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Riflessioni sulla democrazia – Democrazia e ingiustizia I°

La democrazia liberale dei paesi ricchi di questo mondo è una cosa molto bella. Molto comoda. Infatti ci sono tante persone che emigrano dai paesi poveri e dittatoriali verso i ricchi e democratici. Tanti lo fanno per avere più soldi, più roba e più sicurezza. Ma sono forse altrettanti quelli come me che emigrano per godere di questa bella libertà. Sono andato via dal mio paese con il mito del "mondo libero" e ci sono approdato in questo "mondo libero" e me la godo tutta questa libertà (anche scrivendo queste cose), come "l’immigrato medio" che si gode la macchina nuova comprata con i primi risparmi o con il primo mutuo.

Ma così come chi si svena per fare bella figura con il macchinone e si rende conto che in fin dei conti non gli cambia poi tanto la vita, io più ci vivo e più mi rendo conto che in fin dei conti la libertà delle democrazie ricche e potenti così come i loro soldi, le loro belle macchine, le loro belle case... è soltanto un miraggio, uno specchio per le allodole.

Qualche anno fa le forze armate statunitensi in testa ad una coalizione più o meno ampia sbarcavano in Afghanistan e poi in Iraq con una missione: portare la democrazia. E non pochi ci sono cascati, soprattutto nel caso dell’Afghanistan. “Sì!” - hanno detto in tanti - “si può portare la democrazia con le armi, con le bombe a grappolo, con le bombe all’uranio impoverito o arricchito, con le bombe al fosforo bianco”. Tanti hanno detto che non è questo il modo per esportare la democrazia.

Qualche ONG ha anche messo in atto queste parole e ha sparso attraverso il mondo le scuole per la democrazia. È il “come farlo” che è oggetto delle più accese polemiche, non l’esportazione stessa della democrazia. Sul fatto che i paesi ricchi e potenti del mondo abbiano da insegnare qualcosa ai più poveri sono pochi i scettici.
Addirittura, il Signor Francis Fukuyama, nel 1992, in un suo saggio di successo intitolato “The End of History and the Last Man”) dichiara che è "la fine della storia" e che l’umanità ha scoperto nel binomio liberalismo economico e democrazia elettorale il modello ideale, quello verso il quale l’umanità si è sempre spinta attraverso il suo percorso storico. 

Le domande sulle quali mi propongo di intervenire in questa mia piccola riflessione (senza nessuna pretesa di ricerca scientifica o filosofica accurata) sono quindi: uno, è vero che il modello democratico liberale è il migliore che abbia mai inventato l’essere umano? Due, è vero che questo modello potrebbe essere applicabile in tutti i paesi del pianeta?

L’unico punto sul quale concordo è sulla probabilità della fine della storia. Potrebbe essere sì la fine della storia, questa. Ma perché questo sistema, se ci ostiniamo ad applicarlo e a volerlo generalizzare, mi sembra quello giusto per ammazzare il pianeta e tutti noi insieme

La democrazia liberale comincia con la rivoluzione industriale e quindi anche con il colonialismo. I primi parlamenti cominciano a funzionare pienamente soltanto quando le ricchezze tratte dalle colonie (fonti di materie prime, di schiavi e mercato esclusivo) hanno permesso di mantenere la classe popolare dei paesi industrializzati sopra un certo livello di vita. Benessere contro pace sociale. Questa è la formula magica che ha permesso di costruire un sistema basato su una larga libertà d’opinione ma che non arriva mai poi ad un vero e proprio cambio di classe dirigente. C’è troppo da perdere: la paga buona, la casa, i bei vestiti e il buon cibo, riscaldamento e luce, acqua calda, cosmetici vari, aggeggi elettronici di tutti i generi e poi l’abbonamento a Sky! Ci pensate alla vita senza il telefonino e l’abbonamento Sky?

La Francia (Madre dei diritti umani!) era la bella democrazia che era soltanto perché in Algeria c’era mio nonno a sgobbare gratis. Così la Gran Bretagna e gli Stati Uniti…

