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Scriviamo insieme una storia nuova di libertà, non dimentichiamo: uniamo le voci e rompiamo il mutismo della cultura violenta

Noi siamo la nostra memoria,
noi siamo questo museo chimerico

di forme incostanti,
questo mucchio di specchi rotti
.
Jorge Luis Borges

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Panchina rossa a Villa Elisa, La PLata, Buenos Aires.jpg
Panchina rossa a Villa Elisa, La PLata, Buenos Aires, 2023

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne è una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la Risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999 in cui si precisa che per violenza contro le donne si intende:

 "qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata”.

Nello stesso giorno, il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana, furono uccise tre attiviste, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa), las mariposas, per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Mentre si recavano a far visita ai mariti in prigione, furono sequestrate da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte nelle vicinanze in un luogo nascosto furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un burrone, a bordo della loro auto, per simulare un incidente. Ne sopravvisse una che si occupò dei nipoti orfani per tutta la vita. Un moto di orrore fu sollevato sia in patria che all’estero, ponendo l’attenzione internazionale sul regime dominicano e sulla cultura machista che non accettava di riconoscere alle donne l’occupazione di uno spazio pubblico e politico. Pochi mesi dopo il loro omicidio, Trujillo fu ucciso e il regime cadde. 

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Su un muro in Francia: "Cosa desideri per Natale?" "Che mamma sia viva"
Rue René Leynaud (Lyon) - inscription "

Nel 1981, nel primo incontro femminista latinoamericano e caraibico che ebbe luogo a Bogotá, in Colombia, si decise di celebrare la Giornata internazionale della violenza contro le donne il 25 novembre in memoria delle sorelle Mirabal.

Il tema della violenza sulle donne ci riguarda tutti, come cittadini, come fratelli, sorelle, figli e figlie, mogli, mariti, genitori. Oggi non si tratta di promuovere l’idealizzazione della donna e non si tratta di difendere posizioni ideologiche. Riteniamo che i recenti fatti di cronaca rendano urgente un approccio sistemico grazie al quale ogni organismo, ogni istituzione e ciascuno di noi esprima la propria voce e faccia la sua parte per garantire nella nostra società il rispetto e tutela della dignità di tutte le persone.

La dignità è il diritto di ogni persona ad essere rispettata per sé stessa. Ci si riferisce al valore intrinseco dell'esistenza umana che ogni uomo e ogni donna – in quanto persona – è consapevole di rappresentare nei propri principî morali, nella necessità di liberamente mantenerli per sé stesso e per gli altri e di tutelarli nei confronti di chi non li rispetta.

Il rispetto è dunque il valore fondante dell’etica e favorire un ambiente rispettoso è responsabilità di ognuno di noi.

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Mural a Polanco, Città del Messico, México
Mural a Polanco, Città del Messico, México

Il nostro ordinamento giuridico è stato permeato dalla disparità di genere, il cammino per intaccare il dominio autocratico maschile è stato lungo ma è necessario un approccio integrato per smantellare i residui che ancora popolano l’immaginario collettivo. In Italia, la figura del capofamiglia (breadwinner), infatti, esercitava la completa potestà sulla moglie che era obbligata a chiedergli autorizzazione per ogni necessità; la legge riconosceva il diritto dell'uomo di “educare e correggere moglie e figli” anche con la forza, vigeva infatti lo jus corrigendi che venne abolito solo nel 1956 . Paola Cortellesi ce ne offre uno spaccato nel film “C’è ancora domani”, illustrandoci quanto fosse nel costume, dunque perfettamente normale, che il marito Ivano correggesse la moglie Dora con le percosse. Nell’interno romano descritto, il suocero istruisce il figlio maschio su come e quando infliggere alla donna la punizione corporale dovuta.

