Rai: un’azienda che non è un’azienda, qualcuno la preferisce così.
La situazione del paese è critica, nessuno è ormai tanto temerario da negarlo. Chi ci governa dovrebbe muoversi con consapevolezza delle priorità, cercando soluzioni praticabili ed efficaci. Un esempio di quanto dico sta nella questione della Rai. La Rai perde soldi. Il consiglio dei ministri stabilisce che i costi del personale dell’azienda debbano calare del 20%. Una direttiva che rischia di essere controproducente se applicata con l’accetta.
Tagliare del 20% gli stipendi di tutti non si può.
Si può ridurre il costo del personale solo facendo quello che fanno tutte le aziende quando hanno questo problema: dichiarando degli esuberi (almeno 2400, secondo alcuni) e avviando le solite procedure di prepensionamenti e mobilità. Ma è proprio necessario continuare a ridurre l’occupazione in periodi come questo?
In quanto alle cosidette star (conduttori e giornalisti) si può ridurre i loro ingaggi, ma si corre il rischio che preferiscano rivolgersi alla concorrenza, quindi di fare un grosso ragalo a Mediaset.
Anche qui l’accanimento verso chi ha stipendi importanti è ridicolo.
Se un conduttore prende 400.000 euro all’anno, ma porta nelle casse dell’azienda svariati milioni di pubblicità, qual è il problema?
Preoccupano di più i casi come quello dell’ex Direttore Generale Cappon, accantonato per motivi politici, ma rimasto in azienda a percepire 600.000 euro l’anno senza far niente .
Eppure, tornando al tema dei conti, qualcuno ha detto in questi giorni che sarebbe facile risanarli.
Altrove lo fanno in maniera molto semplice: legano il pagamento del canone a quello dell’energia elettrica.
Evasione zero.
Ma le soluzioni semplici, soprattutto quando sono drastiche e rendono la vita difficile ai disonesti, non piacciono mai a chi ci governa.
Poi, i disonesti votano, perché scontentarli?
Meglio allora le soluzioni populiste, i soprassalti emotivi, l’eterna campagna elettorale.
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