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Quanto costano le Posizioni di Principio

Viviamo in un periodo storico e in un ambiente ricco di conflitti, più o meno latenti, che vengono alimentati da questioni di principio alle quali sembriamo profondamente attaccati, pur senza essere consapevoli delle loro conseguenze e del loro valore.

Le questioni di principio sono molto costose. Alcune settimane fa, in un convegno, il Presidente Giorgio Santacroce della Corte d’Appello di Roma ha ricordato una causa da 30€ durata 8 anni; allo stesso convegno un altro relatore ha ricordato una causa, per l’usucapione di un immobile rurale, durata 45 anni, che ha coinvolto tre generazioni di eredi, i quali si sono moltiplicati nel tempo e che hanno finalmente visto crollare il rudere. Le questioni di principio quindi sono costose per i diretti interessati ma anche per i loro discendenti e soprattutto per l’intera società: quali vantaggi portano alla collettività i giudici impegnati per decenni a decidere la proprietà di una baracca? E quali vantaggi traggono le persone che hanno chiesto a quei giudici di valutare chi avesse diritto a poche decine di euro?

Forse è giunto il momento di chiederci in che modo le questioni di principio, alle quali noi italiani sembriamo molto attaccati, contribuiscono al benessere sociale.

I dati statistici forniti dalla Comunità Europea relativi al 2008 (Commissione Europea, Sistemi giudiziari europei. Sull’efficienza e la qualità della giustizia, 2010; non ho trovato dati ufficiali più recenti) ci informano che i cittadini italiani sono i più litigiosi d’Europa, con un giudizio di primo grado ogni 15,16 abitanti. Al secondo posto c’è la Spagna, con un giudizio ogni 42,13 abitanti: in Italia si litiga più del doppio che nel secondo paese più litigioso d’Europa. Siamo di gran lunga i più litigiosi in assoluto. Per rispondere alla domanda che ho fatto prima (in che modo litigare ci aiuta a sentirci meglio come individui e come società) forse bisogna cominciare a studiare in maniera organica la società e la cultura italiana, che evidentemente non conosciamo così bene quanto crediamo. Non basta dire, come sento spesso, che siamo latini e abbiamo il sangue caldo. Bisogna cominciare a capire perché preferiamo la lite ad altri strumenti, ma finché un problema non diventa importante non si fa niente per capirlo. Se state guidando da Taranto a Milano e si accende prima una spia di allarme sul cruscotto, poi un’altra, poi un’altra ancora, continuereste a guidare sereni? Il livello di allarme ci spinge a preoccuparci per i problemi. Qual è il livello di guardia della società italiana?

Per affrontare i conflitti (che sono momenti naturali della vita in società) in maniera non-litigiosa si può negoziare, ma per negoziare si deve riuscire a passare dalle pretese alle proposte. Una mia pretesa è una tua azione. Una mia proposta è una mia azione. Quando litighiamo tendiamo a pretendere, invece che a proporre, perché siamo irrigiditi sulle nostre posizioni, perché pensiamo di “avere ragione” e di “avere diritto a…”, ma così dimentichiamo che le nostre pretese permettono agli altri di controllare il problema perché sono gli altri a decidere se fare o non fare ciò che noi pretendiamo da loro. Non avere il controllo sul problema ci fa sentire in ansia: emozione che ci impedisce di essere razionali e quindi ci blocca nel circolo vizioso della lite.

I negoziatori superano questi ostacoli usando tecniche di comunicazione che permettono alle parti di liberarsi dall'ansia e di adottare una mentalità razionale per autocriticare le proprie pretese, trasformandole in proposte. È la stessa differenza che passa tra un Tizio arrabbiato, che sbraita e che fa il diavolo a quattro, e un Caio che dichiara di essere arrabbiato e che spiega come si sente e cosa l’ha fatto arrabbiare. Preferireste parlare con Tizio o con Caio?

Quando qualcuno, comunicando, crea un problema, di solito serve un po’ di buon senso oppure serve un negoziatore che, meta-comunicando, faciliti la risoluzione amichevole, spostando l’attenzione dalla manifestazione emotiva del conflitto agli interessi e alle necessità sottostanti. Cosa accadrebbe se, da soli o con l’aiuto di un professionista meta-comunicassimo prima di comunicare quello che ci passa per la testa? E se lo insegnassimo a fare ai nostri figli sin da piccoli?

Se poi la negoziazione in certi casi proprio non produce effetti (ma almeno bisognerebbe provarci), cerchiamo di capire in quali situazioni si può litigare. Per quali conflitti la lite è lo strumento più appropriato? Cominciamo a capire questo per capire se, scegliendo di litigare, facciamo sempre la scelta migliore.

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