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Palermo. L’olivo intriso di memoria

Via D´Amelio, si rinnova ogni 19 del mese la “Scorta per la memoria”. Non perché sono morti, perché hanno vissuto per una vita più giusta.

 

Dall'asfalto si è generata nuova vita. Una bomba fatta esplodere per distruggere, è riuscita solamente a disperdere nell'aria tanti semi. Ed il vento che continua a sollevarli, a rimetterli in circolo, siamo tutti noi. Pensiamo al soffione, l'infruttescenza del Tarassaco, dal significato simbolico ed evocativo. Tutti noi da bambini abbiamo soffiato quella sfera misteriosa ed osservato, con la gioia e la spensieratezza tipica dell'infanzia, quei semi spiccare il volo, appesi ad una sorta di paracadute. E con essi, volavano pensieri verso mondi lontani, sogni e speranze. Avvertivamo che la separazione di quei semi non rappresentasse qualcosa di negativo. Il soffione appunto, legato all'idea del distacco e del viaggio, simboleggia forza, fiducia e speranza. La stessa speranza che è rinata da quell'orribile cratere dove esplose l'autobomba, il 19 luglio 1992 alle 16.58. Quel luogo è diventato un simbolo, un patrimonio di tutti, un punto nevralgico nella mappa della memoria che va salvaguardato. Troppo spesso viene soffocato dalle auto parcheggiate tutto intorno. Chi lo visita utilizzando tutti i sensi, e magari anche il sesto, percepisce qualcosa di indescrivibile solo a parole.

Secondi, minuti, ore sotto i rami dell'olivo e si avvia un processo, quasi una reazione chimica che fa ripercorrere trent'anni di vita. Di vita, appunto, e non di morte. Si percepiscono sorrisi, risate, battute, complicità e responsabilità. Chi ci va una volta, e sente tutto questo, desidera tornare e ritornare, perché è un punto catalizzatore di energia positiva. Infatti, tutto quell'amore e la dedizione del magistrato Paolo Borsellino per il suo lavoro, per la famiglia, per la città che desiderava migliorare e l'amore di quei giovani ragazzi che pur sapendo di rischiare la vita sono rimasti al suo fianco per proteggerlo, si è traformato in un energia raggiante e incontenibile.

Una bomba non hanno ancora inventato - ha sottolineato in varie occasioni Salvatore Borsellino - una bomba che distrugga l´amore”.

Quell'olivo proveniente da Betlemme è stato fortemente voluto da Maria Pia Lepanto, madre del giudice ucciso. Grazie alla sua intuizione è diventato un luogo vivo di memoria, visitato da molti giovani, scolaresche e persone da ogni parte d'Italia e del mondo, dove l'albero è simbolo di Pace, di rigenerazione, di solidarietà, di impegno civile e di giustizia tra i popoli. Lo scorso 16 aprile ricorreva il 74°compleanno di Agostino Catalano, un'gente della scorta del Quarto Savona 21, in servizio quel giorno insieme, tra gli altri, ad Antonio Vullo, unico superstite. Intorno all'albero si sono radunati i familiari, fratelli e sorelle, alcuni attivisti e simpatizzanti del Movimento Agende Rosse, e in collegamento da remoto con Salvatore Borsellino e Angelo Garavaglia Fragetta, coofondatore del Movimento delle Agende Rosse e autore dell´inchiesta indipendente sul furto dell´agenda rossa di Paolo Borsellino.

Molti sono ancora i punti oscuri, dopo 31 anni, sulle responsabilità che ruotano intorno alle stragi, quella di Punta Raisi e quella di Via D'Amelio, molti i depistaggi e ancora troppe le delusioni.

Nel 2021, dopo l'ennesimo danneggiamento alla targa commemorativa, posta alla base dell'albero, è stata installata una telecamera di sorveglianza, posizionata sotto il Castello Utveggio, e creata la Scorta per la memoria. Il presidio nello stesso anno è stato intenso, organizzato dal 1°maggio fino a tutto luglio, per poi proseguire ogni 19 del mese. All'indirizzo www.viadamelio.it si può accedere alla telecamera live.

Devo ringraziare mia madre, ha detto il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, che ha voluto piantare l'albero in quella buca scavata dall'esplosione, in quella terra bagnata dal sangue mescolato di Paolo, Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo e Eddy, perché diventasse un luogo di Pace e di speranza piuttosto che un luogo che ricordi morte, violenza e sopraffazione. Ha trascorso gli ultimi cinque anni della sua vita affacciata a quel balcone in via D'Amelio a vedere i tanti giovani che venivano a vedere l'albero, come se andassero a visitare suo figlio. E sono convinto che se si affacciasse oggi sarebbe contenta di questa festa di compleanno. Quell'albero è il legame con Palermo. Tutte le mattine accendo il computer e lo guardo; è la maniera di essere ancora a Palermo, anche se ormai, purtroppo, sono lontano. Non vado mai al cimitero. Al cimitero non c'è niente, c'è quello che resta, se ancora resta qualcosa dei loro corpi, ma lì, dove c'è l'albero, quei ragazzi continuano a vivere. Quando poggio la mia mano su un ramo, come facciamo in tanti, è come se sentissi scorrere il sangue ancora, come se quello non fosse un ramo, ma il braccio di Paolo. Grazie a mia madre - prosegue Salvatore Borsellino - posso essere insieme ai parenti di quei ragazzi che hanno sacrificato la loro vita sapendo che fare la scorta a Paolo significava rischiare la morte. Eppure sono rimasti, non sono andati via, erano lì in quel momento, lo hanno difeso con i loro corpi e sono stati fatti a pezzi. Ma non voglio ricordare questo. Voglio ricordare Paolo (Borsellino), Agostino (Catalano), Claudio (Traina), Emanuela (Loi), Vincenzo (Li Muli), Walter Eddy (Cosina). Voglio ricordarli come se fossero vivi, anzi sono vivi. Vivono lì, in quell'albero.

La scorta della memoria si rinnova ogni 19 del mese, non perché sono morti, perché hanno vissuto per una vita più giusta.

L´invito per ogni 19 del mese è esteso a tutti.

 

(Foto del 2021)

 

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