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Priyanka Padghan, 2022, "Prioritize your mental health"
Priyanka Padghan, 2022, "Prioritize your mental health"

Nonostante la crescente sensibilità della gravità del fenomeno, la violenza sulle donne, nelle varie forme in cui si manifesta, dalla quella fisica, sessuale, a quella psicologica o anche economica, non si ha ancora piena consapevolezza sul fatto che costituisce un crimine. Oltre all’aggressione verbale e fisica, il maltrattamento delle donne si configura come oppressione strutturale, ovvero trasversale, investendo più dimensioni, non solo quella privata e domestica ma anche quella lavorativa; si traduce in una capillare condotta abusante che costringe la donna alla subordinazione, annichilisce la persona, le sottrae ogni certezza, le strappa la gioia o persino la voglia di vivere. Si manifesta di fatto attraverso tutte le sfumature di sopraffazione sociale: misoginia, sessismo, femminilizzazione della povertà. La definizione più condivisa è: segregazione sistemica, orizzontale e verticale. Nel mercato del lavoro, queesta si riferisce ai ruoli: le donne si ritrovano spesso confinate in tipologie occupazionali ristrette rispetto agli uomini (segregazione orizzontale) e ai livelli di responsabilità inferiori (segregazione verticale).

Altra espressione dello schiacciamento ai danni dellla donna è la ri-vittimizzazione quando le si giudica corresponsabili dei trattamenti loro inflitti (victim blaming). Il presupposto poggia sulla convinzione che evitando determinati comportamenti si possa sfuggire alla provocazione e sottrarsi così alla violenza. Tale posizione sposta indebitamente l’attenzione della responsabilità sulla vittima anziché mettere pienamente in discussione la condotta del perpetratore. «E non è colpa mia / né di dove ero / né di cosa indossavo: lo stupratore sei tu» recita così l’inno delle donne cilene “Un violador en tu camino” (“Uno stupratore sul tuo cammino”) contro lo stigma delle vittime e la discriminazione sociale, una performance collettiva che nel si è presto diffusa in tutto il mondo.

Ricordiamo che in Italia la donna acquisisce capacità giuridica solo nel 1919 con la Legge n. 1176, quando il 17 luglio viene abrogato l’istituto dell’autorizzazione maritale e stabilita l’ammissione delle donne, «a pari titolo degli uomini», all’esercizio delle professioni e agli impieghi pubblici, con alcune eccezioni. 23 giorni dopo, il 10 agosto 1919, l’Italia conosce la prima avvocata della storia, Elisa Comani, iscritta presso il Foro di Ancona. Tuttavia, la legge consentirà alle donne l’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive solo nel 1948, grazie all’art. 50 della Costituzione.

Per quanto controverso, il termine “patriarcato” quando è riferito alla cultura italiana risulta pertinente, in quanto relativo alla forma di organizzazione della società evidentemente basata sulla disuguaglianza di genere. Secondo tale sistema, agli uomini viene assegnato un ruolo di predominanza. È innegabile che, tradizionalmente, la nostra società è stata strutturata in modo tale che la proprietà, la residenza e la discendenza, così come il processo decisionale riguardante la maggior parte dei settori della vita familiare e pubblica, sono stati di esclusivo appannaggio degli uomini.

Vale la pena sottolineare che è solo a partire dagli anni ‘70 che l’emancipazione della donna fissa dei passaggi fondamentali: nel 1969 viene dichiarato incostituzionale l'articolo 559 del codice penale che puniva unicamente l'adulterio della moglie; vengono varate la legge sul divorzio (L. 898/1970) e sull’interruzione volontaria di gravidanza (L. 194/1978) che restituiscono alla donna la libertà di scelta. Con la riforma del diritto di famiglia nel 1975 si ridisegna il modello di famiglia, da gerarchicamente strutturata a paritaria.

