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Commento di Marco Nichele

su Referendum elettorale 21 Giugno: omicidio della rappresentanza o suicidio della democrazia


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Marco Nichele 16 giugno 2009 22:46

>Facendo un passo indietro dal merito dei quesiti, e analizzando lo "strumento"...credo davvero che rispetto la legge elettorale il referendum sia inopportuno, perche in quanto abrogativo può creare solamente aborti.
Se il parlamento non si muove di sua iniziativa, bisogna metterlo di fronte al fatto compiuto...
il mio "timore" è che questa volta ne possano approfittare davvero non modifacando la potenziale legge uscita dal referendum che continuerebbe a garantirgli con le liste bloccate la nomina dei deputati e per di più permetterebbe il party government a cui i partiti maggiori ambiscono...


Lo strumento del referendum è l’unico che i cittadini hanno in mano, ed è l’unico che può davvero mettere alle corde i politici. Si pensi al terrore con cui tutti coloro che hanno un qualche interesse, una qualche rendita personale da tutelare dal sistema attualmente vigente, si affannano ad invitare a non ritirare le schede. Sanno benissimo che il referendum è su una questione serissima, che qualora passasse il tempo dei giochetti sarebbe finito e per conservare quel potere a cui anelano sarebbero costretti a fare delle concessioni ai cittadini in nome della trasparenza e della stabilità dei governi. La storia è lì a dimostrarlo: in 3 mesi nel 1993 il parlamento produsse quella riforma che, senza alcun referendum a fare da pungolo, ci aveva negato nei precedenti 40 anni. E con quali risultati? Rendite di posizioni assurdamente alte, partiti del 13-14% in grado di tenere sotto scacco quelli più grandi e di ottenere poltrone pesanti in più governi. Abbiamo avuto 50 governi in 50 anni, per colpa di quel sistema, e un debito pubblico che nel 1992 toccava la soglia del 120%. Dopo quei referendum, la degenerazione di quel sistema è nettamente diminuita, ma purtroppo il duo Casini-Calderoli ha fatto nel 2005 quello che non andava fatto: ha riportato le lancette dell’orologio dell’italia indietro di un quindicennio, e lo riconsegnato al sistema dei ricatti facili e della mancanza di trasparenza nella selezione dei candidati.
Si può pensare ciò che si vuole, si può anche pensare che, nel caso in cui passasse il referendum, i partiti presenti in parlamento non agirebbero per conservare in qualche modo un potere a loro caro (e la storia, ripeto, ha dimostrato che quando c’è in gioco il potere i partiti sono i primi a muoversi), ma ci si deve assumere la responsabilità di un eventuale inerzia o di un eventuale voto contrario, quando ci viene proposto uno strumento che potrebbe riportare il sistema di selezione dei candidati sui binari che si addicono ad una democrazia. Non sfruttare questa possibilità potrebbe rivelarsi un grande errore.


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