.
Nel marzo 2023 il ministro Lollobrigida ha firmato quattro decreti che riguardano altrettante diverse farine derivanti da insetti. Come lui stesso ha dichiarato in una conferenza stampa congiunta insieme al ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, e a quello della salute Orazio Schillaci: «Ci si può nutrire di quello che più si ritiene idoneo ma, per quanto riguarda la farina di grillo, locusta migratoria, verme della farina e larva gialla, pensiamo serva un’etichettatura che specifichi in modo puntuale e visibile quali prodotti hanno derivazione da questi insetti» [1].
Oltre all’etichettatura specifica il ministro ha anche previsto delle scaffalature apposite in cui sia visibile la provenienza e ben separate da quelle di altri alimenti. Il tutto per rafforzare la capacità di discernimento delle persone e consentire loro di scegliere, dopo adeguata informazione.
Ben vengano la trasparenza e l’informazione. Tuttavia quest’ultima dovrebbe essere completa. Bisognerebbe, ad esempio, dire che nel mondo il consumo alimentare di insetti (entomofagia) è diffuso in molti Paesi, come l’America centrale e meridionale, l’Africa, l’Asia, l’Australia e la Nuova Zelanda. Inoltre la stessa Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations), già in uno studio del 2013 [2], ha indicato gli insetti come una fonte di cibo ancora poco sfruttata nel mondo occidentale.
Inoltre occorrerebbe informare i consumatori che la farina di grillo è un’ottima fonte proteica: possiede infatti una media di oltre il 65% di proteine ad alto valore biologico, risulta ricca di fibre, calcio, vitamina B12, ferro, fosforo e sodio. Infine gli alimenti a base di insetti potrebbero rappresentare una strada per cercare di diminuire l’impatto ambientale degli allevamenti di bestiame.
A proposito di questi ultimi, vi è un’altra promettente innovazione tecnologica che potrebbe contribuire a ridurli. Innovazione però che il ministro Lollobrigida e la sua maggioranza hanno subito visto come il fumo negli occhi e contro la quale hanno intrapreso una feroce battaglia preventiva. Si tratta della carne coltivata, impropriamente chiamata (con chiaro intento dispregiativo) “carne sintetica” dai suoi oppositori.
Osserviamo innanzitutto che, per quanto riguarda gli insetti, esistendo già una regolamentazione europea, il ministro non ha potuto impedirne la commercializzazione nel nostro Paese e si è dovuto quindi limitare a proporne l’etichettatura e le scaffalature distinte. Per la carne coltivata, viceversa, l’Unione europea non si è ancora pronunciata e quindi il ministro ha potuto dar libero sfogo alla sua contrarietà, facendosi promotore di un’iniziativa legislativa finalizzata alla sua totale proibizione.
Già il 17 novembre 2022, rispondendo a un question time svoltosi al senato, e commentando il via libera dato dalla Food and Drug Administration al consumo umano di carne coltivata negli Stati Uniti, Lollobrigida affermò: «Garantisco che finché saremo al governo sulle tavole degli italiani non arriveranno cibi creati in laboratorio». E aggiunse: «Desidero sgomberare il campo da qualsiasi equivoco: il governo è contrario a cibo sintetico e artificiale e ha intenzione di contrastare in ogni sede questo tipo di produzioni» [3]. Esattamente dopo un anno, il 16 novembre 2023, la camera dei deputati ha approvato in via definitiva, con 159 voti a favore, 53 contrari e 34 astenuti, il disegno di legge che vieta la produzione e la commercializzazione di carne coltivata.
Già dal punto di vista puramente giuridico l’approvazione della legge ha presentato aspetti molto discutibili. Come hanno efficacemente dichiarato Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e Lorenzo Mineo, coordinatore delle attività internazionali della medesima associazione: «Il governo ha compiuto un vero e proprio pasticcio istituzionale su questo provvedimento. Non solo ha proposto un divieto preventivo su produzione e immissione in commercio di carne coltivata, prima ancora che si sia pronunciata l’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). L’Italia ha anche inviato, e pochi mesi dopo ritirato, la notifica che ogni Paese Ue è chiamato a condividere in via preventiva con Bruxelles quando vengono approvate leggi che ostacolano la libera circolazione delle merci.
