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Possiamo investire nelle rinnovabili?

Che futuro per gli investimenti italiani nelle energie rinnovabili? Il settore è forte ma la politica ostacola, ogni giorno di più.

Il delta energia si allarga nel dibattito politico. Mentre si continua a cianciare di agende e ripresa, contrapponendo slogan a slogan, la realtà sembra ormai correre lungo tutt'altra strada. I dati dell'esplosione dell'export italiano ci indicano che una politica industriale in Italia, nel silenzio del governo, comunque è stata fatta e il nostro sistema paese, all'ombra della crisi, ha deciso autonomamente di collocarsi sui livelli cosidetti intermedi delle produzioni tecnologiche conquistando primati nei segmenti delle applicazioni mirate: dalle turbine a gas alle macchine a controllo numerico ai telai computerizzati.

Lo stesso sta capitando nel settore energetico, dove la scelta a favore delle rinnovabili è nelle cose. Con l'unica differenza che mentre rispetto all'export industriale il governo si limita a disinteressarsi delle strategie, nel campo energetico, interviene pesantemente, cercando di ostacolare lo sviluppo.

I dati sono impressionanti: nel 2012 la produzione di fotovoltaico in Italia ha largamente superato i 18 terawattore, incrementando, rispetto all'anno precedente, del 71% il suo prodotto. In un anno di congiuntura economica drammatica, con una riduzione complessiva della domanda di energia di ben quasi tre punti percentuali. E con tutte le altre fonti energetiche che hanno chiuso con un decremento consistente rispetto al 2011.

L'anno appena iniziato, benché risentirà pesantemente dei tagli agli incentivi decretati dai vari governi che si sono succeduti, potrebbe fare ancora meglio. Il Kyoto club calcola che potremmo superare la soglia dei 100 miliardi di kilowattora, arrivando a sodisfare circa il 31% della domanda complessiva di energia.
Siamo ad un vero boom.

Il dato da considerare, però, è un altro.
Il processo di sviluppo delle energie rinnovabili, in particolare del fotovoltaico, nonostante le congiunture negative e gli accanimenti legislativi, segnala una velocità di espansione assolutamente straordinaria. In soli 4 anni l'aumento della produzione di energia solare è stata di circa il 2.600%. Un fenomeno che non può rimanere confinato nell'eccentricità econometriche. Dobbiamo pretendere che la politica ci dica come considera questa potenza del sistema Italia. Siamo ormai a livello della cosidetta legge di Moore che ha garantito negli ultimi 40 anni lo sviluppo esponenziale delle tecnologie digitali. Il solare sta diventando un fenomeno economico che esplode geometricamente, raddoppiando ogni due anni la sua capacità di impatto sul sistema.

La ragione, che è anche il valore aggiunto del fotovoltaico, riguarda proprio la sua natura pervasiva del modello produttivo e distributivo.

Il fotovoltaico è sempre più un fenomeno sociale, come Internet, prima che una tecnologia. Questo riguarda sia le installazioni a campo, che nei nuovi impianti urbani a tetto. Come vogliamo indirizzare questo fenomeno?

Questo è il quesito che non compare nel dibattito politico.

È evidente che con la fine del 2013 arriveremo ad un bivio: la potenza delle rinnovabili scardinerà l'equilibrio del vecchio sistema energetico, basato sulle centrali termo elettriche a combustibile dell'Enel, distribuite da Terna.

Cosa accadrà?
Blocchiamo tutto per permettere all'Enel di ammortizzare i suoi cervellotici investimenti? Affidiamo a Terna la discrezionalità di far valere nelle borse energetiche la priorità del prodotto proveniente dalle centrali Enel?

Uccidiamo la potenzialità di combinare fotovoltaico con le nuovi produzioni intermedie che stanno furoreggiando all'estero, abbattendo il gap energetico che da 50 anni aggrava il made in Italy? Queste sono le domande fondamentali con cui si governa un paese.

Dalle risposte capiremo se imprenditori che vogliono investire non solo e non tanto nel fotovoltaico ma in un modello industriale competitivo possano farlo, in particolare nel mezzogiorno, nelle regioni solari, come Puglia e Campania.

Possiamo?

