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Libia e Iraq. Stiamo scivolando nella guerra

Tra l’indifferenza generale (l’attenzione è pilotata dai mass media su efferati casi di cronaca, di cui ogni aspetto è morbosamente esplorato) il nostro paese sta entrando silenziosamente in guerra.

Guidata da un governo con un premier irresponsabile, che ha delegato la politica europea alla Mogherini, e ha affidato il ministero della Difesa a una pericolosa dilettante incapace di contenere le smanie di protagonismo di generali convinti di aver diritto alla guida di grandi coalizioni internazionali, l’Italia sta preparandosi un sacco di guai.

La nostra sedicente “Difesa” è agganciata al carro degli USA da trattati che risalgono agli anni Cinquanta, uno dei periodi in cui per la debolezza dimostrata nell’ultima guerra, e per l’orientamento ideologico dei nostri governanti di allora, massima era stata la subordinazione a Washington. Così, dopo aver digerito le incursioni sul territorio italiano dei servizi non troppo segreti che impunemente rapivano presunti capi terroristi per sottoporli a tortura in un paese accondiscendente come l’Egitto, e le bravate dei piloti che per divertimento abbattevano la funivia del Cermis e rifiutavano di sottoporsi alla pur timida (di fronte ai potenti) giustizia italiana; dopo essersi fatti beffare dagli sbirri di al Sissi, che hanno intrattenuto i nostri investigatori senza fornirgli la minima informazione o documentazione visiva sui movimenti di Giulio Regeni, ora stiamo per entrare sempre più in due diverse situazioni esplosive: la Libia e l’area del Vicino Oriente in cui si è sviluppato il nucleo centrale dello Stato Islamico.

In Libia entriamo anche formalmente a rimorchio degli Stati Uniti, che hanno scelto loro, in base ai famosi trattati, di usare il nostro territorio per bombardare Sabratha, in base al diritto che si sono arrogati da sempre di decidere chi “punire” e perché. Ma la ritorsione ricadrà probabilmente prima di tutto sul nostro territorio, assai più esposto e meno protetto delle basi statunitensi. E ricadrà magari su quei cittadini italiani finiti per qualche ragione a portata dei vendicatori dello Stato Islamico… Tanto più che non solo i 5.000 o 6.000 miliziani dello Stato Islamico, ma molti altri potranno avere delle ragioni per prendersela con noi.

Prima di tutti quelli (e non sono pochi) che sono rimasti scontenti degli accordi che abbiamo più che sponsorizzato imposto, ma anche i familiari delle vittime dei bombardamenti “mirati”, che come al solito hanno avuto non pochi “effetti collaterali”… La Pinotti assicura, in una lunga intervista al Messaggero di ieri, che i bombardamenti USA sono difensivi, e assicura che, se non lo fossero, ci avvertirebbero e potremmo consultare il parlamento. Ma Sabratha cos’è stata? Su “la Stampa” Paolo Mastrolilli da New York sbugiarda la Pinotti, spiegando che i “droni armati che da un mese decollano da Sigonella” servono a proteggere la forze speciali americane che sono già sul territorio senza nessuna autorizzazione libica (e come potrebbe esserci se non c’è ancora un governo?).

D’altra parte il capo degli Stati Maggiori Riuniti statunitensi Dunford ha detto brutalmente che “se il governo di unità nazionale [libico] non nascerà davvero nel prossimo futuro, gli USA e i loro alleati come l’Italia dovranno considerare la possibilità di intervenire comunque per fermare l’Isis”. Ci stanno preparando un bel guaio…

In Iraq stiamo entrando invece per proteggere una commessa assegnata a una multinazionale italiana delle costruzioni per la manutenzione della diga di Mosul, a due passi dallo Stato Islamico. Per il momento si tratterebbe solo di 450-500 militari, “a scopo difensivo”, ma con ampia dotazione di elicotteri da combattimento per recuperare i feriti. Si direbbe che la commessa abbia una funzione di esca per tirarci dentro fino al collo in una guerra tremenda, che pochi combattono con armi tradizionali, ma che ci trasformerà in un facile bersaglio, lì e sul nostro territorio.

È impressionante la scarsa attenzione a questi pericoli da parte di cittadini allarmatissimi se vedono un africano che chiede l’elemosina. Ma dipende soprattutto dalla passività delle piccole frange di sinistra incapaci di contrapporsi, almeno con la denuncia, a un governo irresponsabile e mentitore.

 

Foto: Loyarte/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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