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Ma l’uomo deve essere cacciatore? Seconda parte

Ho letto l’articolo di Maria Rosa Pantè sulla caccia e tutti, proprio tutti, i commenti.

 
Chissà perchè, quando si parla di caccia, gli animi si scaldano. Chissà perché cacciatori e animalisti, da persone normali, si trasformano in gladiatori nell’arena, pronti a scannarsi.

Ho letto l’articolo e tutti i commenti. Ho constatato, con rammarico, che in alcuni tratti si è perso il lume dell’educazione, arrivando agli insulti personali, senza che un moderatore eliminasse il commento incriminato. E’ vero che una voce di piazza è suscettibile di animi caldi, ma è anche vero che il rispetto per gli altri è qualcosa di imprescindibile. Come fai a non essere d’accordo con qualcuno se non lo ascolti nemmeno, se non stai nemmeno a sentire quello che ti sta dicendo? Magari dice le tue stesse cose, ma per partito preso, gli dai contro. Credo che tra persone normali (non dico educande al primo ballo ufficiale) ci sia posto per un ragionamento civile, educato, magari sarcastico ironico, ma non per insulti o cattivi auspici, come raccomandare o augurare, alla redattrice dell’articolo, di farsi sterilizzare per non procreare esseri che potrebbero pensarla come lei su determinati argomenti. Sulla caccia in particolare.

Io non sono né a favore, né contrario alla caccia. Lo dico subito prima di beccarmi una sfilza di insulti o commenti fuori luogo. Non me ne frega assolutamente, nulla. Nulla! Ci ho messo anche il punto esclamativo, proprio per non essere frainteso.

Non mi interessa se delle persone hanno piacere a vestirsi di verde ed andare in giro per boschi; se poi hanno in mano un fucile e sparano, la legge glielo permette. Se poi ogni tanto si impallinano tra di loro, tanto peggio. C’è chi va allo stadio alla domenica solo per prendere a pugni un’altra persona, loro vanno per boschi.

Il cacciare è sicuramente un fatto culturale. Con i sistemi attuali di allevamento, nel bene e nel male, l’uomo occidentale si è affrancato dalla necessità della caccia. Per mangiare proteine di origine animale basta andare al supermercato. L’uomo sapiens è nato cacciatore, è vero, ma poi si è evoluto e ha sviluppato altri metodi di sostentamento, più efficaci, ed ha sviluppato l’emisfero occipitale, sede delle emozioni, che l’ha portato ai livelli di sviluppo artistico e tecnologico che abbiamo sotto gli occhi. Cacciare è utile tanto quanto dipingere un quadro. Se si vuole insegnarlo ai propri figli, si è liberi di farlo, ma non per questo si è migliori o peggiori di altri. Quindi eviterei prese di posizioni da piedistalli della giustizia divina o darwiniana.

Ho amici cacciatori e rimango affascinato dai racconti di appostamenti, lunghe attese, freddo, vestiti fradici, che si concludono, spesso, con l’animale che corre via spaventato da quel colpo che ha fatto tremare l’aria vicino alle loro orecchie. A volte l’animale perde, e finisce nel congelatore, a volte anche nel mio piatto. Lo mangio, non lo trovo né più buono, né meno buono di un altro pezzo di carne; diverso, a volte sa troppo di "selvatico" per i miei gusti. Ma la cosa finisce lì. Non riconosco l’aroma del piacere della vittoria, dell’istinto primordiale dell’uomo, il sapore del sangue fresco e della cultura millenaria che quel colpo si porta dentro. Queste sono filosofiche scuse di chi si sente in dovere di doversi giustificare. Mi viene il sospetto che i primi a essere contro la caccia siano i cacciatori stessi e che tutte le argomentazioni che portano siano degli alibi. Non ho mai sentito il bisogno di giustificarmi con qualcuno quando giocavo a pallavolo. Dare manate ad un pallone mi piaceva e tanto bastava. Ti piace sparare, spara, ma non continuare a costruirci sopra filosofie di vita che non esistono.

Rimane vero il discorso del controllo del numero dei selvatici. Effettivamente è meglio che queste uccisioni le faccia gente che è abituata a tenere in mano un fucile. Lo facessi io che non so distinguere una pernice da una cornice, ci sarebbe il rischio che l’unica popolazione ad essere controllata sarebbe quella umana. Piuttosto chiediamoci perchè l’uomo deve controllare la popolazione animale selvatica. Su questo mi piacerebbe sentire gli ambientalisti: perchè immettere specie scomparse da anni in determinati ambienti per poi doverle abbattere perchè iniziano a proliferare in modo eccessivo? Perchè immetterle? Perchè poi abbatterle se si trovano bene? Da una parte e dall’altra della barricata si ha comunque la pretesa di sostituirsi alla millenaria capacità della natura di adattarsi e di evolversi. Da qualsiasi parte la si guardi, controllare il numero degli animali è un mettersi sopra le parti, uno sgomitare per crearsi un posto al mondo e difenderlo, costi quel che costi. Agli altri.

Una soluzione sarebbe quella di creare delle basi comuni su cui discutere e da qui partire per impostare una caccia che non depredi le nostre montagne da una parte, e avere degli animalisti che ghettizzano un povero cristo solo perché ha un fucile in mano. Un primo passo sarebbe mettersi d’accordo almeno sui numeri. I numeri sono la cosa meno opinabile per eccellenza, purché abbiano fonti attendibili. Ad esempio i censimenti è inutile che gli ambientalisti e i guardia caccia li facciano fare ai cacciatori perché, per quanto oneste persone questi possano essere tenderanno sempre a vedere più animali di quanti ce ne sono, e non è solo una questione di occhio allenato. D’altra parte, i cacciatori dovrebbero essere così gentili da contare una sola volta gli animali che vedono: se due persone contano lo stesso branco di sette camosci, il totale non fa quattordici, ma sempre sette. E sempre ai cacciatori spetterebbe denunciare e isolare i bracconieri, invece di farli diventare dei semi-eroi.

La mia impressione è che la fauna selvatica sia diminuita di numero, ed in parte sono suffragato da quanto ho letto sul sito della federcaccia. So anche che centinaia di anni si caccia sulle alpi e di ungulati e uccelli ce n’è sempre; probabilmente i fucili moderni hanno spostato un po’ l’equilibrio favorendo gli uomini. Se vogliamo toccarlo, quell’equilibrio, dobbiamo volerlo tutti; oppure continuare a spararci addosso (spero solo in senso metaforico).

Fine della filippica.

Solo due precisazioni: la prima è sul referendum, l’altra sulla lobby.

Il referendum non ha dato un risultato valido in quanto non ha raggiunto il quorum. Tuttavia sono andati a votare oltre venti milioni di aventi diritto con una percentuale di del 92,20% corrispondente a quasi diciotto milioni di persone maggiorenni che si sono dichiarati favorevoli alla modifica della legge in questione. Perciò chiamare minoranza diciotto milioni di persone, in uno stato che ne conta poco più di sessanta, non mi sembra corretto, è comunque un terzo.

La lobby della caccia è una lobby. Poi se si vuole chiamarla in un altro modo non mi scandalizzo, ma è comunque un qualcosa che ha del potere sia politico che economico. Ci girano intorno sessantamila famiglie che sono, come minimo, centoventi mila voti che, in una provincia come quella di Brescia (leggi Beretta), hanno il loro bel peso. Ha un giro d’affari, e di tasse, di oltre i duecento milioni di euro. Mi dite quale politico si metterebbe contro una forza del genere? Quindi lobby rimane, non come le banche, la FIAT o le sette sorelle, più piccola, ma fa anche lei la sua parte.

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