L’umanesimo della democrazia liberale (tenete conto che non parlo né di occidente né di oriente, né di Nord né di sud ma soltanto di sistemi) è un umanesimo circoscritto. C’è sempre una frontiera, una montagna, un fiume, un muro, una razza, una bandiera o una barriera di filo spinato oltre il quale non vale più e questa barriera si è fatta sempre più netta. Oggi, la differenza tra ricchi e poveri si è aggravata molto, fino ad arrivare ad una popolazione uguale a circa il 20% del totale degli abitanti della terra che consuma 80 % delle risorse disponibili su questo stesso pianeta. Ma, se una volta questa frontiera passava netta tra il “primo” e il “terzo mondo”, nazioni ricche e potenti e nazioni povere e sottomesse. Nei tempi odierni non è più così. Le frontiere nazionali servono soltanto a limitare la mobilità dei più poveri. In modo che non si spostino tutti insieme verso le zone di benessere e di diritti, creando squilibri e scombussolando i piani. I primi e terzi mondi esistono oggi più che mai ma non sono delimitati dai confini nazionali perché oggi, come tutto in questo mondo globalizzato, questi mondi sono diffusi, o liquidi direbbe Baumann. In ogni città, ogni nazione del mondo c’è un primo e un terzo mondo. Così anche la democrazia liberale si sta diffondendo in tutto il mondo. Ma non per tutti. La democrazia c’è in tutta l’isola di Manhattan ma non in alcuni ghetti. La democrazia c’è in India ma non ovunque, non per tutti. La democrazia c’è in Italia ma non a Scampia, non a Gioia Tauro, non a Corleone... La Frontiera è ovunque così come ovunque ormai c’è un primo e un terzo mondo.

Ma è senza dubbio che il modello dominante abbia tanto fascino. Se sei nato in mezzo a quel 20% della popolazione mondiale che ha a disposizione 80% delle risorse del pianeta certo che sei contento e che lo consideri un modello vincente. E paradossalmente, anche se nasci dall’altra parte del confine subisci l’attrazione e il fascino del modello e fai di tutto o per andare ad abitare laddove è più diffuso o cerchi di farlo applicare nel territorio sul quale vivi.

Certo che essere un privilegiato è dolce ed è piacevole. Ma il miracolo della democrazia liberale è possibile soltanto in quei territori, ristretti, dove si riesce a concentrare abbastanza ricchezza da sedare ogni tendenza alla ribellione e alla rimessa in conto dei privilegi delle caste dominanti.

Nell’epoca precedenti all’era moderna, nella maggior parte del mondo il potere era in mano alle nobiltà e ai grandi propritari di terre. La nobiltà pretendeva di aver ricevuto il potere da Dio in persona e quindi non lo doveva giustificare in nessun modo. Gli uomini d’affari invece, che sono venuti dopo, sono commercianti. Per loro la vetrina è tutto. La democrazia è la vetrina bella della società capitalistica. Le colonie, sotto le vecchie e le nuove forme (vedere quello che succede in questo momento in Congo per far funzionare i nostri bei telefonini), sono il magazzino sporco, disordinato, impresentabile ma indispensabile a questo business. Il razzismo a volte, il nazionalismo altre volte e la pretesa comunque della superiorità (razziale, nazionale o culturale) quasi sempre è la giustificazione che permette di vivere bene questa profonda ingiustizia tra bottega e retrobottega. Certo che è più bello nascere garzone (o ancora meglio se proprietario) della bottega che schiavo nel retro! 

C’è invece chi dice che la democrazia liberale è il “menopeggio”. Visto quello che succede nel resto del mondo. Povertà, sistemi totalitari, assenza di diritti individuali e collettivi, guerre... come dire: vivere i un paese in cui puoi dire quello che ti pare e stramangiare, sprecare è meglio che morire di fame in prigione... Certo!! Ma bisogna per dirlo far finta di non sapere che, in un tavolo (mondo) unico in cui le risorse non sono infinite, il mio stramangiare consuma anche le porzioni dei miei vicini di tavolo. per cui è il meno peggio sì ma per chi si trova dal lato giusto del tavolo. 



Le dittature del terzo mondo sono funzionali alle democrazie del primo, così come la mafia nel sud Italia è funzionale al buon funzionamento della Padania. 

Qualche anno fa, nella mia regione d’origine in Algeria, la Cabilia, i giovani si sono sollevati. Hanno fatto sommosse, proteste, sit-in, occupazioni. Una intera regione di 6 milioni di abitanti si è fermata per chiedere più libertà, più trasparenza, più diritti... La protesta è durata 3 anni. 3 anni in cui i movimenti cittadini, non pilotati da nessun partito politico, assolutamente laici, con una struttura orizzontale veramente democratica nel senso più profondo della parola, hanno cacciato via le istituzioni corrotte dello stato e hanno vissuto in autonomia (dalla amministrazione centrale non dal resto del paese) facendo vere esperienze di democrazia diretta... 
(Per chi vuole saperne di più vi mando a questo mio documentario: "Il ritorno degli Arch- I villaggi della Cabilia scuotono l’Algeria", che si può scaricare gratuitamente dal sito di Arcoiris tv: 
http://www.arcoiris.tv/modules.php?...)

