In questi giorni si è spesso paragonata la legge elettorale che potenzialmente uscirà dal referendum del 21 giugno, alla legge acerbo e alla legge truffa. Il paragone ha senso ma, in realtà il frutto dell’iniziativa “Guzzetta – Segni”, andrà ben oltre le sopracitate leggi, grazie ad un potenziale di distorsione della rappresentanza nettamente superiore sia della legge fascista del ’23, che di quella democristiana del ’53.
In particolare la prima pur assicurando i 2/3 della rappresentanza al primo partito con minimo 1/4 dei voti ricevuti, non presentava soglie di sbarramento per estromettere i partiti minori; mentre la seconda garantiva anch’essa la rappresentanza dei 2/3 ma alla coalizione di partiti che avesse raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, cioè poneva un limite minimo di suffragi necessari per ottenere il premio d maggioranza. La “porcellum corretta” assicurerà più della maggioranza assoluta dei seggi (55%) alla Camere e in ogni Regione per il Senato, al partito che otterrà il maggior numero di voti, non prevedendo alcuna soglia minima per ottenerli. Inoltre sbarra l’accesso alla rappresentanza, ai partiti che non superino il 4% per la Camera e l’8% al Senato. Della 270/2005 è mantenuta “l’orribile” lista bloccata, dove la ragione di ciò si annida nello strumento utilizzato per “riformare” la legge: il referendum manipolativo, il quale opera modifiche attraverso l’abrogazione di singole parole, periodi o interi articoli, senza poter aggiungere nulla, quindi senza poter introdurre le preferenze, in questo caso. Il referendum quindi non eviterà che in parlamento siedano centinaia di onorevole nominati e non eletti. In compenso però, per quanto riguarda le candidature, per mezzo del terzo quesito, si eliminerà la possibilità di candidatura plurima.
Ovviamente non è sufficiente.
Il referendum elettorale, per quanto descritto, è destinato a creare un aborto, un ibrido, un sistema imperfetto in cui saranno assenti contrappesi necessari per garantire la giusta rappresentanza, qualora nello stesso tempo si voglia fortemente garantire la governabilità.
La sete di potere dei rivali (Pdl - Pd) e l’irriducibile opportunismo di questi, ha impedito negli ultimi anni la sostituzione della, probabile, peggior legge elettorale tra i maggiori paesi Europei. L’Italia necessita di una riforma complessiva della materia elettorale e non di una modifica disorganica, inevitabile con referendum.
La legge elettorale è una legge che influenza fortemente il sistema politico e le sue caratteristiche, e questo ci è dimostrato dal fatto che la “porcellum modificata” renderà possibile il Party government, cioè una squadra di governo appartenente tutta allo stesso partito. Modificando la prassi di governo in questo paese. Ma una legge non è solo un testo, è un testo nel contesto, e per questo vanno considerati i possibili sviluppi concreti che la scena politica potrà avere. E “vedo” un Pdl che potrà fare a meno della Lega e un Pd che avrà finalmente realizzato il sogno americano di Veltroni, configurandosi cosi come l’alternativa di governo in una competizione bipartitica. Ma a che prezzo?
L’opportunismo dei “democratici” è impressionante.
Franceschini è favorevole ad un referendum che, visto il trend elettorale confermato dalle elezioni europee, rafforzerà il controllo sul paese da parte della destra e ucciderà definitivamente gli alleati degli anni passati. Complimenti. Un atto di sciacallaggio.
Come ricorderemo il referendum elettorale, all’indomani del 21 giugno, dipenderà solo dalle nostre volontà; suicidio della democrazia per mezzo di voto popolare o sventato assassinio della rappresentanza.
Spero in un chiaro e forte gesto d’opposizione: astenersi dal voto.
Dimostriamogli che non siamo marionette nel loro teatrino.
In realtà il 21 giugno ci sono 3 quesiti referendari. Mentre i primi due provocherebbero il disgraziato scenario presentato nell’articolo, il terzo quesito, che eviterebbe la candidatura in più circoscrizione, io lo ritengo condivisibile e lo andrò a votare, senza ovviamente prendere le altre schede.
