• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Nuovo percorso espositivo alle Gallerie dell’Accademia di Venezia

Nuovo percorso espositivo alle Gallerie dell’Accademia di Venezia

La loggia palladiana riallestita in un percorso inedito dedicato al Cinquecento veneziano

 

E’ stato da poco inaugurato alle Gallerie dell’Accademia un inedito percorso espositivo, che amplia il panorama della pittura veneta del Cinquecento.

Lungo la loggia palladiana, lo spazio realizzato su progetto di Andrea Palladio nel 1560, sono state aperte sei nuove sale (XII, XIII, XIV, XIVa, XV, XVI) per una superficie di 317 metri quadrati, oltre a 554 metri quadrati di pareti riallestite.

Riaperta al pubblico il 28 aprile 2021, dopo un restauro di due anni, la loggia è stata riallestita con 50 opere d’arte, tra cui alcune in mostra per la prima volta, che raccontano un periodo importante dell’arte veneta e italiana che dai primi anni del Cinquecento arriva fino agli albori del Seicento.

Per l’occasione sono stati sottoposti a interventi di manutenzione straordinaria sette dipinti e quattro cornici, tre dorate, una intagliata e dorata.

La realizzazione si deve in parte alle funzionarie restauratrici interne al Museo, Francesca Bartolomeoli e Cristiana Sburlino, in parte a ditte private.

Una lunga e suggestiva sequenza dipinti di Bonifacio de’Pitati, detto Bonifacio Veronese (Verona, 1487 – Venezia, 19 ottobre 1553), occupa quasi tutto il lungo e stretto corridoio della loggia, illuminato da una luce artificiale, che oscura le grandi finestre che si affacciano sul cortile.

Siamo alla presenza di un artista dalla produzione prolifica e rilevante, che nel secondo quarto del Cinquecento diresse una delle più affermate botteghe veneziane del tempo. Sono esposte tele provenienti dal palazzo dei Camerlenghi a Rialto. Tra esse, la scena della ‘strage degli innocenti’ e ‘l’annunciazione e il Padre eterno sopra piazza San Marco’, che raffigura la veduta a volo d’uccello della piazza veneziana, oggi presa d’assalto quotidianamente, dopo la solitudine pandemica, da un turismo becero “mordi e fuggi”.

Sempe di Bonifacio, sono visibili ‘il Redentore e gli apostoli’ e ‘la Madonna dei sartori’, la prima sua opera ad essere firmata e datata.

La prima (XIII) delle due sale che si affacciano sulla loggia offre un emozionante excursus sui protagonisti del Rinascimento tra Venezia, Brescia e Bergamo, attraverso i dipinti di Giovanni Gerolamo Savoldo (Brescia, 1480 circa – 1566 circa), Alessandro Bonvicino detto il Moretto (Rovato, 1498 circa – tra il 9 novembre e il 22 dicembre 1554).

Si respira il clima religioso della Brescia degli anni ‘10 e ‘20 del Cinquecento, ammirando suggestive opere devozionali. In queste stesse sale, proveniente dalla IX, è stato collocato il capolavoro di Lorenzo Lotto (Venezia, 1480 circa – Loreto 1556), ‘Ritratto di un giovane gentiluomo, 1528 – 1530 circa’. Il motivo della collocazione è dovuto al lungo soggiorno lombardo dell’artista. Il dipinto – si legge nella descrizione di Roberta Battaglia, responsabile del progetto scientifico e del percorso espositivo, assieme al direttore Giulio Manieri Elia e con la collaborazione di Michele Nicolaci, uno dei cinque curatori delle collezioni – costituisce uno dei vertici della ricca produzione ritrattistica di Lorenzo Lotto, sempre capace di cogliere la più segreta intimità dell’effigiato e di offrirla, con il tono di una silente confessione, allo sguardo dell’osservatore.

Per la prima volta nella storia del Museo, vengono dedicate le due sale successive (XIV e XIVa) interamente a Jacopo Da Ponte, meglio conosciuto come Jacopo Bassano (Bassano del Grappa 1515 circa – 13 febbraio 1592) e alla sua fiorente bottega, gestita dai figli Francesco e Leandro. Un’importante selezione di capolavori, quali San Dionigi tra i santi Eleuterio e Rustico riceve la comunione e San Girolamo e la Madonna in gloria, raccolti insieme per la prima volta, sono ulteriormente arricchiti dall’arrivo de Il miracolo dell’acqua, eccezionale tela, in prestito dal Castello Reale di Varsavia fino al 17 maggio 2023. Tra gli esempi più riusciti della produzione della bottega, mai esposta prima d’ora, una splendida, sensuale Lucrezia di Leandro.

Le ultime due sale del percorso (XV e XVI) offrono un’esemplificazione del panorama artistico lagunare del tardo Cinquecento e primo Seicento, dominato dalla rielaborazione della grande tradizione cinquecentesca di Tiziano, Veronese, Tintoretto, di cui si fanno principali interpreti Jacopo Negretti detto Palma il Giovane (Venezia, 1544 – 14 ottobre 1628) e Alessandro Varotari, noto anche come il Padovanino (Padova, 4 aprile 1588Venezia, 20 luglio 1649). Intelligente l’accostamento, nella sala XVI, delle opere dei due artisti sul medesimo tema del Cristo morto sorretto da angeli.

La tradizione tintorettesca è rappresentata dai due grandi teleri di Domenico Robusti, detto Tintoretto (Venezia, 27 novembre 1560 – 17 maggio 1635), figlio primogenito di Jacopo Robusti detto il Tintoretto (Venezia, 1518 – 31 maggio 1594), con i Ritratti dei confratelli della Scuola dei mercanti.

Una preziosa testimonianza delle presenze ‘foreste’ nelle collezioni veneziane seicentesche, contributo importante ad aggiornare il patrimonio artistico locale, è l’emozionante San Francesco (1585 – 1590 circa) di Annibale Carracci ( Bologna, 1560 – Roma, 1609), che torna visibile al pubblico dopo un lungo periodo.

Il santo è raffigurato nell’atto di mostrare eloquentemente gli strumenti della sua meditazione : il crocefisso sanguinante, il ‘memento mori’, del teschio e i libri, appoggiati su delle curiose scansie di roccia alle sue spalle. Splendido il brano di natura morta, ravvivata dalla presenza di rovi e della lucertola, influenzato quasi certaqmente dalla scuola veneziana.

Prima di consentire la visita, agli invitati e alla stampa, Manieri Elia ha precisato che nel ridisegno complessivo di ciò che è esposto nelle gallerie, questo è il quarto allestimento delle collezioni condotto con criteri scientifici, dopo il riallestimento dell’intero pianterreno e delle sale del Rinascimento al primo piano.

Ha concluso il suo intervento, osservando che l’attuale apertura di nuove sale va considerata nel quadro complessivo dell’opportunità unica di ripensare il percorso storico-artistico, sanando alcuni passaggi o nodi critici nella costruzione narrativa. Un’occasione per dare alle raccolte del museo nuova chiarezza e coerenza espositive, in linea con la storia e la missione educativa originaria delle Gallerie dell’Accademia. Senza dimenticare di dire una cosa importante : un museo va visto come un organismo vivente, in perenne cambiamento, proprio da un punto di vista fisiologico.

 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità