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Riforma Gelmini: ragionevoli Speranze

Fra pochi giorni io e milioni di altri miei coetanei sparsi nei migliaia istituti italiani ci accingeremo a frequentare gli ultimi sette mesi di scuola superiore che si concluderanno con "il dessert" dell'esame di Maturità.

Inutile dire come questa intensa esperienza scolastica sia letteralmente "volata via" anche per me medesimo che dovrebbe essere già universitario/lavoratore/annosabbatista/nullatenente ma che per motivi che è bene lasciare al passato sono ancora qui a dibattermi tra equazioni razionali/irrazionali, Leopardi, Pascoli e cara compagnia.

Fortunatamente ho già organizzato da tempo il mio futuro da post-liceale evitando ansie e malumori dell'ultima ora.

Con molte aspettative e molto entusiasmo mi iscriverò alla facoltà di scienze politiche, studi internazionali ed europei dell'Ateneo di Padova.

Anch'io fra tanti entrerò così nel misterioso, affascinante, "religioso" mondo universitario dove ci si dovrà mettere in gioco solo ed esclusivamente con se stessi, senza alcuna intermediazione, dove conta solo quello che potrai e dovrai fare tu.

Un mondo che vive di questi tempi profondi "mal di pancia" ed incertezze circa il proprio futuro dopo l'approvazione definitiva del 30 dicembre 2010 (con la firma del Capo dello Stato Giorgio Napolitano) della Riforma Gelmini tesa ad una riorganizzazione generale ed approfondita del sistema universitario nazionale.

Contrasto al baronato, razionalizzazione dei corsi di studi, meritocrazia sono le parole maggiormente usate dal Ministro promotore e dalle personalità favorevoli alla Riforma; attacco all'autonomia dell'ateneo con l'ingresso nei consiglio di amministrazione dei privati, Riforma "volubile" per la vera o presunta mancanza di copertura finanziaria, precariato ed incertezza "cronica" dei ricercatori, invece, quelle espresse dai detrattori.

Francamente devo dire che le personalità competenti in materia hanno fatto poco per spiegarci i contenuti della Riforma in maniera critica ed obiettiva (come dovrebbe essere per una legge di interesse nazionale, di tutti) preferendo cedere ad inutili dietrologie politiche, sia dall'una che dall'altra "parte".

Spulciando, però, le ottanta pagine del Ddl (scaricabile sul sito del Miur) ho potuto osservare alcune importanti novità che verranno introdotte integralmente con l'inizio del prossimo Anno Scolastico 2011-2012.

Innanzitutto si è finalmente dato concretezza ai continui propositi di razionalizzazione dei corsi di studi dei singoli Atenei, ciascuno dei quali potrà avere all'interno della propria offerta un massimo di 12 facoltà.

Credo sia un provvedimento ragionevole soprattutto in questi ultimi anni nei quali sono letteralmente proliferati duplicazioni di corsi "tradizionali" dalle tipologie più disparate all'interno degli stessi curricula (i vari rami che diversificano l'offerta formativa all'interno della facoltà scelta di riferimento) dove vi era un unico studente, generando così situazioni di dispendio di risorse umane ed economiche che potevano essere "incanalate" nei corsi con maggiore frequenza di studenti all'interno dello stesso ambito di studio e, naturalmente nel medesimo Ateneo scelto.

Parallelamente a questa prima introduzione viene sancita la possibilità (caldamente consigliata) di attuare delle relazioni tra Atenei con l'obiettivo di confrontare e di progettare delle strategie comuni utili ad un miglioramento dell'organizzazione dell'offerta formativa e, come precedentemente indicato una maggiore razionalizzazione dei costi.

Viene potenziata la struttura e l'organizzazione dell'Anvur (Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), ente istituito nel 2006 dal precedente Ministro dell'Università Fabio Mussi che ha la funzione di saggiare la qualità e l'efficenza dell'Ateneo in base alla qualità dello didattica offerta agli studenti. L'Anvur agirà in cooperazione con il Miur per selezionare le realtà meritevoli di maggiori finanziamenti e chi invece "letteralmente" merita di aver ridotto i propri per non aver ottemperato agli obiettivi precedentemente prospettati.

E già queste prime significative mosse consentirebbero agli atenei di recuperare un importante quantità di fondi.

In linea con quanto riportato poc'anzi viene, inoltre, attuata una netta distizione all'interno dell'organigramma dell'Ateneo tra Senato Accademico e Consiglio di Amministrazione; il primo si occuperà di provvedimenti di carattere propriamente scientifico, il secondo (integrato da un 40% di personalità esterne provenienti dal mondo produttivo) di gestione economica.