E lo ha fatto giustificandosi con la possibilità di una modifica della legge. Eppure di modifiche nel testo in votazione alla camera non c’è traccia: tutto lascia intendere che il governo, consapevole della bocciatura al disegno di legge che sarebbe arrivata dall’Ue, abbia cercato di bypassare il controllo preventivo sul provvedimento, ritirando la notifica. […] Del resto l’unico effetto concreto di questo provvedimento è che se l’Unione europea approvasse la commercializzazione di carne coltivata, con il mercato unico il divieto italiano non impedirebbe ad altri Paesi Ue di esportarla da noi. A pagarne il prezzo saranno soprattutto le imprese italiane, costrette a rinunciare alla produzione e scoraggiate a investire nella ricerca. Complimenti ai difensori del made in Italy!» [4].
Lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato la legge, ma a condizione che venisse avviata una procedura di notifica alla Commissione europea, che avrà la facoltà di formulare osservazioni in merito.
La carne coltivata (così come i derivati proteici di insetti) sono esempi di cosiddetti “nuovi alimenti” (novel food), come vengono definiti da Bruxelles. L’iniziativa legislativa, tanto voluta da Lollobrigida, deve essere notificata a Bruxelles al pari di qualunque altro progetto di legge. Essa infatti potrebbe ostacolare gli scambi commerciali all’interno del mercato unico europeo. Se Bruxelles si pronunciasse in questo senso, si potrebbe arrivare a una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.
Il 16 novembre 2023 poi, in concomitanza con l’approvazione della legge, si è verificato uno squallido episodio di arroganza e violenza nella piazza antistante palazzo Chigi.
Alcuni parlamentari di +Europa, che stavano pacificamente manifestando contro l’approvazione della legge sulla carne coltivata, sono stati fisicamente aggrediti dal presidente dell’associazione Coldiretti Ettore Prandini, politicamente molto vicino all’attuale maggioranza. Al grido di «Delinquenti! Delinquenti!», Prandini ha cercato di mettere le mani addosso al deputato Benedetto Della Vedova, rimasto illeso solo grazie all’intervento delle forze dell’ordine.
È piuttosto significativo infatti che nella rissa scoppiata davanti a palazzo Chigi l’aggressore non fosse lo sconfitto, bensì il vincitore, che aveva appena visto approvata una legge da lui tanto voluta. Insomma una sorta di “vae victis!” che privilegia la forza al diritto e al confronto democratico. (Ad aumentare la tristezza della giornata del 16 novembre anche l’imbarazzante astensione, durante la votazione della legge, dei deputati del Partito Democratico).
Al di là degli aspetti giuridici e procedurali, quello che lascia molto perplessi è il carattere totalmente antiscientifico e oscurantista del provvedimento contro la carne coltivata. Contro di essa è stata infatti costruita una campagna denigratoria del tutto priva di ogni base scientifica. Principale promotrice di tale campagna è stata proprio la citata associazione Coldiretti.
In un volantino diffuso dall’associazione [5] viene fatto un largo uso delle immagini, comparando il “cibo naturale” con quello “sintetico” [6].
Le immagini associate al cibo sintetico comprendono una sorta di impianto chimico industriale, con sversamenti in ambiente, una ricercatrice che mostra preoccupanti fumi che fuoriescono da una beuta da laboratorio e un operatore con maschera e tuta con simbolo di operazioni nucleari. Tra le immagini compare anche il simbolo del teschio con le ossa e altri pittogrammi associati a frasi di rischio per sostanze pericolose e radioattive.
Nelle immagini associate al “cibo naturale” compaiono invece paesaggi agresti e operatori agricoli sorridenti.
Sotto le immagini compaiono poi diverse frasi. Sotto quelle del “cibo naturale” si legge:
- È fatto dalle persone per le persone usando bene tecnologia e innovazione
- Tutela l’ambiente e lo straordinario paesaggio rurale
- Unisce gusto, salute, identità e storia
- La dieta mediterranea è uno stile di vita e patrimonio dell’umanità Unesco
- È il primo vettore di prossimità che crea legame con il territorio e coesione sociale
- Sostiene la biodiversità e la valorizzazione delle risorse naturali
Sotto le immagini del “cibo sintetico” si legge invece:
- È prodotto in un bioreattore da cellule impazzite
- È dannoso per l’ambiente: consuma più energia e inquina di più
- È rischioso per la salute umana
- Limita la libertà dei consumatori e omologa le scelte sul cibo
- Favorisce gli interessi di pochi che vogliono monopolizzare l’offerta di cibo nel mondo
- Spezza lo straordinario legame che unisce cibo e natura
Sia le immagini che le frasi usate da Coldiretti sono false, tendenziose e forniscono al pubblico una pessima informazione. Se si vuole adottare un approccio razionale è infatti assolutamente necessario partire da dati e informazioni attendibili. Quelle fornite da Coldiretti non lo sono affatto. Intanto la frase «È fatto dalle persone per le persone usando bene tecnologia e innovazione» può valere per qualsiasi cosa, compresi i prodotti biotech, e non ha alcun senso limitarla alla produzione di “cibo naturale”.
