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Lucio Magri, l’ultimo togliattiano

Lucio Magri può essere considerato come l’ultimo togliattiano. Nel “Sarto di Ulm”, una sorta di sintesi della sua vita politica, Magri percorre mezzo secolo di storia osservandola dalla posizione dell’intellettuale, del dirigente di partito che si ritrova a essere parte di una élite che dovrà amministrare gli avvenimenti, senza comunque correre dei rischi sia sul piano intellettuale che su quello personale.

Due posizione all’inizio del volume danno una indicazione del criterio col quale Magri si confrontava con gli avvenimenti storici. A proposito della vicenda di Trotsky, Magri se la sbriga di passaggio usando una citazione di Lenin che aveva confutato l’idea trotskista della rivoluzione permanente”. E qui si chiude il punto. Così come quando tratta la vicenda Gramsci-Togliatti, come conseguenza del fatto che da parte di questi ci fu “una limitazione nell’accoglienza del pensiero di Gramsci”.

Magri trascura il fatto che queste vicende non furono il prodotto di una disputa cavalleresca tra compagni che hanno idee diverse, ma di lotte che provocarono morti, feriti, e un indebolimento della capacità contrattuale della massa operaia. Così che, anche quando giudica l’operato di Stalin nella repressione delle forze rivoluzionarie dell’Urss, Magri trova modo di considerare umanamente il personaggio:

Lo stesso Stalin era promotore e vittima di quell’insensatezza: nelle memorie della figlia si ricorda che a ogni ondata di epurazioni egli era spinto da un giudizio critico sulla qualitá dei quadri e da un sospetto nevrotico sulla loro fedeltà, dal timore della stabilizzazione di una casta burocratica, che si autoriproduceva, e di apparati repressivi che via via agivano in proprio, e alla fine constatava che l’epurazione ne aveva promossi di più pericolosi di cui liberarsi in fretta (pag. 47).

É chiara una giustificazione del tiranno. Perché? Ogni tiranno, si sa, deve fare i conti con i suoi boia e i suoi sgherri. Del resto è stato proprio il tiranno a mettere in moto la macchina della menzogna. E ogni menzogna ha bisogno di altre menzogne per sopravvivere.

Nel “Sarto di Ulm” le lotte degli studenti degli anni 60 insieme a quelle degli operai sono analizzate con un certo dettaglio, sempre però osservate dal di fuori. La critica che i movimenti dell’epoca facevano al Pci viene dall’autore considerata un limite della loro azione politica, ignorando peró il fatto che l’intenzione di fondo della massa in quell’epoca era di costringere il Pci a svolgere il ruolo per cui era nato: portare le masse alla direzione della società. Limitarsi a constatare il limite dei movimenti di massa, è un ruolo che può svolgere un sociologo, ma non un politico attivo nella realtà della lotta.

Forse la costante di fondo nel pensiero e nell’azione di Lucio Magri è la sua astrazione dai movimenti di massa. Non c’è in lui il tentativo di cercare di comprendere oltre la prima parete di una situazione. Per lui le masse vivevano “il mito dell’Urss”, il “mito di Stalin”. Forse guardando oltre si sarebbe potuto intravedere lo spirito concreto e pratico delle masse. Il “mito dell’Urss” ha rappresentato il punto di riferimento immaginario per le masse, faceva parte dei suoi ingredienti nello stabilimento dei rapporti di forza mondiali, indipendentemente da Stalin e Breznev. Era la utilizzazione pratica di una tradizione, di un potere immaginativo, che, nonostante la depravazione della burocrazia Urss, aveva la funzione di tenere a bada il grande capitale a livello mondiale. La controprova è proprio allorquando la dissoluzione dell’Urss ha trascinato con sé buona parte del potere contrattuale della classe operaia a livello mondiale.

La incomprensione di Lucio Magri per i movimenti di massa non è purtroppo limitata a lui ed ai resti del Pci, ma costituisce tuttora una forma mentale presente anche in molti movimenti che perseguono il fine comunista. La nuova generazione degli indignados, il popolo viola, gli occupy sono la forma attuale con cui si esprime la decisione della massa di superare il capitalismo senza ripetere gli errori del passato: un partito di avanguardia che si trasforma in nemico della rivoluzione, ricostituzione di un potere gerarchico allorquando si aveva appunto abolito le gerarchie, ricostituzione del potere ecclesiastico, allorquando era stato abolito...C’è di nuovo che la massa non accetta piú padroni e ha fatto tesoro della esperienza storica. Ci riusciranno anche gli intellettuali?

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