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Omaggio a Montanelli per il centenario della nascita

Nel centenario della nascita di uno dei più grandi giornalisti italiani (anche lui con i sui pregi e i suoi difetti), mi sembra giusto ricordare Indro Montanelli riportando parte di alcuni dei suoi articoli migliori (sembra una barzelletta, ma il nome Indro deriva da cilindro).

Ricordo che Montanelli è nato a Fucecchio (FI) il 22 aprile del 1909 ed è morto a Milano nel 2001 (www.fondazionemontanelli.it).

Cito ora un articolo sulla Rivoluzione in Ungheria, a cui seguiranno due articoli “sull’Italia di Ieri”, sempre molto simile a quella di Oggi.

“Guardiamo anzitutto questa società ungherese, uscita da undici anni di terapia comunista. Era una società a pezzi, specie dal punto di vista economico".

"Eppure, questa miseria materiale non aveva affatto ingenerato quella morale del servilismo e dell’accattonaggio. Non sono mai riuscito a dare una mancia. Non sono mai riuscito a compensare un servigio. Ogni giorno gli studenti coi quali ero in contatto venivano a portarmi un pezzo di pane, un pacchetto di sigarette, e qualche volta una torta di mele. Ogni giorno venivano a prenderci per condurci in questo o in quel covo, dove s’incontravano i loro compagni operai e contadini. Non c’è mai stato verso di far accettare nulla a nessuno. Si, la società ungherese è in pezzi, dopo undici anni di regime comunista".

"Eppure, questa società di operai, di studenti e di contadini in cenci e ciabatte, questa società socialista, in cui non è più discernibile nessun brandello, né fisico, né morale, di aristocrazia e borghesia, emerge da undici anni di comunismo con un orgoglio, con un rispetto di se stessa, con una serietà d’impegni, con una eroica determinatezza, con un senso drammatico della vita, dinanzi ai quali io, borghese di Occidente, mi sono sentito coperto di vergogna".

Cosa spingeva costoro ad ammucchiare i propri cadaveri sotto i cingoli dei carri armati sovietici?

Una cosa è certa: che quando, al termine della prima rivolta, cacciati via i russi a calci nel sedere (e chi ha visto questo spettacolo dei carri armati sovietici a testa bassa sotto gli sputi e gl’insulti di una popolazione quasi inerme, non lo dimenticherà più), gli ungheresi furono, sia pure per un istante, liberi di volere qualcosa, su due scelte si trovarono di primo acchito unanimi: la libertà e il socialismo".

"E furono queste che difesero contro il proditorio attacco di cinquemila panzer Chi può credere che in una lotta simile fossero in palio soltanto la radio e la televisione, gli aumenti di salario e le assicurazioni contro la vecchiaia?"

"A Budapest il comunismo è morto: lo dico con profonda convinzione".

"Ma è morta, a Budapest, anche la nostra “reazione”. Non ce n’era sulle barricate, fra i protagonisti del più bello e nobile episodio della storia europea del dopoguerra".

"La libertà e il socialismo che irrigidivano quelle folle nere e silenziose, compatte come macigni, contro il sopruso e l’aggressione, sono una religione nuova, incubata in un decennio di sofferenze, di cui non abbiamo l’idea, e che un giorno ci conquisterà: non facciamoci illusioni” (Corriere della sera, 25 novembre 1956).



E veniamo alla “Questione Italiana”. Alla vigilia della nascita della Voce: “Saremo certamente all’opposizione".

"Un’opposizione netta, dura, sia che vinca l’uno sia che vinca l’altro. Il difficile sarà distinguerci dall’altra opposizione. Se vince questa destra, noi certamente le faremo opposizione, cercando di distinguerci però da quella che faranno a sinistra. Se vince la sinistra, noi faremo opposizione ugualmente ferma, cercando di distinguerci da quello che faranno gli uomini della cosiddetta destra. Lì sarà la difficoltà, per noi” (Corriere della Sera, 21 marzo 1994).

E purtroppo agli italiani piacciono le cose facili e avere la vita facile, finché a lungo andare sopravvivere diventa molto difficile.