Quello che lei dice è vero: votando si al 3° quesito ma rifiutando le altre 2 schede non si incide sul quorum e quindi non si favorisce il Si, a differenza di votare No.
Anche io ho pensato di votare in questo modo. Ma un voto del genere ha delle ragioni ben elaborate, che reputo difficili da diffondere.
Per questo in conclusione affermo: "Spero in un chiaro e forte gesto d’opposizione: astenersi dal voto." perche credo questo un risultato realizzabile.
Di Marco Nichele
(---.---.---.100)16 giugno 2009 15:11
Purtroppo l’ignoranza delle vicende storiche porta a conclusioni affrettate e soprattutto errate. Non lo dico assolutamente con cattiveria, ma basta conoscere un po’ la storia di questo paese per capire che tutte le critiche mosse da lei in questo articolo non hanno in realtà un solido fondamento. Anzi, giovano a chi sulla paura e il timore delle persone vuole costruire le proprie personali fortune, per cui spero e credo che attraverso un confronto vero si possano capire quali sono i veri motivi, importantissimi, per cui questo referendum dovrebbe essere interamente approvato in tutti i suoi quesiti.
Anzitutto, la legge Acerbo assegnava il 66% dei seggi alla lista più votata. Ma vogliamo dirlo che alle elezioni immediatamente successive del 1924, Mussolini prese solo in quanto a voti il 61%? Il premio di maggioranza non fu praticamente applicato. Questo a dimostrazione che, anche ponendo una soglia del 50% di voti ottenuti per avere il premio di maggioranza, Mussolini avrebbe COMUNQUE governato con tutto il potere che ha poi avuto. Ed infatti, il vero problema non era assolutamente il meccanismo della legge, era che all’epoca non esistevano leggi sovraordinate a quelle ordinarie, non esisteva un Costituzione di tipo rigido com’è la nostra, assicurante tutta una serie di diritti strutturali intoccabili, per cui anche lo Statuto albertino, che in linea formale garantiva una serie di diritti ai cittadini, poteva benissimo essere derogato nelle sue garanzie più elementari con una legge votata a maggioranza semplice dal parlamento.
In secondo luogo, si dimentica qual’è il vero obiettivo del referendum. Essendo un referendum abrogativo e non propositivo (qui in italia non si possono fare) non si chiede di attribuire il premio di maggioranza alla lista più votata. Si chiede la cancellazione delle COALIZIONI DI LISTE. L’effetto di attribuire il premio di maggioranza alla lista più votata è indiretto e non verrà mai applicato per un semplice motivo: secondo voi, se passasse il referendum l’attuale parlamento (che è formato da coalizioni in cui i partiti piccoli possono ricattare i più grandi) resterebbe immobile? Si andrebbe alle elezioni successive senza che Idv, Lega e Udc facciano alcunché per adottare una legge nuova? La risposta credo sia insita nella domanda. Tecnicamente il referendum abroga infatti le "coalizioni di liste", ma non dice di non volere le coalizioni in sé. Ed è quello il motivo giuridico per cui il parlamento, qualora fosse approvato il referendum anche nei primi 2 quesiti, sarebbe in pratica costretto a passare al sistema dei collegi uninominali, al sistema maggioritario: cioè un sistema che non ha liste, ma ha (a certe condizioni, in particolare prevedendo il turno unico) le coalizioni. Mantenendo così il potere di ricatto in mano ai piccoli partiti (come del resto è stato fatto con l’approvazione della legge Mattarella del 1993, fatta in un appena un mese dopo che i cittadini si erano espressi a favore del sistema maggioritario), ma eliminando LE LISTE, sostituite da tanti COLLEGI quanti sono i parlamentari da eleggere. Con ciò assicurando, tra l’altro, quel rapporto diretto cittadino-eletto che viene unanimemnte invocato da tutta la società civile.
