• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Recensioni > Sdisonorata Società

Sdisonorata Società

Intervista a Giampiero Caldarella di Valeria Ferrante.

 

Questa è una non recensione di un libro. Dovrei far finta di non conoscere l’autore e tessere l’elogio della sua scrittura. Invece conosco molto bene Caldarella e quindi sarà una recensione completamente di parte. Nulla di diverso dalle recensioni che leggete su tutti i giornali, almeno questa è onesta e non pagata. Sdisonorata società è la raccolta degli interventi radiofonici di Caldarella per Radio24. All’epoca si poteva ascoltare sulla radio del Sole 24 Ore la rubrica "Il Pizzino”. Con un forte accento siciliano, la voce di Caldarella ci raccontava non solo la Sicilia, le mafie, ma il potere italiano con un, si fa per dire, sottile filo d’ironia. Caldarella è stato l’animatore de Il Pizzino cartaceo, un poster politico e satirico che ha fatto il giro del mondo in quanto ad interesse suscitato, meno in Italia, ovviamente. Di poi non pago ha diretto con Staino Emme, l’ultimo vero inserto satirico comparso sui giornali, in questo caso l’Unità, che lo ha chiuso per ripianare i conti. Eh già, per tagliare i sprechi si taglia la satira. Almeno Emme ha ricevuto querele, fatto incazzare i potenti e messo in croce Mauro Biani per una vignetta che viene citata ancora oggi. Chiedo a voi pazienti lettori se conoscete una satira veramente feroce oggigiorno che non sia prodotta dai soliti amici degli amici e che però non fa ridere neanche gli amici. Di poi, Caldarella ha fatto scandalo con la farse I Love Milingo esposta a Palermo in occasione della visita del Papa e che portò al sequestro di uno striscione, alla lotta per la libertà di parola, e portò al nulla come sempre in Italia, dove tutto si risolve nel titolo di un giornale, qualche minuto e tutto passa. Anche se la DIGOS può togliere il tuo pensiero scritto da una strada con le buone o con le cattive. Ecco chi è l’autore di questo libro. Ed io, confesso, ho avuto il piacere e l’onore di fare tutte queste scorribande satiriche con Giampiero. Si parla tanto, troppo di satira, ma non se ne vede in giro, non la si legge, non la si disegna. Ultimo baluardo vero è www.mamma.am, in cui c’è lo zampino che si ritrova della solita combriccola di irriducibili che vogliono seppellire il potere con uno sberleffo, che non conosce colore politico e non ha amici neanche tra gli amici degli amici. Sdisonarata Società è un atto coraggioso anche di un editore siciliano Navarra che punta per davvero ai giovani autori, che ahimè non siederà mai nel salotto di Fabio Fazio, a cui rivolgo l’invito di invitare per davvero le giovani menti italiche, piuttosto che fare tris di Ligabue, o di De Andrè che è comunque morto e che risposi in pace. Il libro è uno sfotto acido, amaro e consapevole del nostro vivere contemporaneo. Senza piagnistei e falsi martiri, ma con il gusto di vivere in un’epoca unica di contraddizioni che permettono invenzioni logico satiriche al di fuori del comune. Perché il potere più della denuncia teme la presa per il culo. Sfottere fa più male di una condanna, e questo lo dimostra anche il lavoro di Giulio Cavalli: le mafie, il potere hanno replicato in tutto, sono diventati avvocati e deputati, mai buoni scrittori di satiri e ancor meno giullari. Immaginiamoci un mafioso o un deputato che scrive un libro satirico come questo: non c’è e non ci sarà mai. E’ l’ultimo campo di battaglia che resiste a tutte le infiltrazioni e che provoca bile nell’avversario. Quindi non posso che invitare a comprare il libro di Caldarella, e invitare qualche folle direttore di testata giornalistica a far rivivere Emme, a rimettere la satira in prima pagina per davvero. Altrimenti ci rimane solo il baciamano di Berlusconi in copertina.
 
   
Sdisonorata Società di Giampiero Caldarella
Navarra editore
www.navarraeditore.it
 
Con la prefazione di Giancarlo Santalmassi, “Sdisonorata società” raccoglie oltre 60 interventi satirici di Caldarella a Radio24, in cui l’autore colpisce indistintamente l'uomo di potere e l'uomo qualunque.
 
