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Se il tirocinio è un tiro al bersaglio

Il bersaglio in questo caso è rappresentato dai diritti dei lavoratori, intesi come categoria di persone che erogano una prestazione intellettuale o manuale per circa otto ore al giorno del loro tempo/vita

Nella consueta giungla di escamotage che caratterizzano modi di comportamento, rapporti commerciali o di lavoro nel nostro Paese, è finito, come prevedibile il famigerato tirocinio. O stage. O strage, come viene appellato simpaticamente sul web.

Verso la fine degli anni '90, quando tutto il mondo finalmente liberato dallo spetto del comunismo, si avviava verso una felice luna di miele a stelle e strisce, tutti, ma proprio tutti, concordavano su una cosa. Più o meno quel che pensa l'innovatore Matteo Renzi oggi. La flessibilità deve essere il nuovo modello su cui costruire il futuro diritto del lavoro. Era il tempo dei Tony Blair, dei Clinton, dei Prodi-D'Alema, quando nella primavera del 1998 venne introdotta per decreto, la norma che disciplina e regolamenta gli stage, i tirocini o chiamateli come volete. In sostanza il tirocinante o stagista è un "ospite"in azienda e tutti gli obblighi burocratico-amministrativi sono a carico dell’ente formatore. Le norme che disciplinano i tirocini formativi sono contenute nel regolamento varato dal ministero del Lavoro con il decreto del 25 marzo ’98 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 maggio ’98 n. 108). Il regolamento fissa criteri che permettono all’impresa di utilizzare lo stagista senza vedersi contestare un mascheramento di un rapporto di lavoro subordinato. Il tirocinio infatti non è un rapporto di lavoro, ma un modo per agevolare le scelte professionali dei giovani, attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro.

Vallo a spiegare poi a chi campa di evasione fiscale, falso in bilancio, bancarotta fraudolenta che lo stage è una sorta di “conoscenza del mondo del lavoro”. Con immenso rammarico, dopo più di dieci anni di distanza dall'introduzione di quella norma, ci si accorge che l'impianto di Leggi sulla flessibilità fatte tra il 1997 e il 2003, è stato come aprire una ferita su un branco di delfini che nuotano nello stesso mare dei pescecani. Le testimonianze di abusi di stage diventano innumerevoli. C'è chi paga 100 euro al mese per 6 mesi, e sfacciatamente inserisce nei propri annunci “tirocinio senza obbligo di assunzione”. Vai a contestargli la mancanza di dignità di una proposta del genere e ti senti rispondere “la Legge lo prevede”. Certo. Così come il Codice della Strada prevede che una vecchietta sordomuta non attraversi col verde per le auto. Fatti suoi se poi viene schiacciata da un tir. La legge è legge. Parole come dignità, etica, umanità, relegate a qualche buontempone che ancora crede nell'utilità delle scienze sociali.

Ad ogni modo dopo dieci anni di denunce di sfruttamento, di stage che nascondevano in realtà rapporti di lavoro veri e propri con orari da rispettare e zero diritti, quel Governo dove Brunetta consiglia di scaricare cassette per la frutta e Sacconi si preoccupa che qualcuno lo ammazzi, un bel giorno di Ferragosto ti piazza la normativa che tutti aspettavano: l'art.11 del Decreto 138/2011. Basta falsi stage. Basta sfruttamento. Basta tirocini truffa. Evviva.

La nuova legge prevederebbe in sostanza l'utilizzo del tirocinio solo per neo-laureati entro i 12 mesi dal conseguimento del titolo di studio. E lo stage non può superare i 6 mesi. Nobile l'intento. Diminuire la quantità di ragazzi sfruttati in giro per l'Italia. Agire insomma sul piano quantitativo. Non sognarsi di modificare il piano qualitativo, ad esempio inserendo l'obbligatorietà di rimborsi spese non inferiori a 500 euro, o disciplinare gli orari di lavoro per lo stagista. Qual è stato l'effetto? Un panico atroce. Disoccupati e inoccupati di lunga durata si sono visti togliere uno dei pochi strumenti utili per reinserirsi sul mercato del lavoro. Le aziende hanno iniziato ad evidenziare in rosso la scritta “esclusivamente neo-laureati entro i 12 mesi” nei propri annunci di lavoro e chi campava di speranza di trovare un impiego, visti gli 80mila posti di lavoro persi nel solo Settembre 2011, ha perso anche quella.

Dopo quasi un mese di caos, invocata da tutti, arriva la voce del Ministero del Lavoro, che, attraverso una circolare, chiarisce che con l'art.11 non c'è stata alcuna preclusione in merito alla somministrazione di tirocini a soggetti svantaggiati come disoccupati, inoccupati o cat. protette. La circolare distingue espressamente due categorie di tirocini: quelli di formazione e orientamento per neo-laureati, e quelli di inserimento lavorativo per svantaggiati. Finalmente un po' di chiarezza. Alleluia. Le migliaia di disoccupati iscritti ai Centri per l'impiego potranno avere una nuova speranza. Ma sarà vero? Le aziende avranno recepito il messaggio? A distanza di quasi due mesi da quella circolare chiarificatrice, gli annunci di lavoro continuano imperterriti a mantenere la dicitura “esclusivamente per neo-laureati entro i 12 mesi”. E se provi a spiegare alle agenzie di lavoro, garbatamente che pur non essendo neo-laureato puoi tranquillamente candidarti all'offerta, basta che il tirocinio sia di inserimento, si tirano indietro e rispondono testualmente “a noi risulta in un altro modo. Comunque proverò ad informarmi”. E riattaccano. La verità è che questa ulteriore leggina, forse è stata fatta apposta per legalizzare una prassi. Quella di riciclare stagisti, puntando sulla dicitura “formativo” e non “di inserimento”. Sfido chiunque a trovare un annuncio di lavoro in ambito, “stage; tirocini” che non specifichi: “per neo-laureati entro i 12 mesi”. Stage specifici di inserimento per disoccupati si contano come le gocce di pioggia nel deserto.

La verità che forse coincide con un'amara constatazione è che gli anni zero hanno creato un enorme esercito di riserva fatto di giovani, precari, i semi-occupati della conoscenza, per i quali vedersi offrire 400-500 euro al mese significa una conquista, un successo. É la nascita della mentevalanza. E il bello è che si va avanti tentando di aggiustare, di modificare, di levigare. Quando invece ci sarebbe bisogno di smantellare e ricostruire. Lo sfruttamento legalizzato è una prassi da Paese dittatoriale e non fa onore al nome stesso della democrazia. Basterebbe dire a chiare lettere che un tirocinio ha senso se e solo se è finalizzato, dopo un mese al massimo, alla sottoscrizione obbligatoria di un contratto da lavoro dipendente. Che sia esso, apprendistato o tempo indeterminato. Basta con le ferite inferte ai delfini in un mare di squali. Basta col tiro al bersaglio. Altrimenti quelle stesse norme introdotte negli anni '90, in nome delle quali si è proclamata la fine della distinzione tra classi sociali, la fine del conflitto, si ritorceranno contro quegli stessi propositi, innescando inevitabilmente nuove lotte, nuove rivolte. Il contrappasso è dietro l'angolo.

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