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Oligarchia vs Democrazia Diretta

Di tanto in tanto l’amico Enzo Trentin e “L’Accademia degli Uniti” mi inviano dei testi interessanti, farciti di buonissime riflessioni; prendo spunto da uno di essi per elaborare questo pensiero.

Oggi più che mai è chiaro che siamo dinnanzi ad uno stato di fatto a causa del quale si trovano a sussistere due classi di persone: i governanti (che sono le élite che hanno il potere politico) ed i governati (il resto della società); sostanzialmente si tratta di oligarchia. Questa élite si è organizzata e ramificata al meglio in modo tale da mantenere a lungo la propria posizione e tutelare i propri interessi, anche utilizzando i mezzi pubblici a sua disposizione.

Potremmo, estremizzando il tutto, affermare che democrazia, parlamentarismo, socialismo siano solo delle utopie, delle teorie politiche per legittimare e mantenere un potere che si trova sempre in mano a pochi uomini. Unici ricambi quelli dettati dalla salute o dall’anagrafe dei parlamentari, allora le porte si aprono e possono entrare (oltre ovviamente agli sponsor) nani e ballerine, cioè quella schiera di intellettuali, professionisti, operatori economici, tecnici, dirigenti, impiegati, artisti, artigiani, operai specializzati, che hanno creato il tessuto sociale dell’oligarchia e vissuto, magari di trasferimenti ad enti a causa di casse integrazione, magari di consulenze e diciamolo “pubbliche” consulenze.

Ci spacciano una Sovranità popolare inesistente, eludendo di sana pianta ogni esercizio meramente democratico-diretto, organizzano di fatto una sorta di battuta di caccia nella quale le frazioni della classe politica si contendono i voti dei potenziali seguaci, per far legittimare (eleggere) il più alto numero possibile dei propri componenti.

 Dichiara Trentin, senza esitazione ed a ragione:

Il controllo, il rendiconto, il giudizio sull'opera dei rappresentanti, sono ovunque normalmente illusori. I mezzi con i quali, nel tempo, si sono consolidate tali pratiche sono innumerevoli, e vanno dal finanziamento e controllo dei principali mezzi d'informazione, alla cosiddetta Legge porcellum, per culminare nelle singolari affermazioni del Premier attualmente in carica che con palese faccia tosta dichiara nei consessi internazionali che i cittadini mediante il voto delegano la loro sovranità al Parlamento.

Ogni persona dotata di un minimo di buon senso e della capacità di ragionamento si rende conto che poste queste condizioni il sovrano non è più il Popolo, malgrado che l’ art. 1, Comma 2 della Costituzione lo stabilisca, sia pur molto offuscatamente, come prassi nel nostro Paese; semmai al Parlamento sarebbero delegate alcune mansioni atte a preservare la pace e la prosperità del popolo. Fa notare con convinzione Trentin:

Obbiettivo, quest'ultimo, palesemente fallito non solamente sotto il piano economico, ma anche della pace visti i conflitti nei quali sono presenti le FF.AA italiane (in contrasto con l'art. 11 della Costituzione), senza che il popolo 'sovrano' abbia mai deliberato in merito.

Franco Bassani (costituzionalista, allievo di Miglio) dichiarava questa estate ad un convegno:

 “L'attuale Costituzione è da rivoltare come un calzino, poiché non c'è nulla da salvare, e quasi tutto è stato stravolto, capziosamente interpretato o non attuato. L'ennesimo esempio di tale stravolgimento è rappresentato dal terzo Comma dell'articolo 138. Giusto quell'articolo che consentirebbe la revisione della Costituzione. Ovvero: 'Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

Una totale contraddizione del principio della Sovranità popolare e proprio nel momento più essenziale del suo esercizio: il potere costituente.

Abbandonando a se stessa l’élite, andiamo a vedere fuori dalle “mura domestiche”; un grande esempio ci viene portato dalla Svizzera, paese nato, nella sua forma moderna, una quindicina d’anni prima del nostro: bene, dobbiamo renderci conto che questo paese, privo di risorse naturali, magari con quello che agli di noi piacioni può sembrare più di un difetto, è diventato il paese più libero, democratico ed ai vertici delle classifiche mondiali per benessere economico.