 
Intervista di Valeria Ferrante a Gianpiero Caldarella
 
 
Credi che l’Italia sia un paese in stato di coma profondo? Sembra ormai che nessuna notizia riesca più a scuotere l’opinione pubblica di questa nazione.
Più che in coma profondo, direi che l'Italia sembra rimasta in acido, con gli occhi sbarrati e il cervello immobile. In qualche modo siamo una nazione di tossici, dipendiamo dalla più potente delle droghe sintetiche: la TV. Altro che LSD, noi siamo le allegre vittime di un'allucinazione collettiva che ha avuto la meglio sulla capacità di razionalizzare ed agire. Sì, il corpo del paese si muove, anche con frenesia, ma spesso confonde un vicolo cieco con un'autostrada, parte a tutta velocità e poi rimbalza e ricomincia la carica a testa bassa, come un toro in un'arena. È un corpo capace di reazione ma non di azione, di progettualità, di desideri autonomi e condivisibili. Eppure basterebbe fare qualche passo indietro, abbandonare l'ossessione del muro e uscire dal vicolo. Così facendo, stiamo perdendo del tutto anche il ricordo di quello che significa “opinione pubblica”, che è diventata una formula giornalistica spesso confusa o sovrapposta ad un'altra formula, quella del sondaggio. L'opinione pubblica ormai è stata quasi del tutto privatizzata e chi fa parte di una minoranza critica viene trattato da minorato, da esotico frutto di una democrazia matura. Un'anomalia, come “Fiocco di Neve”, il gorilla bianco dello zoo di Barcellona, o come il ruolo dell'intellettuale.

In tempi come questi, piuttosto bui per la verità, si dice che la satira sia l’unica risorsa possibile, tu cosa ne pensi?
La verità è già una presa per il culo. La verità, se esiste, è polifonica come la mafia. Don Ciotti di Libera ci ha insegnato che è più corretto parlare di mafie, al plurale. La verità è solo una possibile interpretazione del reale che si nutre di omissis e tende a diventare esclusiva. Dietro ogni omissis c'è una storia, una verità, un punto di vista considerato inopportuno, scomodo o marginale. La satira invece ribalta il concetto di verità. Parafrasando Vincenzo Sparagna (Il Male e Frigidaire), direi che la satira può permettersi il lusso di essere “falsa, ma non bugiarda”. I suoi falsi giornali hanno fatto storia. Quando trent'anni fa un falso Giornale di Sicilia titolava: “Ciancimino parla. Ecco nomi e cognomi di mandanti e killers degli ultimi delitti”, nessuno avrebbe scommesso una lira sul fatto che ciò sarebbe potuto accadere veramente. Passa una generazione ed ecco il patatrac. Con la satira si inventano mondi paralleli e a volte si riesce anche ad anticipare il futuro. Certo, non in modo sistematico, ma se devo dirla tutta, mi fido di più di Luttazzi che di un analista finanziario di Wall Strett. Fare a cazzotti con la verità è compito della satira, mestiere da artigiani del dubbio. Fare a cazzotti con il potere è compito della satira. I cazzotti satirici deformano il viso producendo quello che chiamiamo una risata, ma è solo un effetto, uno strumento. Diversamente dalla comicità che considera il far ridere come l'obbiettivo, la satira raggiunge il suo scopo solo se riesce a stimolare il pensiero critico. È tutto quello che le si può chiedere. Non la verità. Quella, al pari della storia, la scrivono i vincenti.

Se neppure la satira, poi, dovesse bastare, in cosa dovremmo sperare?
Forse nell'acume di Gasparri, quell'uomo ne sa una più del diavolo. Sarebbe capace di far passare anche una legge sul digitale extraterrestre. Come si dice a Palermo, per fottere un cornuto di alieno ci vuole un alienato. Oppure si può puntare su Bossi, lui potrebbe regolare con un decreto flussi anche i transiti per l'aldilà. Non mi pare giusto che agli imprenditori padani non sia riservata una corsia preferenziale per il paradiso. Oppure, più realisticamente, si può sperare nella decrescita. Guardate i Democratici di Sinistra che sono diventati Democratici senza sinistra o Forza Italia che sta per diventare Italia senza forza. A forza di perdere pezzi di parole, i due grandi partiti del paese potrebbero ritrovarsi “incricchiati” in una sorte di Dem-Ita (leggasi De Mita), che suona molto da prima repubblica. Fantastico, come ritrovarsi un Berlusconi cinquantenne. Una Scapagninata.