Ebbene, qualcuno di voi ne ha sentito parlare? Niente! 

L’unico articolo uscito in Italia su un grande giornale è stato sulla Repubblica (la cara vecchia Repubblica!!) che ha mandato Magdi Allam (Himself!) nel più esclusivo albergo di Algeri ad intervistare l’allora ministra della cultura: la signora Khalida Messaoudi (grande personaggio mediatico creato dalla stampa francese nonché icona - fasulla - del femminismo di mezzo mondo tranne che in Algeria) che ha spiegato che gli insorti della Cabilia non sono integralisti musulmani 
ma che sono altrettanto nocivi. Punto! 

A Parigi, centomila Cabili hanno manifestato, due volte. Non una parola nelle tv francesi. Niente! 

Invece, in quel periodo c’era alla porta del gabinetto del nostro amato presidente, la coda dei capi di stato occidentali che andavano ad assicurarlo del loro sostegno. 
Questa è la realtà! La vetrina democratica dei paesi ricchi per funzionare ha bisogno del petrolio e del gas del Signor Bouteflika e non delle proteste di piccoli contadini cabili. 

Nel film del rimpianto Gillo Pontecorvo, La Battaglia di Algeri, il comandante Matieux risponde ai giornalisti che li chiedevano se era vero che l’esercito francese usasse la tortura: "Signori non è questa la domanda che vi dovete porre. Ma la seguente: Vogliamo o non vogliamo che la Francia rimanga in Algeria? Se vi rispondete di sì, allora tutto il resto è solo ipocrisia!".

Ghandi dice che il fine è nel mezzo come l’albero è contenuto nel seme. Cioè che non si può proseguire fini nobili usando metodi sporchi. Ma è ancora più vero il contrario. Non si può costruire un impero rispettando i diritti e la dignità di quelli che vuoi sottomettere. 

Per cui la domanda che bisogna porsi, forse, è: vogliamo o non vogliamo che continui questo ordine delle cose in cui 20 mangiano 90 porzioni e 90 hanno a disposizione solo 10 porzioni? Se lo vogliamo allora non facciamo discorsi su democrazia e dittatura. Sarebbe, come dice Matieux, solo ipocrisia. 

Commenti all'articolo

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.2) 20 aprile 2009 10:36

     permettimi di dire, caro Karim, che il tuo ragionamento è sbagliato, naturalmente a mio avviso, e pieno di quella retorica terzomondista che da sempre avvelena la cultura della sinistra italiana ed europea.
     Proverò a spiegare perchè nella misura in quanto è possbile per me, date le mie scarse capacità e nella limitatezza del commento ad un articolo.
     Ogni popolo è responsabile dell’arretratezza in cui si trova e la cosa più facile ma anche la più sbagliata e ritenere che la colpa sia sempre degli altri.
     E’ il colonialismo che ha imposto l’arretratezza ai paesi del terzo mondo o è l’arretratezza che ha favorito il colonialismo?
     L’essere umano non è "buono" per natura e non lo è a prescindere dal sistema politico nel quale vive.
     Un popolo forte, attivo, capace di grandi cose si fa largo nel mondo e questa è una legge "naturale" che col tempo, man mano che l’evoluzione avanza, tende ad attenuarsi ma non a scomparire.
     Un pò come per noi stessi è più facile dare la colpa agli altri che a se stessi. Nel primo caso si può alimentare quel vittimismo infecondo che vede sempre fuori di se la radice dei problemi nel secondo, invece, si può progredire perchè ognuno di noi è in grado, con molti e duri sforzi, di modificare il proprio comportamento e quindi, nel tempo, la propria vita.
     Per i popoli la cosa non è dissimile.
     La colpa è sempre del diavolo bianco o del diavolo capitalista o dell’oppressore coloniale o dell’imperialismo di questa o quella nazione mai dei ritardi culturali e dei retaggi, pesanti, delle culture tribali e dei costumi arcaiaci, del vecchio che ci opprime.
     Pensa ad esempio al comportamento delle classi dirigenti africane o dei paesi arabi, nella maggior parte dei casi.
     Nel primo caso le enormi ricchezze, che per parte loro shanno gestitoi, sono rimaste in mano a clan ristretti, dittatoriali ed anche nei paesi arabi non c’è certo un benessere diffuso nonostante la rendita petrolifera.
     Perchè avviene questo? Per il colonialimso europeo o americano?
     Non scherziamo. Non è questa la risposta giusta nè vera. Certamente i colonialisti hanno fatto gli affari loro ma le classi dirigenti di quei paesi ci hanno messo molto del loro, nessuno lo può negare e quei popoli hanno le loro responsabilità.
     Mi fermo qui, per ora.
     Insomma trovo poco vero dire che la ricchezza dei paesi europei dipende dallo sfruttamento di tuo nonno.
     Per una parte sicuramente ma non è attaccando la democrazia che si può pensare di risolvere le contraddizioni. Semmai il contrario.