Nella produzione del cibo sintetico poi non si parte affatto da cellule impazzite: si parte da cellule staminali che non sono affatto tali! Si usa, è vero, un bioreattore. Ma si chiama così qualsiasi contenitore in cui avvengano processi che utilizzino cellule o microrganismi. Anche una comune botte dove fermenta il mosto o una yogurtiera possono essere considerati a tutti gli effetti bioreattori. Nella produzione del cibo sintetico non si usano sostanze radioattive, non si utilizzano processi inquinanti e dannosi per l’ambiente, non si consuma più energia, eccetera.
Inoltre, allo stato attuale delle conoscenze, non vi è alcuna evidenza che il cibo prodotto partendo da cellule staminali sia rischioso per la salute umana. La sua composizione infatti è praticamente uguale a quella del corrispondente cibo “naturale”.
Riguardo alla “libertà dei consumatori” e alla presunta “omologazione delle scelte sul cibo”, beh, non si capisce proprio perché le innovazioni tecnologiche dovrebbero portare a queste conseguenze. Nessun consumatore sarà obbligato a consumare carne coltivata. Casomai sono i divieti auspicati da Coldiretti e dall’attuale maggioranza di governo a limitare la libertà. Anche il presunto “straordinario legame che unisce cibo e natura” è frutto di una visione mitica e bucolica, ma del tutto falsa, dell’agricoltura tradizionale. L’agricoltura e la zootecnia nascono storicamente per modificare la natura e sono entrambe attività non naturali [7].
Purtroppo alla base della disinformazione diffusa a piene mani da Coldiretti e da altri movimenti di pensiero anti biotech, vi è un equivoco di fondo. Per valutare un prodotto non ha alcuna importanza il processo con il quale viene ottenuto. La cosa importante è valutare le caratteristiche del prodotto finale. Il processo produttivo può essere invece importante nella valutazione dell’impatto ambientale.
Il cibo “sintetico” finora prodotto presenta caratteristiche nutrizionali e di sicurezza assolutamente ottimali. Sicuramente però c’è ancora parecchio lavoro da fare sulle caratteristiche organolettiche e la ricerca per questo continua.
Inoltre i controlli effettuati, proprio perché si tratta di una cosa nuova, sono numerosi e rigorosissimi. Sicuramente molto più accurati di quelli fatti sui prodotti tradizionali di uso comune. Lo stesso è avvenuto in passato per gli Ogm: nessun altro prodotto agroalimentare ha mai subito così tanti controlli come gli Ogm. E tali controlli dovrebbero tranquillizzare completamente il consumatore.
Nel cibo coltivato emerge ancora una volta la tradizionale contrapposizione tra naturale e artificiale e il mito secondo il quale ciò che è naturale è necessariamente buono. Ma si tratta appunto di un mito non supportato da evidenze fattuali. Molti prodotti di origine naturale possono essere terribilmente tossici: pensiamo solamente ai funghi velenosi o alla cicuta!
Oltretutto nessun prodotto dell’attuale filiera agroalimentare è naturale. Nessuna varietà vegetale che troviamo sui banchi del mercato è mai esistita in natura: tutte sono frutto di accurate selezioni genetiche fatte da generazioni di agricoltori. Lo stesso vale per i prodotti zootecnici. Nessuna razza attualmente allevata è mai esistita in natura Anche una succulenta bistecca di chianina, che possiamo gustare con soddisfazione, è il risultato di lunghe selezioni attuate dall’uomo: le chianine non esistono in natura!
Quindi le obiezioni che si ergono da più parti contro la carne coltivata e prodotti analoghi appaiono completamente ideologiche [8]. Inoltre sono spesso animate dalla volontà di difendere particolari interessi economici: ogni innovazione tecnologica è infatti subito vista da qualcuno come un’indesiderabile perturbazione di un mercato, che si vuole invece mantenere inalterato.