La Svizzera tocca il top possibile, va oltre a quanto per noi è immaginabile, in questo Stato il sistema politico non è costituito da un governo e un'opposizione, bensì si basa sul consenso; questa nazione trova nel popolo il più alto potere dello Stato grazie alla partecipazione, nei tratti di una democrazia semidiretta, di ogni gruppo linguistico, cantonale o di categoria, gli aventi diritto di voto eleggono il Parlamento (e a livello cantonale e comunale anche il potere esecutivo) e in occasione delle votazioni esprimono il loro parere su determinati argomenti, con un'iniziativa possono lanciare una propria proposta e con un referendum possono impedire una legge decisa dal Parlamento.

In questo territorio fecondo di forme democratiche il popolo tramite procedimenti assolutamente non contorti possono rettificare modifiche costituzionali e decisioni del Parlamento, il quale è da considerarsi “di milizia”: i deputati sono politici a tempo parziale che esercitano un'attività professionale parallela. Il Parlamento svizzero si riunisce quattro volte all'anno per sessioni di tre settimane e decide in merito alle questioni più diverse, discusse precedentemente nelle commissioni permanenti. 

Anche in Italia, a parole, sono previsti referendum, quasi sempre poi smentiti dalle leggi successive, e leggi di iniziativa popolare; di quest’ultimo strumento citato al momento ne esistono oltre 620 depositati in Parlamento e nella storia nazionale solo una di queste leggi (quella sul credito alle cooperative) è arrivata all’approvazione.

Altri paesi nel tempo provarono percorsi simili, per arginare ciò nacque il moderno Stato “costituzionale”. Trentin cita affermazioni di John Locke che descrive il tutto come la esercitano poteri “legali”, ma in modo che danneggia il popolo, senza che questo abbia un mezzo egualmente “legale” per difendersi esautorandoli.

Qualcuno potrebbe eccepire che in uno Stato democratico sia possibile rinnovare parlamentari e classe politica, ciò non accade mai, perché proprio il meccanismo perverso dei vincoli clientelari induce una parte determinante degli elettori a continuare a votare nello stesso modo, e cioè conformemente alle indicazioni dei 'protettori'. Lo si è constatato (e fu esperienza da non dimenticare) in occasione del referendum sul finanziamento pubblico dei partiti.

A suo tempo Locke non vedeva che nell’insurrezione armata l’unica via d’uscita, molti la profetizzano anche oggi, ma i recenti fatti di Islanda ci dimostrano che è possibile percorrere un’altra via.

Rimane da porsi un solo, importante, quesito: dove sono gli italiani che sono in grado di dimostrare la stessa determinazione degli Islandesi? Io li aspetto fiducioso.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.17) 21 ottobre 2011 14:25
     GINEPRAIO DI PROPOSTE E CONTRASTI

     Il. confronto-scontro tra le varie componenti partitiche nazionali sulla riforma elettorale continua a mobilitare politici, politicanti e politologi anche di rango, e ha provocato la formulazione di diverse ipotesi e proposte finora tutte provvisorie.
     Quello che emerge in tutta evidenza è che ognuno aspira ad un riforma su misura a tutela della propria formazione di appartenenza, cosa alquanto difficile da realizzarsi. Ma anche i tentativi di compromesso sembrano incamminati lungo un percorso irto di ostacoli. Le preoccupazioni delle maggiori aggregazioni partitiche sembrano essere quelle di assicurare un drastico sbarramento per le formazioni numericamente meno rilevanti.
     Soluzioni queste ovviamente osteggiate dai partiti minori che rischierebbero di essere ridimensionati o di scomparire. certo con grave danno per il pluralismo democratico.
     Ma, al di là degli interessi di parte, si avverte l’esigenza del recupero di fiducia partecipativa contro le scelte dell’astensionismo di massa e della cosiddetta antipolitica, nonché di assicurare al Paese la governabilità.
     Condizioni queste,in assenza delle quali verrebbe messo in forse lo stesso “regime democratico”, tanto da risultare illusorio anche il rimedio di attribuire surrettiziamente il 55% di potere ad una qualsiasi forza minoritaria nel Paese, ma con un voto in più rispetto agli altri contendenti.

