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Res Publica, Rebus Publica

Ciancimino Jr ha paura perchè parla. B. ha paura di parlare.

E il rebus s’arricchisce, giornalmente, di almeno – minimo – una figura e una sillaba. Le immagini recenti portano dritti alla sagoma di un presunto Carlo, l’agente segreto “trattativista” che poteva vantare il filo diretto con Vito Ciancimino, che fosse in carcere o meno. Carlo stringeva tra le mani il papello in quei pomeriggi infernali. Carlo è la figura più alta scoperta a metà strada tra guardie e ladri.

E già giurerebbero, da qualche parte, all’evolversi di un gioco al ribasso, una gara a chi si sbottona meno, a chi fornisce la persona-Carlo da anteporre al personaggio-Carlo. Il toto-nome, a chi interessa, è già cominciato e l’alveo a breve potrebbe restringersi: i sospetti che questi, e altre figure finora paventate – le facce sfregiate e gli amici traditori – possano alla fine (non tutte, magari) convergere sono pensabili, teorizzabili. A ruota libera e ingresso gratuito. Pensare non uccide.

Oh: basterebbe fargli uno squillo, a ’sto Carlo. Peccato che il suo numero sia in una sim irreperibile dalla notte dei tempi. Il nome di Andreotti, fra questi, don Vito e un Salvo, girava. Seguito dai nomi di defunti (quelli noti) a lui addebitabili (al gobbo, s’intende, e a quanto dicono).



Frattanto l’inchiesta s’allarga e pare partire ancora da zero. Pare, spostata a Catania (dove, sorpresa, ti ritrovi il giudice che si esprimeva secoli or sono positivamente sulle combutte Berlusconi-Mafia) e da qui – per incompatibilità – a Messina. Dicunt.

Rutelli comincia a far sapere di volerci vedere chiaro, convoca – retoricamente, leggasi – persino il presidente. E’ imbarazzante la posizione di Rutelli, non c’è dubbio, è ancor più imbarazzante il silenzio di B. a riguardo. Non una parola. Non un vaffanculo a chi ha tirato fuori la lettera-ammazza-piersy (e sarebbe stato giochetto facile, trattandosi di articolo dell’amato Espresso). Non una frase-copione in stile “fare chiarezza”. Non una dichiarazione sulla solidità delle odierne istituzioni, per dire. Non un ringraziamento ai servizi resi da uomini morti in circostanze solo adesso accettate come oscure, ma colti ineludibilmente nel ruolo, astorico quanto misero, dell’eroe. Non un “abbasso la mafia – w la squola”.

B. sembrerebbe impegnato ad accomodare le lagne dell’asse Lombardo-Miccichè. E’ forse questo il suo modo d’occuparsi della faccenda: d’altronde, per sua bocca, ha tempo dietro ammesso d’esser disposto a pagare (4 miliardi adesso) per levarsi dalla fronte alcuni impicci che grondavano. E la soluzione del rebus? Chi la spara? E chi ci perde? Nessuno. In fondo è Salvatore Cancemi, ex membro della Cupola e ora collaboratore, a sentir dire da Riina la frase: “Berlusconi e Dell’Utri sono nelle mie mani e questo è un bene per tutta Cosa Nostra”. Ma quello chi è? Ed è Massimo Ciancimino ad aver paura, per sua ammissione, di non arrivare al processo Dell’Utri. Mica Marcielo.

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