Per quanto riguarda l’impatto ambientale, è assodato che gli attuali allevamenti intensivi di bestiame presentano non pochi problemi. Problemi destinati ad accrescersi con l’aumento della popolazione mondiale. Vale la pena osservare che negli ultimi vent’anni il consumo globale di carne è aumentato del 58% [9]. Per quanto riguarda il pesce, poi, è ben noto il progressivo impoverimento cui i nostri mari stanno andando incontro a causa di una pesca eccessiva; e i processi di coltivazione in laboratorio possono produrre anche filetti di pesce.
In base alle attuali evidenze, la produzione di carne coltivata presenterebbe sicuramente un minor impatto ambientale e un minor consumo di risorse. In ogni caso sarà bene effettuare un’accurata valutazione nel momento in cui tali produzioni potranno raggiungere livelli di ampia scala. Ogni rifiuto pregiudiziale basato esclusivamente su posizioni ideologiche appare quindi del tutto irrazionale.
C’è poi da prendere in considerazione il non trascurabile problema etico. Al momento attuale la produzione di cibo di origine animale comporta inevitabilmente un certo grado di sofferenza, sia durante l’allevamento sia durante la macellazione o la pesca. Penso che chiunque visiti un mattatoio o veda cosa accade in una tonnara difficilmente possa rimanere indifferente. La produzione di carne coltivata eliminerebbe tutto ciò [10], consentendo al tempo stesso di mantenere tutti i benefici che una dieta vegana evidentemente non può fornire. Questo vale soprattutto per chi adotta una dieta priva di carne non per scelta, ma per ristrettezze economiche, come avviene purtroppo in diverse parti del mondo.
Le precedenti considerazioni sono state ben sintetizzate in un parere espresso dal Comitato etico della fondazione Umberto Veronesi, in cui si legge: «lo sviluppo e l’adozione di tecniche per la produzione di carne da cellule staminali animali potrebbe rappresentare un passo importante – seppur all’interno di un quadro strategico più articolato – per costruire un futuro migliore per l’umanità, rispettoso delle altre specie animali e dell’ecosistema del pianeta» [11].
Per concludere quindi, nella valutazione della carne coltivata e degli altri analoghi tipi di cibo, si dovrebbero lasciare da parte le ideologie e basarsi esclusivamente sui fatti. Purtroppo invece, ancora una volta, si assiste ad approcci completamente irrazionali, esclusivamente basati, quando va bene, sull’emotività e sul pregiudizio oppure addirittura animati da una sostanziale malafede finalizzata alla difesa di interessi corporativi, senza minimamente curarsi delle eventuali positive ricadute sul bene pubblico e sull’ambiente.
Approfondimenti
- go.uaar.it/qr3ayq8
- 2go.uaar.it/jpxmi97
- 3go.uaar.it/u52t9f8
- 4go.uaar.it/755735b
- Oltre al volantino in questione, Coldiretti ha anche diffuso un comunicato stampa, altrettanto pieno di affermazioni infondate. Si rimanda a questo articolo per una critica puntuale alle varie affermazioni di Coldiretti: go.uaar.it/sdi6d2y
- Una critica puntuale al volantino di Coldiretti è stata fatta da Sergio Saia, docente di agronomia e coltivazioni erbacee all’Università di Pisa, in questa pagina: go.uaar.it/ehkqinn
- Ho trattato ampiamente queste tematiche nei miei libri: S. Fuso, Naturale=buono?, Carocci, Roma 2016 e S. Fuso, Il futuro è bio?, Dedalo, Bari 2022
- Nella legge approvata il 16 novembre non mancano neppure aspetti quasi comici. I divieti valgono infatti solo per gli alimenti derivanti da “animali vertebrati” Se ne deduce quindi che sarà consentita la produzione di carne coltivata derivante da crostacei, molluschi e cefalopodi
- Il dato è riferito al 2018: go.uaar.it/c63d1lm
- A questo proposito è stato realizzato un comunicato congiunto di varie associazioni animaliste (Animal Equality Italia, Animal Law Italia, Ciwf Italia, Essere animali, Lav e Lndc Animal Protection) che smonta le bufale di Coldiretti: go.uaar.it/i57d8my
- go.uaar.it/8d7eoex
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