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Caso kazako: alfano e l’ambasciatore possono restare al loro posto?

Dopo il caso Ruby, anche il caso Alfano: mai L’Italia era caduta così in basso. Ma un Paese si definisce non per la condizione in cui si trova, ma per quello che fa, per risollevarsi ed uscirne.

E allora, caro Presidente Napolitano, il problema non è se il Paese può restare senza governo: il problema è se il Paese lascerà senza sanzione una violazione dei diritti umani che non ha precedenti nella storia democratica del nostro Paese con, allo stesso tempo, e l’esproprio in casa nostra della nostra sovranità. Il problema è se l’Italia riuscirà a mandar via il suo ministro degli interni e l’ambasciatore Kazako.

E ciò a prescindere dalle colpe di entrambi, perché in politica, anche in assenza totale di colpa, le gravi violazioni che coinvolgono la credibilità e il buon nome del Paese non possono restare senza sanzione. Un Paese che non riesce a sanzionare trasgressioni tanto gravi non può presentarsi a testa alta sulla scena internazionale politica e economica.

Alfano non sapeva, Alfano non era a conoscenza di quanto facevano i suoi collaboratori più stretti, agli ordini dell’ambasciatore kazako. Non sapeva della violazione della nostra sovranità, nelle mura del ministero degli interni. Non sapeva della violazione inaudita dei diritti umani contro una donna e una bimba.

La cosa non è credibile, ma non è questo il punto.

L’ambasciatore, invece, ha fatto gli interessi del suo Paese ha obbedito ad ordini superiori, ma non è questo il punto. L’italia ha subito un’espropriazione della sua sovranità, e con essa è stato mandato in frantumi il rapporto di fiducia tra l’ambasciatore Kazako e il nostro Paese. Per questo l’Italia non può restare con le mani in mano, non può trascurare la responsabilità oggettiva che coinvolge il ministro e il diplomatico.

La colpa del ministro si configura per la sua incapacità di impedire quello che ha fatto il diplomatico, per la sua leggerezza nella scelta dei collaboratori e, nel loro di controllo. La colpa dell’ambasciatore si configura, invece, per aver violato i rapporti di fiducia con l’Italia.

Tuttavia non sono questi i profili che giustificano la rimozione di Alfano e l’espulsione dell’ambasciatore. Non sono questi gli elementi che dovrebbero consigliare ad Alfano le dimissioni e al Ministro degli esteri di togliere il gradimento al diplomatico e rimandarlo in patria. Si tratta di un esproprio di sovranità: le violazioni dei diritti umani non possono restare senza sanzione.

Un processo politico viene fatto secondo criteri politici, che sono diversi dai criteri giudiziari. In diritto la sanzione si applica al colpevole, in politica al responsabile. E ciò perché le responsabilità del singolo e la loro sanzione, quando coinvolgono un intero paese, prevalgono sul giudizio di colpevolezza del singolo.

Per questo il problema kazako resta in piedi in tutta la sua gravità, e con esso la questione della permanenza nel loro posto del segretario del PDL e del diplomatico.

E ciò per la leggerezza della maggioranza, attenta alla colpa ma non alla responsabilità, attenta alla sopravvivenza del governo e non al paese, stritolato dalla morsa del fango. 

Ma al di là delle responsabilità di Alfano e del diplomatico, una cosa è certa: stiamo sacrificando i diritti umani e questa una macchia sul nostro Paese, un segno di debolezza di cui gli altri Stati potrebbero approfittare.

Per il Parlamento italiano Ruby era la nipote di Mubarak. Sul caso della ragazza marocchina il PDL chiuse gli occhi e le orecchie (e anche il naso); sul caso Alfano li chiudono insieme PD e PDL.

La sopravvivenza del governo: è questa la linea che ha ispirato le nostre istituzioni (governo, parlamento e Quirinale) che assolvono Alfano e individuano le responsabilità maggiori in questa vicenda nell'ambasciatore e nei funzionari di polizia.

E allora tutto nasce dalla paura della caduta del governo. Una paura infondata perché il governo non cade e non cadrà, ne oggi ne domani; una paura infondata perché un'alternativa a questo governo esiste.

Il MOV5S, su richiesta del PD, potrebbe esprimere un presidente del consiglio gradito al partito democratico. In più le forme per mandare avanti il nuovo esecutivo si troveranno.

Una paura infondata, perché i parlamentari non voglio affrontare il rischio di elezioni anticipate e una nuova campagna elettorale, con il rischio di non essere eletti.



Foto: Epp/Flick

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