Invece due mesi e mezzo dopo la sua cacciata dal Giornale e poco prima della vittoria elettorale di Berlusconi scrisse: “L’impegno che prendiamo col lettore è il disimpegno da qualsiasi forza politica, anche se il 27 (marzo) dovremo optare per una di esse, e tutti ci chiedono per lettera, per telefono e per strada fino all’asfissia quale sarà".

Continua dicendo:

"E’ un discorso che cominceremo ad affrontare domani. Sarà una preferenza sotto condizione. Una recente esperienza, che non vogliamo ripetere, ci ha fatto toccare con mano l’incompatibilità del nostro modo di essere col modo di fare dei politici e del loro Palazzo, cui intendiamo restare del tutto estranei (chi scrive crede di averlo già dimostrato rifiutandosi di andare ad occuparvi una delle poltrone più comode). Nessuna pregiudiziale di simpatia o rancore riuscirà ad incrinare la nostra equidistanza dalle forze in campo e dai loro rappresentanti".

"Se, per esempio, il Cavaliere si schiererà sulle posizioni che molto tempo prima di essere sue sono state e rimangono le nostre, rinunziando a quegli atteggiamenti da Uomo della Provvidenza, noi gli daremo lealmente una mano. Ci siamo soltanto riservati di farlo da uomini e giornalisti liberi piuttosto che da impiegati e trombettieri del padrone. Chissà se il padrone comprenderà la differenza. Ma credo che il lettore lo apprezzerà” (Corriere della Sera, 22 marzo 1994).

Però gli Italiani si vogliono schierare, non amano pensare e l’Italia continua ad amare gli uomini potenti incapaci di pensare. Da noi “la politica è l’arte di evitare che la gente si interessi di ciò che la riguarda” (Paul Valéry). Che dire di più a proposito di Montanelli: “è difficile avere un buon carattere quando si ha carattere” (e questo è quello che lui diceva di se stesso). Chiudo poi con un suo pensiero molto rivelatore del carattere nazionale italiano: “La servitù in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi”.

"E l’indefinibile e indifendibile opinione pubblica italiana continua a considerare il servilismo, l’immobilismo e il lassismo simili alla buona educazione, come affermato da Leo Longanesi in Italia “non è la libertà che manca: mancano gli uomini liberi”".

Gli articoli sono stati tratti dal libro “La scomparsa dei fatti".

"Si prega di abolire le notizie per non disturbare le opinioni” di Marco Travaglio.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.230) 23 aprile 2009 17:18

     bravo Damiano Mazzotti.
    grazie per aver ricordato il grande Indro, l’anarchico liberale, il bastian cuntrari, uno straniero in patria.
     un uomo con mille difetti e contraddizioni. Eppero’ un uomo libero, coraggioso, onesto. Quelle qualita’ che ti rendono una grande persona, prima ancora che un grande giornalista.

     Indro Montanelli. Uomo libero.
     per tutto cio’ che, nel bene e nel male, tale parola significa.

     saluti
     m.c.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.114) 23 aprile 2009 17:45
    Damiano Mazzotti

    Grazie Maurizio... A quanto pare tu fai parte della sua razza: quelli che hanno carattere e quindi non hanno un buon carattere... ma tutti i punti di vista sono sempre limitati... e cioò non è sempre vero... e si può sempre chiedere scusa per la propria limitatezza... Virginia non si meritava quel trattamento: anche se indiretto...

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.216) 24 aprile 2009 00:05
    Damiano Mazzotti

    Non volevo fare una predica... Esprimevo un’opinione... Tutti noi abbiamo degli stili che vanno smussati per relazionarsi con gli altri e ogni società e ogni sito ha le sue regole... Sei una persona istintiva che io apprezzo perchè dici le cose direttamente... Ma c’è chi non apprezza... E già ti eri "scaldato" in un’altra situazione...

    Forse non hai ancora ben capito la differenza tra noi e tutti gli altri: non facciamo differenze se uno è bianco, rosso, verde o di colore... noi siamo un arcobaleno... e non solo si deve cercare di rispettare i colleghi, ma dobbiamo essere d’esempio per i cittadini.... concentriamo le nostre energie per fare la guerra ai disonesti che ci circondano e non facciamoci la guerra tra di noi imitando i cretini che ci circondano...

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