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Russia-Europa: il vero scontro è tra progetti politici contrapposti

Un elemento sembra sfuggire alle riflessioni attuali attorno alla guerra in Ucraina che vedono contrapporsi i sostenitori di punti di vista diversi. Gli uni che attribuiscono ogni responsabilità all'aggressività russa e gli altri che vedono nell'espansionismo a est della Nato il motivo primo del conflitto.

Gli Stati Uniti dal 2016, con l'elezione di Trump, hanno messo in campo una sostanziale indifferenza per le questioni legate al confine orientale dell'Europa, tanto quanto per quelle mediorientali.
 
E per quattro anni hanno proseguito su questa strada, concentrandosi sul problema centrale del futuro: quello della contrapposizione in Asia.
Non sembra che Biden abbia cambiato strategia in questo suo primo anno di mandato, finendo con il fare la nota figuraccia del ritiro dall'Afghanistan. Il vecchio problema del confronto con il mondo islamico post 11 settembre che sembra ormai una ferita superata per gli Stati Uniti.
 
Il problema, per gli Usa ormai da tempo è la Cina, non più l'Islam. E soprattutto non la Russia.
 
Ben diversi gli sviluppi della politica russa che, in perfetta sintonia con l'ideologia eurasiatista, ha tentato in ogni modo di boicottare il progetto di unificazione europea, finanziando e appoggiando mediaticamente i movimenti sovranisti e antieuropei dell'estrema destra, trovando simpatia anche, in alcuni casi, in ambienti di estrema sinistra. E trovando, su questo, una notevole convergenza con il trumpismo.
 
Il fenomeno del rossobrunismo si è alimentato in maniera esponenziale negli anni dell'accoppiata Trump-Putin e dei loro ideologi Bannon-Dugin. Con ripetuti attacchi anche al papato di Bergoglio attraverso le frange più reazionarie e tradizionaliste della Chiesa.
 
La sconfitta di Trump alle ultime elezioni e la situazione di emergenza da covid, con un nuovo ruolo dell'Unione, diventata improvvisamente capace di elargire finanziamenti a fondo perduto e prestiti a tassi irrisori - e per questo derubricata velocemente da matrigna a madre premurosa - hanno bruscamente frenato il programma antieuropeo dei vari sovranisti locali, indotti a più miti consigli. Il vento aveva cominciato a spirare da un altro quadrante e chi voleva rincorrere il voto doveva riposizionarsi velocemente.
 
Se l'America guarda all'Estremo Oriente e l'Europa è tutta concentrata a riprendersi dalla crisi sanitaria ed economica, frenando le residue velleità nazionalistiche, quale problema reale può presentare una ventilata, ma molto vaga, adesione dell'Ucraina alla UE o alla Nato?
 
Ripetutamente è stato detto che la questione "non è in agenda", a conferma che le priorità sia americane che europee sono altre.
 
Se il pericolo atlantista, dato da Putin come imminente, è nei fatti ben di là da venire, quali ragioni possono mai esserci per la brutale invasione di uno stato sovrano, con il suo corredo di morte e distruzione, in puro stile anni Settanta?
 
Poteva essere comprensibile l'assedio russo, la concentrazione militare ai confini, per dissuadere i governanti ucraini dal procedere nella direzione della richiesta di adesione alla Nato. Adesione che peraltro richiede l'accettazione unanime, secondo l'art. 10 del Trattato di Washington, dei paesi membri, alcuni dei quali (Germania, Francia, Italia) già da anni hanno espresso palesi perplessità in merito.
 
Ma se la deterrenza poteva essere, forse, comprensibile per contrastare un ulteriore, ipotetico, allargamento a est dell'Alleanza atlantica, che senso può avere una guerra di questa portata pericolosissima nel cuore dell'Europa?

L'attacco all'Ucraina rivela, in questa lettura, la sua finalità di aggressione antieuropea, più che genericamente antioccidentale. La questione della Nato e del suo precedente allargamento a est si rivela al contrario un argomento alquanto fallace. Quantomeno debole.
 
(Piccola nota a margine: la Nato si è allargata a est fino a comprendere i paesi che, dopo la guerra, furono occupati dall'Armata rossa, ma nessuno dei paesi aderenti all'URSS prima del secondo conflitto mondiale è mai stato accettato nella Nato, finora. Mentre la prassi consolidata di Mosca è di considerare le ex repubbliche dell'URSS come cosa propria, sorvolando sulle dichiarazioni di indipendenza concordate nel 1991).
 
Sembra essere invece l'indebolimento dell'Europa il vero obiettivo di Putin.
L'indebolimento di un progetto che è il contrario esatto di quello immaginato e inseguito da Putin: l'Eurasia da Lisbona a Vladivostock, imperniata sulla centralità di Mosca.
 
Questo spiegherebbe la reazione estremamente dura dell'Unione Europea, molto al di là di quanto ci si aspettasse. Così come spiegherebbe anche i toni più che moderati di Washington, palesemente restia a scendere di nuovo in campo per difendere quei lontani slavi chiamati ucraini. I confini orientali del continente interessano poco a Washington. Non siamo più nell'epoca del confronto Nato-Patto di Varsavia, anche se proprio quel confronto viene invocato per decifrare i fatti di cronaca.
 
Forse Putin cercava di allargare la sua sfera d'influenza senza trovare gli ostacoli che invece ha trovato. Forse cercava di avere gioco facile nel frantumare il fronte europeo, contando sugli interessi contrapposti dei paesi membri (quelli mediterranei disinteressati alle problematiche dell'est europeo, le economie tedesche e italiane molto dipendenti dal gas russo a differenza di quella francese, la compattezza militare, già fragile, ulteriormente indebolita dalla Brexit, eccetera). Con la possibilità, inoltre, di sfruttare il prevedibile tentennamento dei politici e dei banchieri, di solito molto più attenti alla salvaguardia della propria economia che alle tematiche di politica internazionale. Forse sperava che, con l'uscita di Amgela Merkel dall'agone politico e con le presidenziali francesi ormai prossime, i nuovi leader europei fossero più deboli. Forse addirittura imapuriti di fronte allo spiegamento di forze messo in campo.
 
Quando perfino la Svizzera, rompendo la sua proverbiale neutralità, ha accettato di contribuire alle sanzioni economiche contro la Russia si è capito che la cosa stava prendendo una nuova piega.
 
Forse Putin ha solo sbagliato i calcoli o forse a Bruxelles hanno capito qual era in realtà la posta in gioco vera. Forse i leader non sono pavidi. Sta di fatto che l'Unione Europea ha tirato fuori una grinta inaspettata e con le sanzioni ha aggredito la fragile economia russa. Spingendosi poi anche all'approvazione, per la prima volta nella sua storia, di forniture militari a un paese in guerra.
 
Forse anche i russi hanno capito l'aria che tira se hanno accettato un primo incontro con una delegazione ucraina. Forse, è una speranza che tutti noi coltiviamo con forza, Putin sta già cercando, pur mostrando i muscoli in maniera sempre più vigorosa, una via d'uscita che gli permetta di salvare la faccia e di giustificare ai suoi cittadini le migliaia di bare che sta riportando a casa. Forse - è un augurio più che una previsione - Putin è già stato fermato dalla risposta forte che ha trovato e sta cercando il modo di fare una retromarcia dignitosa prima che tutto precipiti.
Forse.

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