Leggendo il tuo libro mi è venuto da pensare alla comicità cinica, spietata dei due registi palermitani Daniele Ciprì e Franco Maresco. Anche con loro si ride, pur sapendo che non c’è via di scampo. Così la risata diventa perturbante quasi come quella di un folle, perché la realtà, in cui viviamo e che ci viene mostrata, è davvero, per dirla con le parole dei due cineasti, “ai confini della pietà”. Qual è la tua opinione?
Del lavoro di Ciprì e Maresco penso che sia quanto di meglio il cinema e la tv abbiano saputo esprimere in Italia negli ultimi vent'anni. Non fanno sconti, è vero, sono spietati, ma non riesco a vedere cinismo nelle loro produzioni, semmai il posto d'onore è riservato alla poesia. Si finisce per diventare complici dei loro personaggi. Loro contrastano con efficacia la tendenza sinistra del radical-chic opponendo ad essa tutto ciò che l'umanità ha cercato di rimuovere dalla propria vista: la deformità, la povertà, la logica della sopravvivenza bruta. In qualche modo sono radical-choc. Riescono persino a ribaltare la prospettiva di Nietzsche proponendo un superuomo immobile, silenzioso, ma che sa far gridare la pancia così forte da spaccare i timpani. La loro grandezza, a mio avviso, sta nel comunicare allo spettatore che non solo Paviglianiti esiste, ma esiste in ognuno di noi. In questo senso hai ragione, la loro risata riesce ad essere perturbante, perlomeno quanto può essere perturbante uno specchio.
 
La comicità siciliana è dunque nera, tende a sbatterti l’evidenza del degrado: politico, sociale, etico, quasi inchiodandoti. In alcuni casi si è spinta tanto oltre che qualcuno davvero se l’è presa a male, come nel caso del mafioso Tano Badalamenti, mandante dell’omicidio di Peppino Impastato. Sono queste le reazioni che ci si potrebbero aspettare da un’efficace satira?
A volte anche un proiettile può essere interpretato come un premio alla carriera. E i premi quando arrivano arrivano. C'è poco da fare. Non si lavora certo per quelli. Certo è che i mafiosi e i potentati siculi non sopportano di essere presi in giro, di essere sbeffeggiati. Quando col primo numero di Pizzino abbiamo lanciato il Pizzo-Day, ho notato che c'erano librerie che non appendevano il poster o cercavano di nascondere le copie, come se da un momento all'altro dovesse entrare l'esattore e prendersela con loro per questo sfottò. O quando distribuivamo Pizzino nei quartieri popolari di Palermo con il volto di Provenzano stampato su uno zerbino. Lì qualcuno ci ha anche tirato le copie in faccia, dato che eravamo colpevoli di lesa maestà. Poi ci hanno anche scassato l'ufficio, rubandoci computer e archivio nel 2008. Insomma, di cose ne sono successe, ma nulla di tragico. Poteva finire peggio. Il mio incubo ricorrente è quello di fare il portavoce di Cracolici. Anche quello è un rischio, o no? 

Anche tu hai avuto la possibilità di lavorare in Radio, come Peppino Impastato, mi piacerebbe che mi raccontassi di questa esperienza?
Ho avuto fortuna ad iniziare su un'emittente nazionale come Radio 24 ed essere seguito passo passo da un maestro come Giancarlo Santalmassi. La satira è anche un gioco, non bisogna dimenticarlo, e scoprire che si può giocare anche con la voce è stato illuminante. Le parole si deformano quando vengono pronunciate, prendono sensi ulteriori che la scrittura non riesce a contenere, è un po' come passare dal cinema muto al sonoro. Conoscere il mestiere è necessario ma senza una forte dose di passione non si va da nessuna parte. Quello che oggi mi piacerebbe ascoltare in radio è una trasmissione condotta dai sindaci meno amati d'Italia: Cammarata e la Jervolino. Il titolo potrebbe essere: “Io ti amo. Tu come vuoi fare, fai”. Sarebbe un successone!

Nonostante la società sia "sdisonorata" bisogna comunque andare avanti, in fin dei conti neppure tu sei riuscito nell’intento di procurarti "un’ulcera", con la satira, o no?
In realtà non ho ancora visto i risultati delle analisi fatte qualche tempo fa presso la clinica Santa Teresa dell'ingegnere Aiello. La fattura è in allegato. Forse per questo non ho aperto la busta. Se l'avessi fatto, avrei sì rischiato un'ulcera. Non è facile raddrizzare un circolo vizioso. Magari con le geometrie della satira....

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares




Ultimi commenti