     Ti sei mai chiesto perchè l’industrializzazione è cominciata in Ighilterra e non nell’africa nera o a Dubai o in Algeria?
     La risposta è semplice: l’Inghilterra è stato il primo paese europeo che ha sperimentato fome, pur limitate, di democrazia. 
     E solo dove la libera iniziativa ha possibilità di realizarsi la gente si da da fare, esce dal comportamento gragario, costruisce cose nuove ed esperienze significative.
     

    • Di Karim METREF (---.---.---.49) 20 aprile 2009 14:01
      Karim METREF

      Caro Rocco,
      Credo sia difficile giudicare un discorso così ampio come il tuo o il mio come tutto sbagliato o tutto giusto. Così come è difficile classificare dei sistemi interi (siano anche quelli tribali) come del tutto sbagliati o del tutto giusti.
      Ogni cosa in questo mondo ha il suo lato positivo e il suo lato negativo. Così come se vogliamo discutere in modo produttivo non dobbiamo (a mio modesto avviso) cadere nelle modalità e nel linguaggio stra-usati nelle polemiche tra politici di professione. Che servono, secondo me, più a scaldare l’ambiente e a dividere il pubblico in tifoserie opposte che a incoraggiare riflessione e scambio di idee. Parlo di definizioni/giudizi come “retorica”, “vittimismo”, “buonismo”, “terzomondismo”...

      Il mio intervento non è per accusare chiunque di qualsiasi cosa. Io non leggo la vita cercando “le colpe”, ma cercando di capire i sistemi e le responsabilità, degli uni e degli altri.

      Un sistema è quello che è e produce (a poche differenze) gli stessi risultati a prescindere dal dove e da chi è applicato (più o meno bene).

      Nel mondo ci sono stati sempre sistemi espansionisti e sistemi che cercavano di vivere senza troppo pretendere dall’ambente e dalla gente. Dire che se un impero ha invaso un popolo inerme (che avrà pure le sue ingiustizie interne, le sue superstizioni...) è perché è colpa di questo ultimo che non ha voluto svilupparsi... è come dire che noi siamo delle bestie e che chi non mangia gli altri si fa mangiare. Questa è la logica imperiale da sempre. È la logica delle così dette “civiltà” (maya, azteca, cinese, romana, musulmana... non importa il nome né l’epoca) contro i così detti “barbari”: "Noi invadiamo loro perché loro non si sviluppano, perché non tengono la verità, perché devono imparare... "
      Io credo sia sbagliato questo. Credo che l’umanità ha sperimentato in vari momenti e in vari luoghi forme di organizzazione non espansionista (ai danni della natura e dei popoli viccini) e non aggressiva (nel senso distruttivo del termine). E oso sperare che si possa fare ricerca in quella direzione, invece di accettare la logica del più forte.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.35) 20 aprile 2009 10:52
    Damiano Mazzotti

    è in gran parte vero chiò che è stato descritto e le due guerre mondiali nascono anche dall’aumento delle materie prime provenienti dalle colonie... Ma è anche vero che queste democrazie garantiscono un’educazione prolungata e migliore ai giovani che così superano il fondamentalismo e capiscono l’importanza del controllo delle nascite.... Non si può continuare a fare 4 o 5 figli a famiglia o anche 10 come spesso succede in Africa e in altri paesi... Purtroppo è ora di capire che non c’è più posto e lavoro per tutti... A meno che non si voglia iniziare a fare la fame... Come in parte sta già succedendo...