La questione del rapporto tra legge ordinaria e norma fondamentale è altro, la questione è attorno la legge elettorale.
Per quanto riguarda il confronto con la legge Acerbo, questa prevedeva si un premio di maggioranza maggiore ma non prevedeva l’estromissione dei partiti minori mediante sbarramento, non mettendo cosi fuori gioco fette della società pur sottorappresentate. Paradossalmente la società era meglio rappresentata. Per il resto questo voleva essere un paragone astratto, il fascismo ha fatto poi quello che sappiamo.
Il referendum in materia elettorale è manipolativo, e la manipolazione in questione è l’eliminazione sistematica del termine "coalizione"... l’effetto è dare il premio ad una lista, ed è quello voluto dai promotori in quanto sperano in un riassetto del sistema partitico. é l’obiettivo principale del referendum.
Di Marco Nichele
(---.---.---.100)16 giugno 2009 19:41
> La questione del rapporto tra legge ordinaria e norma fondamentale è altro, la questione è attorno la legge elettorale.
E’ troppo facile mettere a confronto due leggi, giudicando la seconda peggiore, semplicemente guardando a quello che dicono i relativi articoli e non considerando che, nel frattempo, la loro collocazione ordinamentale è ben diversa. Se un ipotetico Mussolini oggi si candidasse e con la legge fuoriuscente dal referendum ottenesse il 55%, non potrebbe assolutamente fare le stesse cose che fece il Mussolini del 1924 (non potrebbe cioè mettere in discussione la regola seconda della democrazia: "si sceglie a maggioranza, ma la minoranza ha diritto di critica e di proporsi per essere essa stessa, un giorno, maggioranza". Oggi abbiamo un sistema in cui la prima delle due regole non viene rispettata, mentre la seconda è garantita a livello costituzionale. Il referendum vuole che anche la prima regola sulla democrazia sia rispettata in pieno.
Quanto alla non rappresentazione in parlamento delle forze al di sotto dello sbarramento, è proprio a causa del sistema adottato (proporzionale) che l’unico rimedio utile per non creare una eccessiva frammentazione nell’azione del parlamento è quello dello sbarramento. Un rimedio rozzo, che opera sui partiti e non sulle persone. Il sistema maggioritario, anche in questo, è migliore: permette anche ad un esponente di un partito che a livello nazionale magari ha l’1% di consenso, di poter farsi eleggere e conquistare un seggio in parlamento, qualora risulti il candidato maggiormente rappresentativo delle istanze del collegio in cui si è presentato.
Di Marco Nichele
(---.---.---.100)16 giugno 2009 19:56
>Il referendum in materia elettorale è manipolativo, e la manipolazione in questione è l’eliminazione sistematica del termine "coalizione"... l’effetto è dare il premio ad una lista, ed è quello voluto dai promotori in quanto sperano in un riassetto del sistema partitico. é l’obiettivo principale del referendum.
No, la manipolazione è l’eliminazione sistematica del termine "coalizioni di liste". Si guardi la proposta abrogativa e lo vedrà con i suoi occhi. Significa che, tecnicamente, chi propone il referendum non accetta coalizioni formate da liste, non accetta un sistema proporzionale con liste coalizzate.
Quanto al premio di maggioranza, i promotori, lo hanno dichiarato innumerevoli volte, non considerano la legge fuoriuscente dal referendum come la migliore possibile. Hanno detto che sarebbe migliore di quella attuale (il che è vero), ma l’obiettivo da raggiungere è un altro, è il sistema maggioritario. L’obiettivo che sarebbe possibile seguire con l’approvazione del referendum sarebbe proprio il ritorno al sistema maggioritario e ai collegi uninominali. Se avessero potuto, i promotori avrebbero proposto la reintroduzione del sistema precedente (che era quasi interamente maggioritario). Ma dato che in italia non esiste il referendum propositivo, questo è impossibile, è solo possibile demolire una legge o parti di una legge esistente.
