Nella Repubblica Dominicana il record di invisibili apolidi
Una sentenza costituzionale del 2013, applicata retroattivamente ha privato della nazionalità 135 mila cittadini di origine haitiana. Secondo molti osservatori si tratterebbe di un "genocidio civile".
Oltre 135mila fantasmi popolano la Repubblica Dominicana. Lo afferma il Rapporto sulla Tratta di Esseri Umani pubblicato martedì 19 luglio dal Dipartimento di Stato Usa, indicando il paese caraibico come la nazione con il più alto numero di apolidi in tutto l’emisfero occidentale. Si tratterebbe di cittadini dominicani di origine haitiana che una singolare sentenza costituzionale del 2013, applicata retroattivamente a partire dal 1929, ha destituito della nazionalità sulla base di presunte irregolarità dello status migratorio familiare.
Un successivo processo di naturalizzazione, avviato malvolentieri nel 2014 dal governo dominicano in seguito alle forti pressioni internazionali ricevute, avrebbe dovuto porre rimedio a tale scempio giuridico, che alcuni osservatori hanno definito nei termini di un «genocidio civile». Dati alla mano, tuttavia, la procedura si è rivelata un completo fallimento e, secondo molti, una vera e propria farsa.
Parallelamente, il ministero dell’Interno dominicano ha continuato a negare il rinnovo del permesso di soggiorno a oltre 200 mila immigrati, per lo più di origine haitiana, trasformandoli a tutti gli effetti in morti civili, un esercito di invisibili esposto a ogni tipo di violazione e abuso. Come riferito dal documento Usa, «il blocco dei permessi di soggiorno agli haitiani e ai loro discendenti – compresi quelli nati nella Repubblica Dominicana che non erano mai stati ad Haiti – ha causato l’impossibilità di accedere al settore del lavoro formale, all’istruzione secondaria e post-secondaria e alle cure mediche, e ha generato rischi di deportazione ad Haiti in qualsiasi momento, rendendoli vulnerabili alla tratta». Una tratta, in molti casi, a scopo di sfruttamento sessuale, che coinvolge minori tra i 15 e 17 anni, soprattutto di origine haitiana, e che conta inoltre con la «complicità di forze dell’ordine e funzionari governativi corrotti». D’altra parte, stando all’ultimo rapporto dell’associazione End Child Prostitution, Pornography and Trafficking (ECPAT), la Repubblica Dominicana sarebbe entrata sul podio delle principali mete internazionali del turismo sessuale minorile per via di una legislazione piuttosto blanda in materia di sfruttamento sessuale, attirando ogni anno migliaia di clienti provenienti anche dall’Italia.
Il documento sulla tratta appena pubblicato dal Dipartimento di Stato Usa, segnala inoltre che «la precaria situazione legale, la paura dell’espulsione e la discriminazione che devono affrontare i dominicani di origine haitiana aumenta i loro rischi di tratta e di abusi sul lavoro anche nell’industria dello zucchero».
In effetti, il lavoro nelle piantagioni di canna da zucchero dominicane, che da oltre un secolo impegna quasi esclusivamente manodopera agricola proveniente dall’altro lato dell’isola, è stato a lungo oggetto di attenzione critica da parte delle diverse organizzazioni internazionali che si occupano della tutela dei diritti lavorativi e umani. Da ultimo, solo pochi giorni fa, un’ispezione sul campo realizzata da una delegazione del Dipartimento del Lavoro Usa – sollecitata da ripetute denunce inerenti alla violazione dei termini contrattuali dell’Accordo di Libero Scambio tra Repubblica Dominicana e America Centrale (CAFTA-DR) – ha rilevato la persistenza di indicatori di lavoro forzato, descrivendo come « una cultura della paura sembra permeare il settore, dove i supervisori aziendali, le guardie armate e i funzionari di un sindacato non rappresentativo controllano i lavoratori», alcuni dei quali avrebbero inoltre confessato minacce e intimidazioni, per «rimanere in silenzio e non parlare con nessuno delle loro condizioni».
L’industria dello zucchero dominicano, che ancora oggi rappresenta una voce significativa per l’economia del paese e, soprattutto, per le tasche delle imprese private a capitale straniero che la governano, si regge infatti grazie allo sfruttamento intensivo dei lavoratori haitiani, la maggior parte dei quali rientra nella schiera dei 135 mila apolidi, prezioso giacimento di manodopera a basso costo e altamente ricattabile, nuovi zombi al servizio del capitalismo mondiale.
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