    • Di Elia Banelli (---.---.---.59) 20 aprile 2009 12:34

      La sostanza del tuo ragionamento è in parte condivisibile. In Italia capostipite di una critica ragionata alla democrazia è sempre stato Massimo Fini, che ti consiglierei di leggere se non l’hai già fatto.
      L’errore che però spesso si compie è di accumunare un sistema economico, il capitalismo, con un sistema politico e sociale, la democrazia, come complementari e inseparabili.
      Storicamente sono spesso andate di pari passo ma sono due concetti diversi.
      In quei paesi dove esiste una democrazia avanzata di stampo europeo (Svezia, Norvegia, Finlandia, ma anche Danimarca, Olanda, Germania, ecc...) esiste anche un limite al capitalismo d’assalto, con un modello di welfare state e di socialdemocrazia che pone dei limiti alle manovra del libero mercato, dove lo Stato fa la sua parte e in modo efficiente (a costo di tasse elevate) riesce a garantire l’efficienza dei servizi ai suoi cittadini.
      Questi sono modelli di democrazia che garantiscono benessere, ricchezza, libertà e rispetto dei diritti umani e civili.
      Certo non è un sistema perfetto, ma nella storia umana non è mai esistito e non esisterà mai un modello di convivenza sociale scevro da imperfezioni o anomalie.
      Gli errori, le storture, le magagne degli Stati democratici sono risapute e molto spesso documentate (ti consiglio di leggere John Pilger, "I Nuovi Padroni del Mondo") ma al momento non esiste nessun modello alternativo sperimentato che possa garantire così tanti vantaggi ai suoi cittadini come la democrazia elettorale ed il suffragio universale.
      Non il ritorno alle piccole comunità, come auspica Fini (in controtendenza verso un mondo indirizzato verso grossi blocchi globali: Europa, Stati Uniti, America Latina, Asia, ecc...) non per carità il riemergere delle dittature o di modelli autoritari.
      Il discorso è lungo e complesso, ma io penso che come cittadini dobbiamo lavorare e impegnarci tutti insieme per migliorare e rendere più compiuto il processo di democratizzazione, includendo anche quegli stati e quei paesi che ne sono ancora sprovvisti (Cina, Russia, Medio Oriente, Corea, Africa...) .
      L’inclusione non deve avvenire, ovvio, per vie militari, ma con la persuasione di un modello efficiente che garantisca la migliore qualità della vita. La Cina sta sperimentando il capitalismo e la grande finanza, ma è rimasto al palo sui diritti civili (vedi Tibet e repressione della dissidenza interna) , questo testimonia che capitalismo e democrazia non viaggiano per forza insieme.
      Il capitalismo si può diffondere anche in paesi non democratici, mentre la democrazia può vigere in Stati dall’economia liberale, ma con un modello sociale che garantisca quell’assistenza e quella presenza delle istituzioni pubbliche che contro-bilanciano la mera ricerca del profitto a tutti i costi.

  • Di Karim METREF (---.---.---.49) 20 aprile 2009 17:09
    Karim METREF

    Caro Damiano,
    Sono d’accordo che non si può continuare a pensare di poter fare dieci figli. Ma questo non c’entra niente con la democrazia. La Tunisia è una delle dittature più feroci su questo pianeta eppure la gente da vent’anni ormai non fa più figli. E questo minuscolo paese sta per entrare in grave crisi per mancanza di giovani. È una questione di educazione e di mentalità. Ma c’entra poco con la democrazia. La pi grande democrazia del pianeta invece non ha ancora risolto il problema.

     

    Caro Elia,

    Conosco Massimo Fini e il suo movimento zero (mi sembra), egli è soltanto uno dei tanti, scrittori, filosofi, sociologi, attivisti, movimenti popolari... che fanno vedere che il sistema prende acqua da tutte le parti. Le soluzioni proposte poi sono da vedere. Nessuno tiene la verità. L’importante è non fermarsi di riflettere e cercare.

    Io non accomuno niente. Anzi dissocio completamente. Non me la prendo con il concetto di democrazia (tout-court) ma con la democrazia parlamentare che nasce con il capitalismo e finora non è riuscita a funzionare senza di esso. Richiede una classe politica che vive di politica. E per ciò richiede soldi molti soldi. Ad offrire i mezzi di questo funzionamento sono le classi che hanno il potere economico. Quando non sono loro direttamente coinvolte nella rappresentatività politica.

    I sistemi dell’Europa del nord hanno funzionato con liberalismo limitato e con pochi scontri sociali perché hanno potuto tirare dalle risorse naturali, dall’industria e da altri fattori, una ricchezza immensa con la quale hanno potuto per anni pagare grassamente la pace sociale.

    Non a caso in tanti di questi paesi sopravvive anche la forma di rappresentanza meno democratica esistente: la monarchia. E non a caso, oggi che anche lì la ricchezza si è sempre concentrata tra le mani di pochi e che gli stati fanno fatica a ridistribuirla, gli spazzi di libertà si stanno chiudendo e le forme di autoritarismo e di “sicuritarismo” che stanno colpendo il mondo intero si stanno aggravando d’anno in anno.

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