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Meglio la dittatura

 

Assieme al “si stava meglio quando si stava peggio” è una di quelle frasi che pensavo potessero dire solo i vecchi, quelli che durante il Ventennio c’erano e se lo ricordano bene. Un frase tipica della nonna novantenne, insomma.

Invece mi è capitato di sentirla da una ragazza di trentatré anni, che forse non è più ragazza per l’anagrafe, ma per come la conosco io, nonostante tre figli, continua a ragionare come una sognante adolescente, forse un po’ più disincantata, ma sempre ottimista per il futuro. Al mio aggrottare delle sopracciglia, ha spiegato: “Noi ci sbattiamo tanto per correre dietro ai politici di turno che promettono tante cose (una marea di balle, è la traduzione), ma che non possono mantenerle perché sono schiacciati tra chi li paga sottobanco e il successivo turno elettorale. Il problema sta proprio lì, nelle elezioni. Se non ci fossero, chi governa non avrebbe l’assillo di compiacere tutti, e quindi nessuno, per poter tornare sul proprio scranno. Non dovrebbe correre dietro a mille piccolezze. Potrebbe tranquillamente guidare il paese, guardando avanti. Immagina il capitano di una nave: il dittatore ha in mano il timone, dice andiamo là, ci punta il timone e ai marinai spetta il compito di fare muovere la nave. Nella repubblica il presidente del consiglio, o chi per esso, dice andiamo là, il vice comandante obbietta così il presidente molla il timone e va da lui a convincerlo, magari gli promette qualcosa in cambio. Se mi fai andare là ti faccio reggere il timone per un poco. A bhé, ma allora, salta su il mozzo; così il presidente va dal mozzo e gli dice che se aiuta il vicecomandante potrà comandare la ciurma nelle fasi di attracco. La ciurma obbietta, il presidente sale su cassero e urla a tutti che se daranno retta al mozzo avranno un ora in più di libera uscita, a destinazione. Due ore, ribatte la ciurma. Una e mezza propone il presidente. Una e quarantacinque minuti ribatte la ciurma. E così via. Intanto la nave è sempre ferma in porto, nessuno che ha staccato gli ormeggi, mentre la nave del dittatore è in mare aperto, spedita verso la sua meta”.

Come ragionamento non fa una grinza, se non fosse che tutto dipende dalla sanità mentale del dittatore, cosa di cui i dittatori non eccelsero nel corso della storia. Pur tuttavia non si può dire che la forma repubblicana abbia prodotto delle menti estremamente equilibrate. Ha aiutato molto l’immobilismo intrinseco della democrazia: se un pazzo arriva ai vertici del potere è talmente bloccato dall’ovatta che lo circonda da riuscire a fare pochi danni.

Certo è che a vedere chi attualmente ci governa, dai banchi della maggioranza o dell’opposizione (indifferentemente dal fatto che stiano alla destra o alla sinistra dei propri interesse), viene da rimpiangere una sana dittatura, che, rispetto alla situazione attuale, ha degli aspetti positivi innegabili. Primo tra tutti è il numero di persone che mangia in testa alla popolazione: nelle dittature sono uno più una ventina di amici stretti, nella repubblica sono mille più gli amici allargati. L’apparato burocratico si può sovrapporre.

Secondo, non c’è l’impiccio delle elezioni; di solito le fanno in primavera e, dopo un inverno freddo, si ha sempre voglia di passeggiate col tepore della bella stagione. Invece ti tocca stare a casa per andare a votare, butti una domenica che potresti passare in montagna, per andare a mettere una croce inutile su un simbolo che ti dice, nel segreto dell’urna: “Segna pure chi vuoi, tanto la composizione del parlamento l’abbiamo già decisa noi per l’80%”. Poi quella menata della raccolta delle firme: fai il banchetto in piazza, convinci un notaio o chi per esso a venire a convalidare le firme, poi vai per strada a fermare la gente, convincila a sostenere la tua lista, poi corri a depositare le firme. Se devi andare in bagno? La tieni e speri che non ci sia coda all’ufficio comunale. Oddio, quanta gente davanti a me, con questi scatoloni pesanti, li appoggio un attimo e vado in bagno. Quando torni la coda è già smaltita e l’ufficio chiuso. Che grana! E adesso chi glielo dice al capo? Attacco briga con qualcuno, dico che è dell’opposizione e mi invento il caso politico. Sì, però che sbattimento, ma sono proprio necessarie queste firme?

Terzo: la liberà di stampa e dei giornalisti, di rimando. Da una parte sai che non c’è e vivi tranquillo, dall’altra ti dicono che c’è e allora ti affanni come un pazzo per trovarla. Cerchi giornali, guardi telegiornali sempre nuovi, compri un computer per vedere se almeno in rete c’è qualcosa, ma niente, o meglio poco, troppo poco per quello che ci viene spacciato. Uno pensa che dovrebbe trovare il Monte Bianco di informazione libera e invece se trova una collinetta è già felice. E la deve pure cercare con il lanternino.

Tutto sommato la dittatura costa meno, dà meno preoccupazioni e ti impone meno corse da fare per stare dietro alle mattane di tutti. Te ne stai tranquillo a pensare ai fatti tuoi, quando muore un dittatore gli succede il figlio e tu continui a zappare il tuo piccolo orto facendo bene attenzione alla zolla grande che non sia troppo grande, meglio un po’ più piccina. Ecco così va bene. Le file a venti centimetri di distanza una dall’altra, precise precise. Guarda bene, forse si allargano verso la fine. Controlla, prendi il metro che guardiamo, vai, avvicinati, abbassati, misura. Ecco, stai misurando? Sei piegato? Testa china e terga bene in vista?

No! Ecco cos’era che non mi ricordavo. Quel piccolo particolare per cui è meglio stare dritti e guardarsi intorno. Ecco perché migliaia di persone sono morte nella speranza di poter continuare a guardarsi in giro e che potessero farlo anche i loro figli. Era quel piccolo particolare che la parola democrazia è formata dalla parte crazia (da kratos) potere e demo (da demos) che è il prefisso che indica il popolo. Tutto assieme fa: potere del popolo. Potere che viene esercitato proprio stando addosso a chi ha la pretesa di prendere dei soldi per comandare gli altri, dimenticando che quei soldi gli arrivano proprio dagli altri. E viene esercitato quando si va alle urne, in quel piccolo sgabuzzino chiuso da una tendina lisa, unico momento in cui siamo noi a vedere da terga gli altri che in quel momento stanno pregando con le dita incrociate. Perché alle amministrative il voto di preferenza c’è ancora e se da una parte e dall’altra c’è da votare turandosi il naso, magari c’è una terza possibilità che puzza un po’ meno.

Pensate, gente, pensate.

E continuate a cercarla quella collinetta, che ogni centimetro di altezza in più ci fa vedere un metro in più di orizzonte.

 

 

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