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Repressione preventiva

Repressione preventiva

Care teste di capra, un mio lettore di Genova che appartiene all’ARCI mi ha messo a conoscenza di un fatto molto grave che dovrebbe tutti noi portarci a riflettere.

Ora sappiamo che lo Stato può eliminare in diverse maniere le persone scomode. Può ucciderle tramite le carceri o i TSO (vedi il caso Mastrogiovanni), utilizza i vecchi e collaudati falsi suicidi, mette bombe provocando stragi come Piazza Fontana o Falcone e Borsellino, fucila masse di persone come la strage di Portella delle Ginestre, utilizza le forze di polizia per reprimere i manifestanti come il G8 di Genova durante il governo Berlusconi o quello di Napoli durante il governo Prodi.

Ma sa utilizzare anche quella che chiamo "repressione preventiva", ovvero individua persone scomode e in questo caso sono giovani anarchici, e tramite la Questura li richiama intimandogli di "comportarsi bene" perchè in caso contrario scatterebbe la "Misura di prevenzione". E si può tradurre anche in arresto.

In pratica si può finire in galera anche in maniera preventiva. E sappiamo, solitamente, che fine si fa dentro quell’inferno.

Pubblico qui il volantino dell’ARCI e invito tutti a leggerlo con attenzione:


Settore Carcere e Giustizia

A PROPOSITO DEGLI "AVVISI ORALI" CONTRO ALCUNI GIOVANI ANARCHICI GENOVESI
In un volantino diffuso in città nei mesi scorsi si è appreso che mercoledì 7 ottobre 2009, Christian, un giovane anarchico genovese, è stato convocato in Questura dalla Digos dove - come poi accaduto anche ad altri giovani - gli è stata comunicata una serie di denunce a suo carico. Sulla base delle denunce ha quindi ricevuto l’avviso orale previsto dall’articolo 4 della legge n. 1423/56 contenente "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità". Ad altri giovani, non residenti nel comune di Genova, sulla base dell’art. 2 della sudetta legge è stato invece dato il foglio di via obbligatorio.
In sostanza, il questore provvede ad avvisare oralmente la persona che esistono sospetti a suo carico, indicando i motivi che li giustificano e la invita "a tenere una condotta conforme alla legge...". In caso contrario scatta la richiesta al Tribunale di "Misure di prevenzione".

L’ art. 1 della legge 1423/56 afferma che le "Misure di prevenzione" si applicano a:
1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;
2) coloro che per condotta e tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i provventi di attività delittuose;
3) coloro che, per il loro comportamento, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale, la sanità, la sicurezza la tranquillità pubblica.
Successivamente, con legge 438/2001 si è prevista la possibilità di irrogare le misure anche a coloro che:

• pongano in essere atti preparatori diretti a sovvertire le istituzioni dello Stato nonchè alla commissione di reati con finalità di terrorismo anche internazionale.
• abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 645 del1952 (partito fascista) e continuino a svolgere attività;
• compiano atti diretti alla ricostituzione del partito fascista
• avendo portato condanne per alcuni reati, manifestino tendenza ad una recidiva finalizzata al sovvertimento delle istituzioni dello Stato.

Ci sembra del tutto evidente che l’esercizio delle libertà costituzionalmente tutelate - in primis il diritto di esprimere le proprie opinioni politiche - nulla ha a che fare con la sicurezza e la pubblica moralità e non può quindi in alcun modo rientrare nella casistica sopra riportata.

L’articolo 16 della Costituzione afferma che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”.

L’articolo 21, a sua volta, afferma che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Probabilmente pochi ricordano - se mai l’hanno saputo dai mezzi d’informazione - che un analogo provvedimento venne utilizzato dal Questore di Palermo nei confronti di Pietro Milazzo, sindacalista a capo del dipartimento immigrazione della Cgil in Sicilia e impegnato da anni a fianco dei senza casa di Palermo.

Nella sua cronaca sul quotidiano cittadino Il Secolo XIX, il giornalista Matteo Indice ricostruendo l’episodio della contestazione agli alpini, a proposito dei manifestanti scriveva: "…I quali sono riusciti, di fatto, a invertire i ruoli. Non più gli alpini nella parte di chi dovrebbe gestire la piazza, bensì gli anarchici. Che, con gesti e parole tanto eloquenti quanto simbolici (l’insofferenza, è bene precisarlo, non è mai sfociata in aggressioni fisiche) li hanno spinti a ripiegare. E alla fine la pattuglia ha davvero lasciato la strada, raggiungendo gli uffici del commissariato Centro - sistemato in piazza Matteotti, a due passi dal cuore della protesta - ed evitando un confronto più acceso che li avrebbe visti con ogni probabilità sconfitti in partenza”.
E più oltre scrive ancora: "Anche perché identificare gli anarchici non è stato particolarmente difficile: nessun passamontagna o fazzoletti “d’ordinanza”, e foto molto eloquenti sui giornali che hanno spianato parecchio la strada alle forze dell’ordine. Difficile, ovviamente, prevedere che piega prenderà nel dettaglio l’indagine. Ma non c’è dubbio che, mentre in altre occasioni gli investigatori avevano sorvolato, questa volta la “pubblicità” della contestazione ha indotto a non lasciar correre”.

Forse la “pubblicità” che potrebbe aver indotto il Questore a denunciare i manifestanti per poi inventarsi l’avviso orale è da ricercarsi nella dichiarazione del senatore Gasparri: “C’è da augurarsi che le autorità locali agiscano con rapidità e determinazione".

Significativo un altro passaggio da un articolo del quotidiano locale, in data 21 dicembre 2009, dal titolo:

Genova capitale degli anarchici anni Duemila l’inchiesta

“…L’ "avviso orale”, a dispetto del nome, è un documento scritto, un invito del questore «a cambiare condotta». Se questo non avviene, si entra nel regime di sorveglianza speciale per un periodo che va dai due mesi ai tre anni. …”. L’unico aspetto che sembra aver colpito l’estensore dell’articolo è la contraddizione lessicale.

Al giornalista e/o ai lettori non è venuto il dubbio che si tratti di provvedimenti che violano la Cosituzione italiana? Una vera spada di Damocle sulla testa di chi fa politica fuori dagli schemi tradizionali. Forse perchè in fondo si tratta solo di pochi giovani anarchici?

Come Settore Carcere e Giustizia di Arci Genova riteniamo si debba intervenire su questa vicenda che ricorda i tristemente famosi repulisti preventivi del fascismo quando in città veniva qualche gerarca.

Facciamo quindi un appello al nuovo Questore perchè riesamini la situazione e a quanti operano in difesa dei diritti perchè si attivino, insieme a noi se lo ritengono, per una battaglia di civiltà.

www.arcigenova.org

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