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Scafisti gettavano immigrati in mare: “sacrifici per placare le divinità”

Emergono altri particolari riguardo gli scafisti che ad agosto condussero a Lampedusa su un peschereccio circa 360 persone. Erano stati trovati anche numerosi cadaveri, stipati nella stiva, morti presumibilmente per asfissia.

Dalle decine di testimonianze raccolte durante le indagini dal procuratore aggiunto della Repubblica di Agrigento, Ignazio Fonzo, e dal sostituto procuratore Andrea Bianchi si viene a sapere che sul barcone, durante la traversata, ci furono violenze, stupri e uccisioni per motivazioni tribali e religiose.

L’imbarcazione si era fermata per un guasto e alcuni ghanesi avevano tirato fuori del cibo, prima tenuto nascosto. Gli scafisti, capeggiati da un nigeriano, hanno iniziato a compiere dei rituali e a pregare. Sostenendo poi, grazie a queste invocazioni, di aver individuato chi aveva portato l’influsso malefico causa a loro dire dell’avaria. Un ghanese era stato legato e condotto nella stiva per circa 6 ore. Picchiato, quindi ricondotto sul ponte e gettato in mare, sempre legato, affogando tra i flutti. Proprio come sacrificio per placare gli dei, secondo gli scafisti. Anche altre persone, durante la traversata, sono state buttate in mare.

Secondo un’altra versione gli africani al comando avrebbero gettato in mare una decina di uomini vivi, legati mani e piedi, sempre perché ritenuti portatori di un influsso negativo. Anche una donna incinta al sesto mese, col figlioletto di due anni, sarebbero stati buttati nelle acque perché il piccolo piangeva a causa della fame e della sete.

Un’altra testimonianza parla di alcune donne che compivano riti, al termine dei quali ogni giorno venivano gettate in acqua altre tre o quattro persone. Particolarmente accaniti gli scontri tra centrafricani (ghanesi e nigeriani) e maghrebini.

Arrestate cinque persone con l’accusa di omicidio plurimo doloso, pluriaggravato per motivi abietti e futuli. Tre ghanesi, Adama Mohamed, Faisal Igala e Kujo Ahmokugo, ghanesi. E due nigeriani, Emeka Ohalete e Douglass Ounchukwu. Erano ospitati per motivi umanitari in un albergo ad Enna e nel centro di accoglienza di Palinuro, dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno per asilo politico. Altri tre sarebbero ricercati per gli stessi reati.

(Valentino Salvatore)

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