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.152) 26 gennaio 2013 19:31

    PaoloM.
    Non mi risulta che abbiamo un Piano Energetico Nazionale aggiornato. Ciò può far comprendere perchè non abbiamo una direzione precisa, su cui orientare le future scelte.
    Tutte le altre nazioni sviluppate ed in via di sviluppo hanno piani molto precisi in proposito. Nonostante la burocrazia terrificante, gli italiani hanno saputo far crescere il fotovoltaico oltre le previsioni più rosee.
    Ora però, per continuare a produrre da rinnovabili, è necessario promuovere fonti molto più "produttive" in termini di terawatt/h, fra cui la fonte eolica, che tutti i paesi del mondo stanno potenziando, ma che l’Italia sta usando molto poco, mentre per quella solare "a concentrazione" siamo a zero, nonostante abbiamo una industria in Sicilia che produce apparati per questo tipo di impianti!
    E’ necessario che il prossimo governo metta in agenda piuttosto con urgenza questo tema, da cui dipende lo sviluppo della nazione.

  • Di paolo (---.---.---.219) 26 gennaio 2013 23:59

    Che l’Italia per decenni non ha avuto un piano energetico nazionale è una verità incontrovertibile .Unici al mondo .
    L’attuale governo Monti (è ancora in carica anche se solo per l’esercizio ordinario) ha varato la S.E.N (strategia energetica nazionale) che si incentra su due linee :

    a) Ridimensionamento degli abnormi( folli e unici al mondo) incentivi sulle rinnovabili (escluso idroelettrico e geotermico)che ,per quanto ormai l’Italia sia ai primi posti nel mondo come collocazione in termini di potenza installata ,essendo fonti intermittenti (fotovoltaico in primis) e quindi a basso fattore di carico non hanno se non marginalmente risolto il gap energetico che sfavorisce le nostre aziende energivore (vedi Alcoa) rispetto ai competitors europei e mondiali ,con un differenziale negativo che è ancora del 30-40% in termini di costo del KWh . Pertanto i 20 miliardi di euro di incentivi a regime 2020 già concordati e spalmati sulle bollette di tutti gli italiani (anche chi non ha installato un pannello ) sono serviti unicamente per soddisfare il qualunquismo ideologico (e anche affarucci poco edificanti) di tutti i sostenitori dell’energia pulita facile e a gogo’ , con l’aggravante di non aver favorito la "green economy" nazionale dal momento che l’impiantistica è in massima parte straniera .

    b) Spinta e aumento degli incentivi sul risparmio energetico .Capitolo in cui in Italia c’è ancora moltissimo da fare e che darebbe impulso all’edilizia e quindi all’economia ma che deve incontrare il favore(non scontato ) politico perché dovrebbe incentrarsi su una defiscalizzazione della casa .

    La conclusione ,dopo che il "pppopolo italico" si è espresso sul nucleare , unica provvista che avrebbe potuto risolvere il problema ma che visto il contesto politico istituzionale è stato meglio accantonare ,per contenere il deficit produttivo ci stiamo affidando alla combustione dei fossili ,ovvero carbone ed idrocarburi ,con buona pace degli ecoterroristi che infestano questo paese e ,naturalmente ,degli accordi di Kyoto che abbiamo sottoscritto .Amen .
     

  • Di (---.---.---.63) 27 gennaio 2013 14:25
    Rai in energia è vecchia di 20 anni.
    La Rai ha magnificato la piattaforma Vega dicendo che è il nostro pozzo piu’ importante e facendo capire agli allocchi che senza trivellazioni l’Italia non ce la fa.Poi hanno parlato poi di 2 rinnovabili dandosi la zappa sui piedi.
    Solare CP-Siracusa.Peccato che il servizio non ha fatto vedere che usano il metano e poi non ha parlato del costo al MWh che supera 300 euro al MWh contro i 30 dell’hydro.
    Vento:hanno fatto vedere delle turbine vento ridicole a terra.Non sono andati nel mar del Nord a far vedere Bremenhaven e l’Audi e-fuel che gli regalava il bellissimo filmato su Windfuel non l’hanno interpellata ed ora la Merkel è nera con la Rai Energia.
    Acqua e mare.Accennato di sfuggita,quasi fosse il figlio da nascondere,ma non hanno detto che ha il costo minore di 30 euro al MWh
    Biofuel.Niente,sono figli di un dio minore.L’Eni non vuole che se ne parli.

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