Io credo che una sinergia ed un confronto tra pubblico e privato, tra Senato Accademico e Cda potrà portare molti benefici all'interno dei singoli Atenei. L'una supplisce all'altra e viceversa.

Entriamo nella spinosa questione dei ricercatori, così tanto e violentemente osteggiata dai critici della Riforma; viene introdotto il meccanismo di selezione nazionale per accedere all'associazionismo e all'ordinariato per il quale si viene assunti con contratto a tempo determinato un primo periodo di sei anni (3+3) nei quali se il ricercatore dimostrerà competenza ed abilità e verrà quindi dichiarato idoneo verrà assunto in pianta stabile. Qualora ci fosse un esito contrario il rapporto con quell'Università terminerebbe definitivamente maturando, però, dei crediti utili per l'accesso ai concorsi pubblici.

Viene anche abbassata l'età in cui i docenti entrano di ruolo; da 36 a 30 anni con un stipendio oscillabile tra i 2000 e i 2450 euro a fronte dei 1200 attuali.

Nel pieno della mia riflessione non posso non parlare della questione del "baronato" che tanti danni ha causato al sistema universitario italiano. Gli stessi docenti ordinari prima menzionati dovranno andare in pensione a 70 anni mentre quelli associati a 68. I rettori dovranno (e sottolineo dovranno) andare in pensione a 68 anni (contro i 70-72 attuali) e potranno rimanere in carica per un periodo massimo di otto anni non rinnovabili e potranno essere sfiduciati dal Senato Accademico con i 3/4 dei suoi componenti nei casi di malgestione dell'Ateneo. Viene, inoltre, stabilito il divieto di assunzione per docenti che abbiano un rapporto di parentela di 4 grado con il professore che apre il bando di concorso.

E' chiaro come l'Università Italiana potrà godere a pieno di queste innovazioni dopo alcuni anni di "rodaggio", di assimiliazione dei provvedimenti assunti. Dovrà emergere in "alcuni" una diversa mentalità, obiettiva, proiettata verso un modo di fare "scuola" moderno, non legato alle direttive protogentiliane degli anni '20 del secolo scorso.

Un modo di fare "scuola" dove vige il sacro principio della meritocrazia, dove viene premiato chi si impegna e lavora e viene scartato chi scalda il "mobile" o si protegge sotto "l'ombrello" di qualche entità "misteriosa" (a cui ho dato precedentemente ampio spazio).

Certamente la Riforma Gelmini non risolve totalmente anni e anni di malfunzionamento e di malgestione del sistema universitario nazionale; tuttavia credo sia un buon inizio, il modo per rompere il ghiaccio e iniziare a recuperare il tempo perduto riportando il sistema formativo italiano ai livelli mondiali che merita.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.51) 7 gennaio 2011 17:57

    ehi, ma dei 26.000 ricercatori a tempo indeterminato oggi in essere, che coprono un terzo della didattica, ti sei dimenticato?
    kutuzov

  • Di (---.---.---.121) 7 gennaio 2011 20:52

    Accentratrice, pauperizzante, superflua, demagogica, punitiva, antistudentesca. Si può continuare a lungo ad elencare i difetti della legge sull’Università promossa e difesa a spada tratta dal governo Berlusconi. Una riformetta, in realtà, che cambierà poco nella vita universitaria: ma per quel poco contribuirà molto all’affossamento dell’istruzione superiore.

  • Di GIACOMO (---.---.---.170) 7 gennaio 2011 22:00

    Kutuzov ti ringrazio per la sottolineatura a cui ti rispondo riportando le previsioni contenute nel Ddl Gelmini (consultabile sul sito del Miur): sono previsti 4500 passaggi di ricercatori ad associati in tre anni.
    Putroppo i ricercatori pagano anni e anni di gestione scellerata delle assunzioni dove entravano "cani e porci e pure scrofe" penalizzando chi veramente meritava in base alle proprie competenze ed abilità.
    Mi duole dirlo (perchè ho un fratello che sta effettuando il phd come ricercatore ospedaliero a Londra e tu credo immagini come preferisca vederlo lavorare qui vicino) ma occorreva fare anche delle "manovre" impopolari e dure nell’immediato. E’ chiaro come le migliorie e gli effetti positivi della Riforma si potranno "vedere" nel medio e lungo periodo. Occorreva però un drastico "cambio di rotta".

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