Quando il giornalismo è roba per pochi
È una vita che si tenta (così dicono, sarà vero?), di riformare quello che sembra l’unico ordine irriformabile: l’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Io ne faccio parte da poco tempo anche se scrivo da molto. Posso assicurarvi che non è gratificante intellettualmente e moralmente, sentir parlare di giornalismo da parte di persone che non ne sanno nulla e malamente provano a fare gli esperti del momento. Intanto è sempre più difficile vivere di questo antico mestiere, in un sistema come quello italiano sempre più chiuso e immobile alle richieste dei giovani e all’evoluzione della nostra professione.
Alle volte pesa non aprire un dizionario, non chiedere per sapere ed ecco che nascono le cosiddette “bufale” mass mediali dell’era post moderna (mi perdoni il nobile animale dal quale noi tutti ricaviamo e degustiamo la tipica mozzarella). Ebbene i significati delle parole sono importanti, così come il loro stravolgimento a fini caotici, fini che piacciono molto nell’era del frenetico binomio distruggi e cancella da dare in pasto alla galassia sterminata del chiacchiericcio dei web media sociali (e non solo).
Pubblicisti cancellati? La crisi ha finito le gomme. Leggo sempre più frequentemente titoli come “Verrà cancellato l’Ordine dei Pubblicisti”. Semplice e chiaro: non esiste l’Ordine dei pubblicisti bensì l’Ordine Nazionale dei Giornalisti, che è “custode” dell’Albo, suddiviso in diversi elenchi: elenco dei professionisti, elenco dei pubblicisti, elenco dei praticanti. Quindi, se proprio dovesse sparire qualcosa, il titolo da fare sarebbe questo: “Verrà cancellato (o Sparirà) l’elenco dei pubblicisti”. Ad esempio, io sono un giovane giornalista iscritto all’elenco dei pubblicisti. Semplice, no? Speriamo lo comprendano colleghi a volte un po’ sbadati, oltre ai tanti professionisti della comunicazione e a quanti scrivono senza leggere o approfondire la materia di cui scrivono e parlano.
2012: l’apocalisse per tutti o solo per i giornalisti? “Sparirà l’Ordine dei Giornalisti” è solo uno dei tanti titoli utilizzati in questi ultimi tempi, da parte di una qualificata (ma anche non qualificata) massa di persone, per annunciare la morte certa del nostro beneamato Ordine irriformabile. Nulla di più falso. Se proprio ci sarà qualcosa che proseguirà in questo sciagurato mondo, Maya permettendo, dopo il 21 dicembre prossimo, è proprio l’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Mi dispiace per quanti ci speravano ma l’Ordine, così come altri ordini professionali, non sparirà. Io sono un giovane giornalista pubblicista e spero tanto che l’Ordine si riformi, in bene e sempre al passo con i tempi. La bella e utile “Carta di Firenze”, da ieri ufficialmente in vigore, è una riprova che gli organismi di settore a qualcosa servono, quando sono al fianco e appoggiano chi combatte per una professione svolta in maniera dignitosa. Con buona pace degli abolizionisti integralisti.
Sarà vero che il giornalismo è roba per pochi? Lo scorso 29 dicembre, come è rito, il Primo Ministro Mario Monti ha preso parte alla conferenza stampa di fine anno organizzata dall’Associazione della stampa parlamentare. In tale occasione gli è stata conferita la tessera onoraria dal Presidente del Consiglio nazionale dell’Odg, Enzo Iacopino. Proprio quest’ultimo ha speso parole importanti e dovute, in un momento come questo, su quanto sta accadendo nella rete mediatica virtuale e fisica in merito alla tanto discussa cancellazione dell’Ordine e di noi pubblicisti.
Il 31 dicembre scorso è stata pubblicata sul sito nazionale una sua ulteriore presa di posizione, per smorzare gli effetti negativi della massa incontrollata di bufale che circolano sul web, in questi ultimi giorni: commenti di cittadini sull’inutilità degli ordini, sgomento e rassegnazione per i giovani aspiranti giornalisti e, soprattutto, sgomento di colleghi pubblicisti per quello che potrebbe succedergli.
Sono certo che nessuno di noi smetterà di correre e di lottare per ciò che si è meritato in questi anni, avendo svolto una sacrosanta palestra di scrittura professionale. Nessuno può toglierci ciò che ci siamo guadagnati giorno dopo giorno “sul campo” (e penso a Giancarlo Siani e a tutti i giornalisti precari-eroi quotidiani). Nessuno può discriminarci dopo anni di professione. Nessuno può mortificare le nostre passioni, il nostro dovere di collaborare alla realizzazione del diritto-dovere d’informazione sancito dall’amata Carta Costituzionale. Nessuno può permettersi modifiche senza ascoltare chi lavora per davvero, non per finta, scendendo in strada, facendo telefonate, parlando con la gente e ascoltando tutti senza pregiudizi ma con il solo obiettivo di portare alla luce ciò che spesso viene abilmente tenuto in silenzio.
Nessuno, né la politica, né le bufale mass mediatiche o da bar, potranno cancellare il nostro diritto ad informare e ad essere informati. Ergo, se riforma ci sarà dovrà passare sulla nostra pelle e non aggirarla abilmente senza alcun consulto. Se ciò si dovesse verificare, se davvero poi a qualcuno balenasse per la testa la bella idea di eliminare decine di migliaia di professionisti senza ascoltarli, allora non ci sarebbe altra soluzione della restituzione di tutte le tessere: non solo dei pubblicisti, ma anche dei professionisti, per non dimenticare quella del professor Monti, già pubblicista di lunga carriera. A mio avviso dovrebbe essere il primo a restituirla se la politica e il Governo di cui egli è responsabile si addosserà di tale grave colpa.
Perché giornalisti pubblicisti non si nasce ma ci si diventa con merito e passione.
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