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Josep Lluís, 2021, Mural Valencia, Spagna
Mural-violencia-contra-dones-Pego-Valencia.jpg

Fino a 40 anni fa, il Codice Penale ancora contemplava, per esempio, l’attenuante dell’offesa all’onore (art. 587 c.p.). É con la Legge n. 442 del 5 agosto 1981 viene abrogata “la rilevanza penale della causa d’onore”: si tratta di un data storica poiché il legislatore cancellava quanto previsto dal codice Rocco, che negli art. 544 e il 587 del Codice Penale normava su “matrimonio riparatorio” e sul “delitto d’onore”, prevedendo l’estinzione della pena per la violenza sessuale, se seguita da nozze e pene ridotte per l’omicidio commesso “in stato d’ira”, nei confronti della moglie, della figlia e della sorella, a seguito di “illegittima relazione carnale”. Fino al 1981, la legge prevedeva infatti pene irrisorie per i delitti d’onore perché la violenza sessuale era considerata un reato contro la morale e non contro la persona.

Bisognerà attendere il 1996, dopo gli echi del caso del Circeo, perché lo stupro sia inserito tra i reati contro la persona e non come reato contro il buon costume (L. n. 66, nel dettare nuove “Norme sulla violenza sessuale”, trasferiva questo reato dal Titolo IX - Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume del codice penale al Titolo XII - Dei delitti contro la persona).

La “cultura dello stupro” si manifesta in violenze a sfondo sessuale che assumono forme dai commenti di tipo sessuale (cat calling), ai palpeggiamenti e comprende la giustificazione, la minimizzazione di tali molestie. Il sessismo è l’atteggiamento discriminatorio basato su stereotipi che si esprimono in modi di dire, battute che discriminano, umiliano e emarginano.

La prima donna che ebbe la forza di opporsi a un matrimonio riparatore fu Franca Viola, appena diciasettenne, che denunciò Filippo Melodia, condannato poi a 11 anni di carcere nel 1966. Nel 1968, grazie al supporto della famiglia che sfidò le logiche arcaiche del disonore, si sposò per amore ed ebbe 3 figli. L’8 marzo del 2014 il presidente Giorgio Napolitano le ha conferito l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.

Nonostante oggi quelle leggi non esistano più, l'immaginario che le alimentava non è stato decontaminato, se ne paga ancora il retaggio. Di fronte ai feroci delitti cui assistiamo quasi ogni giorno, si invocano un inasprimento delle sanzioni e la certezza della pena; oltre alla repressione e alla deterrenza riteniamo altrettanto cruciali le azioni sociali e culturali, le iniziative di riflessione nelle scuole e nelle università.

In tema di contrasto alla violenza di genere, vale la pena aggiungere a questa nostra analisi la normativa anti-stalking, emanata nel 2013, con la ratifica della Convenzione di Istanbul (2011), considerata il trattato internazionale di più ampia portata in materia, e la conversione in Legge del Decreto n. 93/2013 (L. 15 ottobre 2013, n. 119).

Siamo convinti che la sinergia di interventi mirati sia improcrastinabile dove ogni organismo è chiamato a un contributo fattivo per consolidare la cultura del rispetto (dagli sportelli di ascolto e di denuncia, ai presidi anti-violenza, alle case-rifugio, all’attivazione di linee telefoniche dedicate, all’assistenza con personale specializzato, dall’istituzionalizzazione dei Centri anti-violenza esistenti, alle attività dei Cug nelle aziende), contestualmente a iniziative sociali, artistiche, culturali e eventi formativi diretti sia a “professionalizzare” le forze di polizia, gli operatori sanitari, che a sensibilizzare studenti e lavoratori, affinché la nostra società tutta acquisisca la capacità di identificazione del problema, affinché si possa agire in modo preventivo, educandoci alla cultura di parità, alla cultura del rispetto e della salute mentale.

Onorare le donne ferite a morte ci impone di non dimenticare e di cucire un nuovo presente, liberandoci dei residui tossici per costruire una società accoglienteinclusiva, non violenta e libera.

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