     In mezzo a questo ginepraio di contrasti e di proposte, può nonessere azzardata l’ipotesi profana dello scrivente, che, al di là e al di fuori degli schemi e dei formulari degli esperti, nutre la presunzione di cogliere un riscontro delle speranze e delle aspettative di larghi strati della popolazione, in una soluzione includente:

    1°-liste aperte fino ad un numero compatibilmente elevato di candidature, offrendo ai cittadini una più ampia e diretta partecipazione da protagonisti nelle consultazioni elettorali;

    2°-rigorose norme statutarie e/o legislative circa i requisiti necessari e qualificanti per l’esercizio dell’elettorato passivo, ivi compresa una maggiore conoscenza dei meccanismi riguardanti le rappresentanze elettive e i rapporti e gli equilibri dei poteri istituzionali, attraverso approfondimenti culturali di educazione civica, secondo la stessa raccomandazione del Capo dello Stato;

    3°-eliminazione del voto di preferenza al singolo, per porre fine al circolo vizioso e deleterio del clientelismo e della logica del “do ut des”, riducendo così anche le spese elettorali di milioni di manifesti e“santini” individuali, e ponendo fine agli accordi sottobanco del “voto di scambio”, con ambienti spesso malavitosi e deviati;

    4°-introduzione di un parziale sorteggio (30%?) nell’assegnazione dei seggi all’interno di ciascuna lista fra i candidati che hanno espresso liberamente la propria adesione secondando i propri orientamenti e vocazioni .
     Ciò comporterebbe il coinvolgimento della “società civile”e in parte una saldatura tra “paese legale e paese reale”, col vantaggio di rompere le incrostazioni e il consolidamento delle cordate di sostegno reciproco, anche trasversale, tra i soliti noti;

    5°-salvaguardia delle “candidature di bandiera” e di partito col sistema delle liste bloccate, la cui responsabilità politica non mancherebbe di avere il referente nel partito stesso;

    6°-programma elettorale che preveda l’impegno:
     a) di ridurre le spese e il numero delle rappresentanze elettive a tutti i livelli, centrali e periferici, procedendo al contenimento degli appannaggi, delle indennità e delle prebende, nonchè alla graduale e determinata eliminazione dei privilegi delle baronie e delle “caste”, inconciliabili per antonomasia con i principi di una democrazia matura;
     b)di portare avanti una politica occupazionale che valorizzi tutte le forze in campo, anche intellettuali,senza cedimenti agli egoismi di parte quando pretendono di sacrificare e mortificare la dignità dell’uomo e della persona in nome dei feticci della competitività e del profitto;
     c)di assicurare la massima trasparenza nel reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni e consimili, attraverso concorsi che utilizzino strumenti di giudizio anonimi (quiz, griglie di domande, questionari, altro), comunque con procedure che garantiscano trasparenza e uguali opportunità anche a quanti sono senza “padrini”, ponendo fine al sistema clientelare e al tariffariooccupazionale.

     Quanto alla pratica del sorteggio, macari cominciando dal basso, non deve sorprendere più di tanto la sua introduzione anche nelle cariche elettive, dal momento che essa è già presente in diverse circostanze codificate e regolamentate, ancorché già introdotta, nell’antica Grecia, dai “padri fondatori delle moderne democrazie”, per la nomina delle varie “magistrature” e con verifica patrimoniale a fine mandato, proprio per rilanciare la partecipazione e rivitalizzare gli istituti democratici che rischiavano il collasso. Fu così che la governabilità divenne stabile, la partecipazione effettiva, e la cultura, le arti e le scienze raggiunsero livelli così alti che ancora oggi tutto il mondo civile ne è debitore. Ovviamente trattasi di proposte che nella loro formulazione sintetica e approssimativa, rappresentano un invito a riflettere, aperto ad ogni contributo migliorativo e di sistemazione organica, comunque salvaguardando l’ineludibile tendenza di trasformazione e di riscatto della Cittadinanza da una condizione di sudditanza escludente a quella di sovranità militante, sì come vuole la Carrta Costituzionale.Roel
    .  

     

  • Di (---.---.---.109) 21 ottobre 2011 20:57

    alcuni passaggi sono condivisibli, altri meno, magari, in sostanza però il ragionamento ci sta, il problema maggiore è però coinvolgere il cittadino, il quale nella migliore delle ipotesi è pigro, spesso connivente

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