Lei crede che una volta approvato il referendum la legge rimarrebbe tale e quale? Può crederlo, ma questo significherebbe credere al fatto che ci sono 4 partiti su 6, nel parlamento di oggi, che sarebbero disposti ad immolarsi solo per non cambiare la legge in modo a loro favorevole. E’ irrealistico, e la storia di 16 anni fa è lì a dimostrarlo. Mettere il parlamento di fronte al fatto compiuto è l’unico modo per farlo sicuramente agire. Il referendum si è dimostrato negli anni l’unico strumento in grado di farlo. Con esso si è ottenuta l’elezione diretta del sindaco, l’elezione diretta del presidente della regione, il sistema elettorale maggioritario per il parlamento nazionale. Nei 40 anni precedenti ai referendum dei primi anni ’90, con i quali si ottennero questi importanti (e purtroppo non definitivi) risultati, le chiacchiere su come riformare i sistemi elettorali dei vari organi dell’ordinamento fu inversamente proporzionale al numero di riforme partorite in tal senso: zero.
"No, la manipolazione è l’eliminazione sistematica del termine "coalizioni
di liste". Si guardi la proposta abrogativa e lo vedrà con i suoi occhi.
Significa che, tecnicamente, chi propone il referendum non accetta
coalizioni formate da liste, non accetta un sistema proporzionale con liste
coalizzate."
>>Quindi vuole assegnare il premio ad una lista che può avere anche la sola magg.relativa, questo a mio avviso è inaccettabile. Chi risponde che ciò è fattibile anche ora perche una lista può presentarsi da sola ragiona troppo in astratto e nn considera il contesto politico, attualmente essendo possibili le coalizioni nessuno presenterò mai una lista, in quanto l’avversario farebbe di corsa una coalizione che gli assicuri la vittoria...
Facendo un passo indietro dal merito dei quesiti, e analizzando lo "strumento"...credo davvero che rispetto la legge elettorale il referendum sia inopportuno, perche in quanto abrogativo può creare solamente aborti.
Se il parlamento non si muove di sua iniziativa, bisogna metterlo di fronte al fatto compiuto...
il mio "timore" è che questa volta ne possano approfittare davvero non modifacando la potenziale legge uscita dal referendum che continuerebbe a garantirgli con le liste bloccate la nomina dei deputati e per di più permetterebbe il party government a cui i partiti maggiori ambiscono...
Di Marco Nichele
(---.---.---.100)16 giugno 2009 22:32
A lei però, che viene così facilmente il ragionamento sul fatto che una lista, oggi, presentandosi da sola va incontro a sconfitta sicura, non viene anche in mente che, se ci fosse il premio di maggioranza dato alla singola lista, forse forse si farebbero delle liste in grado di aggregare gli esponenti di più partiti? Non sono i partiti a condizionare i sistemi elettorali, ma viceversa: per prendere quel premio, così come lei dice che correre con una sola lista equivarrebbe a sconfitta certa, tantopiù domani, se anche ci fosse l’imposizione di tenere liste distinte, le parti politiche in causa farebbero di tutto pur di allargare il consenso alla lista che vorrebbero far vincere. Non ci sarebbe in sostanza alcuna lista del Pdl o del Pd, ma una lista di centrodestra e una di centrosinistra, più qualche altra lista minore. Sarebbe una cosa davvero antidemocratica? Se lo è, allora si deve accusare di antidemocraticità mezzo occidente.
Di Marco Nichele
(---.---.---.100)16 giugno 2009 22:46
>Facendo un passo indietro dal merito dei quesiti, e analizzando lo "strumento"...credo davvero che rispetto la legge elettorale il referendum sia inopportuno, perche in quanto abrogativo può creare solamente aborti.
Se il parlamento non si muove di sua iniziativa, bisogna metterlo di fronte al fatto compiuto...
il mio "timore" è che questa volta ne possano approfittare davvero non modifacando la potenziale legge uscita dal referendum che continuerebbe a garantirgli con le liste bloccate la nomina dei deputati e per di più permetterebbe il party government a cui i partiti maggiori ambiscono...
