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MUÑECAS NEGRAS: bambole nere contro il razzismo e per l’emancipazione femminile in Repubblica Dominicana

“Mi piace realizzare queste bambole perché mi assomigliano: sono nere, ricce e anche un po’ in carne, proprio come me! Mi fa anche riflettere su quello che sono davvero, mi fa pensare che non è giusto costringere le bambine a giocare con bambole in cui non possono identificarsi, perché le bambole che vendono in giro sono sempre bianche, magre e con i capelli biondi…ma qui non ci sono persone così!”


Queste parole di Bileysi, una giovane dominicana di origini haitiane, riassumono alla perfezione lo spirito di un nuovo progetto popolare nato da poco in Repubblica Dominicana e che ha l’obiettivo di stimolare la presa di coscienza delle donne dei bateyes, piccole comunità rurali disperse tra le piantagioni di canna da zucchero che ricoprono l’interno del paese.

Promosso da Ana María Belique ed Elena Lorac, fondatrici del movimiento Reconoci.do, un collettivo giovanile che lotta contro le discriminazioni razziali e a favore del riconoscimento dell’identità afrodiscendente in Repubblica Dominicana, il progetto Muñecas negras propone laboratori settimanali dove le partecipanti non solo imparano a confezionare splendide bambole di stoffa ma, soprattutto, dove hanno l’opportunità di confrontarsi criticamente su questioni che toccano direttamente le loro vite, come la violenza di genere e, appunto, il razzismo.

La maggior parte delle donne che vi partecipano, infatti, sono giovani afrodiscendenti, figlie di immigrati haitiani sottopagati nelle piantagioni di canna da zucchero, dove lavorano da tempo immemore in condizioni di quasi schiavitù. Sono donne che per il fatto di vivere in luoghi isolati, di essere nere, povere e, infine, per il fatto stesso di essere donne, non hanno la possibilità di inserirsi nel mercato del lavoro e sono vittime di continue discriminazioni e violenze.

Sebbene la Repubblica Dominicana conti con una popolazione a stragrande maggioranza di colore, paradossalmente, essa ha un conto in sospeso con la sua eredità africana e, in particolare, con l’apporto della vicina Haiti, a tal punto che nel 2013, tale negazione e tale rifiuto, si sono tradotti in una riforma costituzionale apertamente discriminatoria.

Una nuova legge, infatti, incredibilmente applicata in modo retroattivo, ha eliminato lo ius soli come criterio per l’acquisizione della nazionalità dominicana e, dal giorno alla notte, oltre 200mila persone, per lo più nate da genitori haitiani, si sono viste trasformate in veri e propri fantasmi senza patria.

Fu a seguito di tale provvedimento che Ana María ed Elena fondarono Reconoci.do, per difendere i diritti delle persone colpite dalla riforma costituzionale, promuovendo manifestazioni, dibattiti e portando avanti denunce collettive.

Al di là delle grandi e necessarie mobilitazioni, tuttavia, sentirono anche il bisogno di lavorare dal basso, nella quotidianità di tutti i giorni, costruendo consapevolezza e coscienza insieme alle persone più svantaggiate, l’anello più debole della catena: le donne dei bateyes, coloro che spesso non dispongono nemmeno delle risorse culturali, oltre che economiche, per affrontare una battaglia di così grandi dimensioni.

Di qui un’idea tanto semplice come quella di Muñecas negras, intesa come forma concreta di lotta e resistenza quotidiana: utilizzare un oggetto così semplice come una bambola di pezza per aiutare ad emancipare e riscattare la vita delle donne. A tal proposito, Ana María ricorda: “Da molto tempo sognavo di fare qualcosa insieme alle persone dei bateyes. Volevo fare qualcosa di pratico, di immediato, che coniugasse la pratica con la teoria, e pensai: cosa c’è di meglio che riflettere e allo stesso tempo agire per decostruire gli stereotipi di bellezza che storicamente ci hanno imposto fin da bambine? Fu quella l’idea: aiutare le nostre donne a riconoscersi, accettarsi e valorizzarsi come donne nere che lottano tutti i giorni contro le avversità di una società che disprezza e rifiuta tutto ciò che non è bianco”.

Il primo laboratorio di questo nuovo progetto si è tenuto lo scorso marzo 2019 presso il batey Sabana Larga, a circa 50 chilometri dalla capitale Santo Domingo. Da quel giorno, tutti i sabati, un numero sempre crescente di donne si riunisce per confezionare decine di bambole nere, esemplari unici, interamente fabbricati a mano, con i capelli naturalmente ricci, le bocche carnose e allegri vestiti colorati.

Durante i laboratori, le donne lavorano in gruppi, ridono e si divertono, ma allo stesso tempo si confrontano, discutono e ragionano sulle loro vite, sui loro problemi quotidiani, facendosi forza l’un l’altra: “I laboratori – ci tiene a dire Ana María – “aiutano ad accrescere l’autostima di queste donne attraverso conversazioni di gruppo che partendo dalle storie individuali di ognuna portino a riflettere su temi più ampi come i diritti umani, la discriminazione strutturale, l’apolidia e la negritudine. Ma più concretamente sono anche un’opportunità affinché le donne sviluppino competenze e abilità pratiche che le aiutino a generare fonti di reddito”.

Le bambole realizzate dalle donne, infatti, vengono poi messe in vendita attraverso mercatini o passaparola e il ricavato serve per continuare a sviluppare il progetto, oltre che per aiutare economicamente le partecipanti. Per il momento, tuttavia, l’iniziativa si sostiene grazie all’aiuto di amici e amiche che credono nell’importanza di questo lavoro, anche se l’obiettivo per il 2020, racconta Ana, “è quello di coinvolgere altre comunità ed altre donne. Per questo abbiamo bisogno dell’appoggio e del sostegno di tutti. La verità è che vedere le donne affezionarsi a queste bambole nere è una cosa che mi riempie di orgoglio e mi convince del fatto che abbiamo intrapreso una giusta strada. Sono queste donne le vere protagoniste, sono loro che danno senso al progetto”.

*Chi volesse sostenere il progetto può farlo alla seguente pagina: al momento non è ancora possibile acquistare le bambole dall’Italia, ma presto sarà organizzato un canale di spedizione.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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