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"Nebraska" di Alexander Payne

Inventarsi un viaggio, un cambio di vita, altrimenti cadenzata dai rimbrotti quotidiani della moglie tanto pettegola ma coi piedi per terra, cercare un “motivo per vivere” anche in tarda età, con la mente non più e non molto presente a sé stessa, apparentemente. Questo succede al vecchio Woody; il pretesto è un volantino pubblicitario dove gli si dice che è il vincitore di 1000000 di dollari (ma solo “se” … e le condizioni accessorie non lo interessano).

Nell’imperversare dei film sull’età anziana, anche questo si fa ricordare e con qualche merito, alcune candidature all’Oscar 2014 lo attestano ufficialmente. In realtà è un film che rappresenta, oltre all’illusione di Woody, una descrizione di lower class nel lontano west americano (ma anche le middle e upper-class soffrono di miserie simili), non poi così diverso da qualsiasi ombelico sperduto del mondo, una carrellata antropologica di brutture parentali. La scelta del bianco e nero del regista si addice alla storia, è qualcosa di antico come antico e retrivo è il mondo umano attraversato nel viaggio (e la grande America è fatta anche di ciò).

Percorrere le oltre mille miglia che separano il Montana dove risiede, dalla meta, Lincoln nel Nebraska, è già di per sé ragione del viaggio, pare di indovinarlo dal viso e dalla capigliatura bianca svolazzante del vecchio, che si inebria del vento dal finestrino e del paesaggio americano sterminato.

Lo accompagna in auto dapprima solo il figlio David, sognatore quanto il padre, che riscopre attraverso il ricordo dell’uomo che altri gli raccontano. E’ partito da solo a piedi già più volte, claudicante com’è, e in ognuna recuperato dalla polizia. 

In seguito li raggiungeranno l’altro figlio Ross e la moglie Kate, che troverà occasione di fare una piccola perfida antologia simil “Spoon River” in un cimitero di defunti conosciuti. Visitano nel tragitto la casa dei genitori di Woody, qualche ricordo gli viene in mente ma tutto per lui non è che “un mucchio di legna con delle erbacce”: l’importanza relativa delle cose.

All’inizio del film gli agenti hanno chiesto a Woody “Dove vai, da dove vieni?” e lui ha risposto evasivamente, accennando con un gesto alla strada dietro e a quella davanti: tante cose diventano così poco importanti nell’età anziana:

I vecchi subiscono le ingiurie degli anni, non sanno distinguere il vero dai sogni (Guccini).

Varie cose Woody non ricorda, “non me lo ricordo e non ha importanza”. Sta solo inseguendo un’idea, o l’idea di un viaggio. Le giustificazioni razionali che dà dell’inseguire quel milione di dollari sono il comprarsi un furgone e un compressore per lavorare, anche se non lavora più da decenni, ma in realtà vorrebbe lasciare soldi ai due figli, di cui non s’è mai molto curato. Il milione di dollari non esiste ma uno stratagemma di David procurerà al padre il furgone – in Italia lo chiamiamo “pick-up” – e il compressore, degna conclusione del sogno.

Film un po’ deprimente perché ci fa monito della nostra decadenza cognitiva e fisica (bravo il regista Alexander Payne che di anni ne ha solo 53) ma che resta, lascia il segno. Non può che risultare affettuoso il protagonista Woody nell’interpretazione di Bruce Dern.

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