Lo strumento del referendum è l’unico che i cittadini hanno in mano, ed è l’unico che può davvero mettere alle corde i politici. Si pensi al terrore con cui tutti coloro che hanno un qualche interesse, una qualche rendita personale da tutelare dal sistema attualmente vigente, si affannano ad invitare a non ritirare le schede. Sanno benissimo che il referendum è su una questione serissima, che qualora passasse il tempo dei giochetti sarebbe finito e per conservare quel potere a cui anelano sarebbero costretti a fare delle concessioni ai cittadini in nome della trasparenza e della stabilità dei governi. La storia è lì a dimostrarlo: in 3 mesi nel 1993 il parlamento produsse quella riforma che, senza alcun referendum a fare da pungolo, ci aveva negato nei precedenti 40 anni. E con quali risultati? Rendite di posizioni assurdamente alte, partiti del 13-14% in grado di tenere sotto scacco quelli più grandi e di ottenere poltrone pesanti in più governi. Abbiamo avuto 50 governi in 50 anni, per colpa di quel sistema, e un debito pubblico che nel 1992 toccava la soglia del 120%. Dopo quei referendum, la degenerazione di quel sistema è nettamente diminuita, ma purtroppo il duo Casini-Calderoli ha fatto nel 2005 quello che non andava fatto: ha riportato le lancette dell’orologio dell’italia indietro di un quindicennio, e lo riconsegnato al sistema dei ricatti facili e della mancanza di trasparenza nella selezione dei candidati.
Si può pensare ciò che si vuole, si può anche pensare che, nel caso in cui passasse il referendum, i partiti presenti in parlamento non agirebbero per conservare in qualche modo un potere a loro caro (e la storia, ripeto, ha dimostrato che quando c’è in gioco il potere i partiti sono i primi a muoversi), ma ci si deve assumere la responsabilità di un eventuale inerzia o di un eventuale voto contrario, quando ci viene proposto uno strumento che potrebbe riportare il sistema di selezione dei candidati sui binari che si addicono ad una democrazia. Non sfruttare questa possibilità potrebbe rivelarsi un grande errore.
Rispetto a liste che riuniscano esponente di più partiti, se fosse presente una soglia minima concorderei con lei, bisognerebbe ragiungere una quota dei consensi perciò i partiti sarebbero stimolati a redarre le liste nel modo in questiono;
ma al contrario bastando la maggioranza relativa io credo che i partiti maggiori nn abbiano nessuno interesse ad allargare il consenso, bastano pochi punti percentuali in + dell’avversario. per avere la maggioranza assoluta e poter fare governi monopartito.
Quindi non credo in liste condivise.
Di Marco Nichele
(---.---.---.100)16 giugno 2009 23:12
I partiti non sarebbero stimolati a fare lista unica? Mi sembra quantomeno azzardata la sua risposta, quantomeno se riferita ai partiti oggi coalizzati fra loro. Lei non pensa affatto che, ad esempio, pur di battere il Pdl a sinistra farebbero un’unica lista con Pd, Idv e magari anche una fetta di sinistra radicale? A me sembra che l’eventualità sarebbe invece proprio questa. Del resto guardi a ciò che accade alle comunali o in tutte le elezioni in cui vince il singolo candidato che prende più voti: a sostegno del candidato di centrosinistra non c’è solo il Pd ma anche l’Idv e anche i partiti appartenenti alla sinistra radicale.
Se fino ad oggi i partiti hanno avuto un motivo per trovare un accordo per creare delle coalizioni di liste per sconfiggere l’avversario, non si capisce perché da domani la vittoria debba passare in secondo piano rispetto all’idea che sia sufficiente avere i voti del proprio partito per vincere.
Quando si passa da un sistema proporzionale ad un sistema maggioritario, o quando vengono comunque alterati i meccanismi per sancire la vittoria elettorale dei partiti, i partiti e i simboli sono la prima cosa a cambiare.