• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Palombelli intervista D’Alema: casta e dintorni

Palombelli intervista D’Alema: casta e dintorni

Ascoltavo oggi alla radio “28 minuti” a cura di Barbara Palombelli che intervistava Massimo D’Alema. Il tono era colloquiale e quasi confidenziale, come si conviene tra due esponenti della “CASTA”, dove il ruolo della RAI è quello di puntellare il potere dei partiti senza fare mai quelle domande scomode, che dovrebbero essere obbligatorie per chiamarsi giornalisti, e l’impressione era quella evocata da Totò e Nino Taranto che vendevano la fontana di Trevi al farlocco di turno.

La consorte del bollito Rutelli chiedeva all’intelligentissimo D’Alema lumi su come si potesse rinnovare la classe dirigente del suo partito (il PD), e la pronta risposta era quella che un ruolo insostituibile ce l’hanno proprio i vecchi dirigenti nel formare i nuovi, poiché il partito è una scuola in cui si forma la classe dirigente, proprio come fu per D’Alema che aveva avuto maestri quali Terracini, Ingrao, Amendola, ecc.

La domandina facile facile che sarebbe dovuta seguire, ossia se la cosa vale anche per quei gruppi dirigenti che hanno portato la sinistra alla perdita di identità e alla sconfitta, non si è sentita, e la prospettiva dalemiana di continuità è sembrata soddisfacente per la “giornalista”.

Probabilmente ciò la rassicurava per un residuo ruolo per il consorte che solo nel caso di un mancato rinnovamento può continuare a vagare per il comodo “Palazzo”.

La crisi della sinistra, nel suo variegato insieme, è una delle cause del dilagare della destra, e proprio le mancate dimissioni di tutti i responsabili della storica sconfitta, da Veltroni a Bertinotti, a D’Alema ecc., sono il più grande ostacolo al rinnovamento e alla scelta di una nuova strategia.

Non si vuole comprendere che è necessario un costante rinnovamento dei dirigenti attraverso la non rieleggibilità dopo due legislature, perché una lunga permanenza nel Palazzo, da incendiario ti fa diventare pompiere, e quello che conta non è l’anzianità o l’esperienza, ma la strategia e i valori a cui ci si ispira.

Essere di sinistra OBBLIGA a rappresentare le classi subalterne, i salariati, i precari, i disoccupati,i poveri, che devono essere formati e mandati in Parlamento, senza che avvocati o giornalisti o funzionari di partito parlino al loro posto.

Già questa sarebbe una rivoluzione. Finora una falsa sinistra si è sempre ben guardata dal fare arrivare in Parlamento le figure sociali a cui dice di ispirarsi.

Quanto alla strategia, una volta abbandonata la teoria rivoluzionaria, i falsi comunisti italiani hanno parlato di una fantomatica via italiana al socialismo, di tipo riformista, ridicolmente fallita fino a portare il più grande capitalista italiano primo ministro.

Accettando il capitalismo non poteva che finire così e oggi i nipotini di quella sinistra abusiva sono con il cappello in mano a chiedere ai padroni di investire, pur di avere qualche occupato in più, anche se con meno salario e con tre morti al giorno per mancate misure di sicurezza.

La subalternità della sinistra al capitalismo è totale e non si capisce perché oggi uno la dovrebbe votare.

Eppure la crisi mondiale del capitalismo, con le sue truffe, l’alterazione profonda dell’ambiente, il consumismo, l’enorme inquinamento, la sovrappopolazione, dovrebbe far sorgere un fronte antagonista capace di portare il mondo verso una economia sostenibile, basata innanzi tutto sulla autonomia alimentare ed energetica di ogni paese. Con profonde ristrutturazioni che portino la maggior parte della popolazione a vivere nelle campagne, producendo in cooperativa, in famiglia o da singoli, al tempo stesso prodotti agricoli ed elettricità, con tecnologie rinnovabili, impedendo così il formarsi dello sfruttamento capitalista del lavoro salariato, per una nuova società di piccoli produttori che autogestiscono il proprio lavoro senza farsi sfruttare da nessuno.

Una strategia del genere ha bisogno di una rappresentanza politica. Sostenibilità, equilibrio tra abitanti e risorse, energia pulita e diffusa,piccolo modo di produrre, fine della schiavitù salariata, abolizione degli eserciti, sono la vera modernità e lungimiranza e l’unica strada possibile verso cui incamminarsi.

Oggi in Italia milioni di persone potrebbero cominciare a vivere e produrre in modo diverso, basandosi solo sulla voglia di non dipendere da nessuno e sulla capacità di collaborazione con altre persone, per dimostrare che un altro mondo è possibile, e far vedere quanto è preferibile vivere usando il proprio cervello, senza rischiare vita e salute, senza la precarietà e la paura di essere licenziato, radicato nel territorio e legato alle persone che fanno le stesse scelte.

Commenti all'articolo

  • Di gio (---.---.---.242) 4 giugno 2009 17:41

    rutelli non mi sembra un bollito anzi sembra ritornato di moda ,e sul rinnovamento credo che lo debba fare sopratutto la destra....e x la casta credo non sia mai stata così forte come adesso....l’unico da sgombrare sarebbe berlusconi che ci sta portando alla deriva e alla derisione degli altri stati europei e mondiali

    • Di Giorgio Floris (---.---.---.69) 5 giugno 2009 15:12

      E’ la prima volta da 4 o 5 anni che sento parlare di Rutelli in termini "non pessimi"...
      Ma si... teniamoci Rutelli e D’Alema (egli altri vecchi dirigenti) che hanno fatto tanto bene: la bicamerale, l’indulto,hanno risolto il problema del conflitto d’interessi (?!) .......

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares