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Milano ed il nuovo proibizionismo. Alcool: ti avrò ad ogni costo

All’inizio del ‘900 negli Stati Uniti, il diffuso consumo di alcool nella popolazione, ed una tendenza tutta conservatrice spinta fino ad un eccessivo puritanesimo contro qualsiasi stile di vita letto come vizioso, portò alla storica decisione del divieto di “produrre, importare, esportare e vendere bevande alcoliche” così come era possibile leggere nel XVIII emendamento alla Costituzione Americana, creato alla bisogna.

Iniziò così, quello che fu definito il periodo del proibizionismo. Servì questa massima restrizione contro l’utilizzo degli alcolici a mantenere una linea di moderazione fra gli utilizzatori ed i produttori delle bevande incriminate? Assolutamente no.

Come accade sempre quando, piuttosto che fornire campagne d’informazione e di sensibilizzazione di massa, si generano atti coercitivi che spingono la gente a comportamenti esattamente opposti alla normativa restrittiva.

 
La popolazione americana infatti, piuttosto che aderire ad una regola che doveva tener tutti molto lontani dalla bottiglia e dall’abitudine generale ad alzare il gomito, si ingegnò in tutti i modi, creando ritrovi “segreti” ove poter attingere ai liquidi alcolici e dove le grandi organizzazioni criminose, trovarono affari sicuri e molto redditizi: nacquero così quelli che furono denominati “speak easy”, i bar clandestini dove fiumi di alcolici venivano versati e venduti ad ogni ora del giorno e della notte.
 
In circa quattro anni, il consumo medio pro capite crollò precipitosamente, ma i dati venivano dalle vendite bene o male controllabili e non certo da quelle reali che vivevano nel sottobosco delinquenziale e di una popolazione che in questo modo, si ribellava ad una regola imposta alla decisione di vivere nella sregolatezza.
 
E’ da sempre opinione comune che, quando si pongono limiti o divieti, la mente umana subisce una sorta di fascino del proibito, e si genera l’effetto opposto a quello desiderato. Nel periodo del proibizionismo statunitense, furono molti i casi di persone che non erano normalmente dedite al consumo di alcool che decisero di divenirne fautori per il solo fatto che, data la proibizione assoluta, il consumo di alcool assumeva uno spessore altamente desiderabile.
 
Nel frattempo, le organizzazioni malavitose sviluppavano enormemente i loro guadagni e questa fu l’unica ragione per cui, nel 1933 con un ulteriore emendamento (il XXI) l’era del proibizionismo finì. E tutto tornò –più o meno– come prima.
 
Torniamo ai nostri giorni, epoca di proibizioni di vario tipo, spesso scaturite più per la volontà di generare penalizzazioni economiche a chi non osserva una normativa che per prevenire effetti negativi di vario tipo sulla popolazione.
 
Le varie normative italiane per quanto riguarda ad esempio il consumo e la vendita di stupefacenti, non hanno mai sortito realmente un notevole abbassamento del numero delle persone dedite al consumo di droghe. Anzi. Sappiamo perfettamente che da decenni, la prolificazione di piccoli e medi spacciatori è una sorta di conseguenza alle tante limitazioni imposte dalla Legge. Con questo, certamente non si inneggia all’uso libero e sconsiderato di tali sostanze, semmai sarebbe il caso di approntare campagne di sensibilizzazione alla popolazione già fin dalla tenera età, con il lavoro sinergico degli istituti scolastici e delle istituzioni.
 
Ma nulla di questo accade. Almeno non nella norma. Probabilmente se fin da piccoli si venisse educati al benessere e venissero insegnate regole di comportamento e metodi per assicurarsi un’esistenza migliore, molti ragazzi non sentirebbero l’esigenza di provare qualcosa che possa generare in loro sensazioni particolari scambiate per emozioni, di cui tutti si sentono un po’ privati “grazie” anche a stili di vita che sempre più spesso isolano l’individuo a seconda dello stato sociale e del pregresso familiare.
 
I giovani della nostra epoca, sono il frutto di anni in cui gli adulti di oggi hanno generato un complesso compromesso fra i concetti di libertà, accettazione ed adattamento alla società. I genitori dei giovani di oggi, sono loro stessi –spesso– soggetti aggrediti da una comunità che troppo spesso si è evoluta con argomentazioni troppo distanti dalle reali esigenze dell’umanità.
 
Ecco perché, la nuova normativa appena approvata nel Comune di Milano, di proibire la vendita di bevande alcoliche ai minori di 16 anni, deve far riflettere molto attentamente. Se è vero che l’uso indiscriminato di sostanze alcoliche e stupefacenti in età minorile deve assolutamente essere controllato, dall’altro appare lampante come –una volta di più– si sia decisa la strada più semplice della proibizione assoluta, piuttosto che della sana informazione che coinvolga i giovani tutti in un percorso di rivalutazione di principi personali ed anche morali. Rendere i giovani consapevoli, a quanto pare, avrebbe forse sortito un effetto migliore sul medio periodo, ma avrebbe poi tolto la possibilità di generare anche una serie di multe a chi non osservi la nuova regola. Due più due, solitamente fa quattro.
 
Il problema dell’assunzione di alcool da parte di minori, non è infatti qualcosa di misconosciuto o di palesato negli ultimissimi tempi. La comunità italiana conosce bene questa tendenza, ma piuttosto che generare progetti di miglioramento dello stile di vita, si preferisce generare quella che potrebbe essere la consueta “causa / effetto” che possiamo immaginare.
 
I giovani –fra quelli già avvezzi all’alcool– probabilmente scoveranno escamotages sempre più sofisticati per ottenere le bevande alcoliche proibite. In alcuni casi, verranno scoperti e si genereranno le penalizzazioni pecuniarie previste, di ben 450 euro.
 
Per molti sindaci di varie Regioni e per lo stesso Premier Berlusconi, quello della Moratti –Sindaco di Milano– è un esempio da seguire. Il plauso è quasi unanime. Ma siamo davvero sicuri che, questa “Milano da non bere” abbia pensato davvero bene a quali saranno i reali effetti sui giovani di questa regola che rientra nel “piano sicurezza” del capoluogo Lombardo?
 
Chiudere le stalle una volta fuggiti i buoi, si sa, non paga. Ma pagherà salato chi verrà scoperto a raggirare una regola, magari per solitudine, frustrazione o mancanza di valori, sempre più ricercati in fondo ad una bottiglia o sparato nelle vene in fretta, per non sentire il peso di un mondo che non ama più i propri figli.

Commenti all'articolo

  • Di cesare lazzini (---.---.---.119) 21 luglio 2009 14:05

    perdonami, non ho letto l’articolo perchè sono di corsa ma mi piacerebbe che chi legge mettesse in relazione la nuova legge con fatti come questo e cercasse di capire la pericolosità di certe leggi punitive

    http://www.adnkronos.com/IGN/Region...


  • Di Emilia Urso Anfuso (---.---.---.228) 21 luglio 2009 14:49
    Emilia Urso Anfuso

    Salve,
    sono l’autrice dell’articolo.
    Il link che ha fornito è errato.
    La invito comunque a leggere il mio articolo ove affronto infatti, la pericolosità del proibizionismo.
    Un cordiale saluto
    Emilia Urso Anfuso

    • Di cesare lazzini (---.---.---.119) 21 luglio 2009 20:22

      non è errato, era un esempio di "effetto collaterale" di leggi puntive scritte da persone che non si pongono nessun interrogativo su come legiferare, cosa ottenere, cosa ne potrebbe derivare e via dicendo...

  • Di fortu (---.---.---.236) 21 luglio 2009 15:08

    Una domanda
    per i consiglieri e i cittadini di milano, capitale della moda e della finanza creativa, che pensano di essere sempre i primi, che hanno bisogno di essere elogiati, che vivono nella convinzione che milano sarebbe meglio senza tutti gli extracomunitari e gli immigrati terroni del sud, senza rendersi conto che milano è quella che è solo perchè qualcuno che non è milanese continua a viverci e ad "alimentarla":
    quale è la novità dell’ordinanza del comune che vieta la vendita di alcool ai minori di 16 anni?
    Il divieto è già previsto dalla legge dello stato italiano art.689 cp. Non capisco perchè si debba prendere ad esempio un ordinanza comunale, di un comune che evidentemente è ignaro dell’esistenza di una legge, e che forse finora non la faceva rispettare, quando l’esempio anzi l’obbligo lo prevede un organo superiore.


  • Di Emilia Urso Anfuso (---.---.---.228) 21 luglio 2009 15:22
    Emilia Urso Anfuso

    Infatti...
    la "novità" consiste nel palesare la normativa e le conseguenti pene pecuniarie...

  • Di BarbaraGozzi (---.---.---.50) 21 luglio 2009 18:48
    BarbaraGozzi

    Il proibizionismo ancora sopravvive. Giusto o sbagliato, ciò che si proisce, si può ancora ragionevolmente credere che proibendolo a ogni costo, si otterrà qualcosa di costruttivo? Si ’formeranno’ coscienze? Se il punto è contrario, se non c’è nulla di modificabile nei comportamenti, le esigenze di chi (in questo caso) beve, allora proibiamo a che pro? Per riscuote un ’qualcosa’ dal sapore del ’lava-coscienza’? Articolo interessante, complimenti.

  • Di eptor10 (---.---.---.131) 21 luglio 2009 19:15

    In un’intervista fecero notare una delle principali contraddizioni di questa legge: il divieto sarà rispettato nei bar dei centri storici, dove è importante non dar fastidio alle persone facoltose che vi abitano, mentre non sarà rispettato nei bar delle periferie. La repressione da sola non serve a niente.

  • Di Emilia Urso Anfuso (---.---.---.243) 21 luglio 2009 20:37
    Emilia Urso Anfuso

    Per il Signor Cesare: intendo dire che il link non è corretto...da ad una pagina di errore.

    • Di cesare lazzini (---.---.---.119) 21 luglio 2009 20:57

      non so, ho provato su Firefox e Internet Explorer e a me funziona...ad ogni modo il testo era questo, notizia di qualche settimana fa

      Genova, 29 giu. - (Adnkronos) - Si cerca una spiegazione al gesto di Nadir Gismondi, il ventiduenne di Imperia che si e’ ucciso ieri con un colpo di pistola alla testa dopo essere stato sorpreso dai carabinieri alla guida di un’auto con un tasso alcolemico leggermente superiore a quanto consentito. Forse il giovane temeva di incontrare difficolta’ ad essere ammesso nei vigili del fuoco a causa della sua infrazione.

      Fermato dai militari alle 5.30 in piazza Calvi, a poche centinaia di metri dalla sua abitazione nell’ambito dei controlli di routine del fine settimana, Gismondi era risultato con un tasso eccedente di soli 0,2 milligrammi il limite stabilito. Come previsto dalle norme, aveva dovuto lasciare l’auto, che e’ stata ritirata dal padre. A casa ha impugnato una pistola Glock calibro 9, detenuta per uso sportivo, e si e’ sparato alla testa. E’ morto poco dopo le 10 in ospedale.

  • Di paolo praolini (---.---.---.177) 21 luglio 2009 23:23

    Forse la proibizione non è la migliore cura, ma è meno impegnativa di un programma di educazione a livello nazionale.
    Ma aspettiamo e vedremo, sembra che anche il buon Casini sia per il proibizionismo statunitense.
    Mahhh

  • Di calice (---.---.---.4) 22 luglio 2009 12:54
    Siamo ai soliti modi di governare populistici e miopi.
    Una caratteristica tipica di questa destra, ma non solo, è quella di imporre il divieto come soluzione di un problema, senza mai entrare nelle pieghe profonde del tema per rintracciare cause e soluzioni efficaci.
    Nel caso specifico del consumo di bevande alcoliche questo schema trova davvero la sua sublimazione.
    I giovani italiani sono educati all’uso di alcolici da una campagna pubblicitaria permanente su ogni tipo di media. Dalla primavera di ogni anno iniziano gli spot della birra che vedono protagonisti testimonial di prim’ordine. Passando per limoncelli, whisky, amari e quant’altro si arriva ai vini autunnali terminando l’anno con il tripudio di “No Martini no party”. Ho certamente dimenticato qualche prodotto molto noto, ma il senso del mio pensiero non cambia: libertà assoluta di pubblicità di prodotti alcolici.
    Inoltre il fenomeno dell’uso improprio di alcol riguarda anche il pubblico adulto, sere fa (le due di notte) mi sono fermato presso un punto di ristoro sull’A1 ove trovato delle ottime confezioni di vino in promozione.
  • Di hasta siempre (---.---.---.53) 20 agosto 2009 00:28

    Che, come leggo da alcuni, si critichiil provvedimento in quanto milanese, dando libero sfogo a pregiudizi tipici di gente ottusa è errato ed offensivo.

    Entrare nel merito della questione è tutt’altra cosa.

    E’ strano che, quando si parla di droga o sigarette vi sia un atteggiamento possibilista: sì allo spinello, no al’’eroina e quando si parla di alcool si fa di tutta un’ erba un fascio?

    Birra e sai cosa bevi, diceva arbore ed aveva ragione con la birra vai dai 4.6 di una lager agli 8 gradi di una doppio malto sino ai 28 di qualche birra trappista belga.

    Vini partiamo dagli 8 gradi di un lambrusco per arrivare ai 16 di un vino liquoroso.

    per gli amari si parte dai 20, 25 sino ad arrivare ad unicum fernet e petrus che se non erro picchiano duro.

    I distillati rum, cognac, grappa, brendy viaggiano tra i 40 e i 45 gradi.

    Ampio il ventaglio delle bevande e della loro pericolosità.

    Per esperienza personale confesso che i rischi più grossi li corsi dopo una bottiglia e mezza di Martini, ma penso che non ci sia niente di meglio per stimolare la voglia di rivolta i un’ adlescente che vietargli qualche cosa.

    Una campagna promozionale che mostrasse ecografie di un fegato con cirrosi epatica servirebbe molto di più che inutili grida di manzoniana memoria.

    A Milano non trovi un vigile manco a pagarlo, come cacchio faranno ad evitare che un ragazzo compri ad un chiosco una bottiglia?

    .....si inventeranno gli ausiliari della bevuta?

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