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Il razzismo di Israele e la strumentalizzazione dell’antisemitismo

Secondo il verdetto del tribunale, George Floyd è stato ucciso a sangue freddo – in seguito a “colpi e ferite che hanno portato alla morte senza l’intenzione di provocarla” – a Minneapolis il 25 maggio 2020, quasi un anno fa.

di Gilbert Achcar

da Rproject

 L’indomani, essendo circolata la notizia e il video del suo assassinio, la regione di Minneapolis- Saint Paul è stata teatro per diversi giorni di scontri e saccheggi, dando luogo al “secondo periodo di scontri locali più distruttiva della storia degli Stati Uniti, dopo quelli di Los Angeles del 1992”.(1)

Il 28 maggio, il sindaco di Minneapolis, Jacob Frey, rivolgendosi alla stampa, descriveva la rabbia dei manifestanti come “non solo comprensibile, ma anche giusta”. E aggiungeva: “Ciò cui abbiamo assistito negli ultimi due giorni […] è il risultato di tanta rabbia e tristezza accumulate […] che affondano le radici nella nostra comunità nera, non solo a causa di cinque minuti di orrore, ma da 400 anni”.(2) Gli scontri portarono al dispiegamento della Guardia Nazionale nella regione di Minneapolis-Saint Paul. “È tempo di ricostruire. Ricostruire la città, ricostruire il nostro sistema giudiziario […] La morte di George Floyd deve portare all’instaurazione della giustizia e al cambiamento del sistema, non a più morti e distruzioni”, dichiarò Tim Walz, il governatore democratico del Minnesota che aveva ordinato il dispiegamento [della Guardia Nazionale, N.d.T.].(3)

Proviamo ad immaginare che il sindaco di Minneapolis avesse paragonato gli scontri dei neri al pogrom nazista della Notte dei Cristalli del 1938 e che il governatore del Minnesota, invece di riconoscere la necessità di giustizia e di cambiamento del sistema, avesse definito gli scontri come “pogrom” perpetrati da “un branco di neri feroce e sanguinario”. Sarebbero stati massicciamente e vigorosamente condannati, giustamente, per aver fatto paragoni oltraggiosi e diffamatori e pronunciato frasi pienamente razziste, oltre ad essersi dimostrati del tutto ciechi di fronte alla realtà del razzismo e dell’ingiustizia sistematici nella loro città e nel loro Stato. Solo i suprematisti bianchi ammiratori di Donald Trump avrebbero approvato simili dichiarazioni con entusiasmo.

Ora consideriamo la recente ondata di violenze all’interno dello Stato israeliano nelle frontiere precedenti al 1967, sullo sfondo delle manifestazioni di massa a Gerusalemme, seguite dalla deflagrazione tra Gaza e Israele. Nella città di Lod, i cittadini palestinesi di Israele, che costituiscono un terzo degli abitanti della città, avevano organizzato delle manifestazioni come altri “arabi israeliani” in solidarietà con i loro compatrioti palestinesi di Gerusalemme. Questi ultimi si stavano scontrando con dei coloni sionisti oltranzisti che stavano commettendo un nuovo crimine di guerra facendo espellere otto famiglie palestinesi del quartiere di Sheick Jarrah a Gerusalemme est allo scopo di installarsi al loro posto.(4) Lunedì 10 maggio, Mussa Hassouna, un palestinese di 30 anni residente a Lod, veniva ucciso da un residente ebreo: accidentalmente, secondo i vicini ebrei di quest’ultimo, “a bruciapelo” secondo il padre della vittima.

I suoi funerali, l’indomani, si sono trasformati in rivolta, dopo scontri tra palestinesi e polizia – scontri simili a quelli di Minneapolis, ma su scala assai minore. Quale è stata la reazione delle autorità israeliane? “È la Notte dei Cristalli a Lod”, ha dichiarato alla televisione il sindaco di Lod, Yair Revivo. (5) Il presidente israeliano, Reuven Rivlin, si è spinto anche oltre: “Lo spettacolo del pogrom di Lod e degli scontri in tutto il Paese scatenati da un branco feroce e sanguinario, ferendo persone, distruggendo proprietà e attaccando anche luoghi sacri ebraici, è imperdonabile”.(6)

Questa enorme differenza tra le reazioni ufficiali agli scontri [scatenati dai, N.d.T.] neri negli Stati Uniti e quelli [scatenati dagli, N.d.T.] arabi in Israele è molto rivelatrice della grande distanza che separa, da una parte, il crescente riconoscimento da parte della società e dello Stato americano dell’eredità razzista anti-nera sulla quale si sono storicamente costruiti e il processo di riparazione nel quale si sono impegnati da qualche decennio – molto resta da fare a questo riguardo – e, dall’altra parte, la cecità deliberata della società e dello Stato ebraico israeliano di fronte all’eredità razzista anti-araba sulla quale storicamente si sono formati. Non solo la società e lo Stato israeliano negano questa eredità, ma di giorno in giorno aumentano il colonialismo in Palestina in quanto tale, contrariamente a quello in America del Nord, un processo sempre in corso.

Il razzismo è una caratteristica intrinseca allo Stato israeliano, come spiegava Maxime Rodinson nel contesto che portò alla guerra dei Sei Giorni nel 1967: “Voler creare uno Stato puramente ebraico o a predominanza ebraica nella Palestina araba, nel XX secolo, non poteva che portare ad una situazione di tipo coloniale con lo sviluppo (del tutto logico sociologicamente parlando) di uno spirito razzista e in ultima analisi a uno scontro militare tra le due etnie”. (7)

Questa è la stessa verità che scrittore israeliano David Grossman ha riconosciuto – dopo solo qualche mese aver perso suo figlio nella guerra scatenata da Israele in Libano nel 2006 – durante la cerimonia commemorativa di Yitzhak Rabin, il 4 novembre di quello stesso anno. Grossman deplorava “la rapida caduta di Israele nel trattamento impietoso, di fatto brutale, dei suoi poveri e delle persone sofferenti. Questa indifferenza verso la sorte degli affamati, delle persone anziane, dei malati e dei disabili, di tutti i deboli, questa impassibilità dello Stato di Israele di fronte alla tratta di esseri umani o alle condizioni di lavoro spaventose dei nostri lavoratori stranieri che sfiorano lo schiavismo, fino al razzismo istituzionalizzato profondamente radicato contro la minoranza araba”. (8)

Tuttavia, il discorso ufficiale in Israele nega veementemente il suo razzismo “istituzionalizzato profondamente radicato” e la natura coloniale del suo Stato, benché questo sia sempre più flagrante e sia stato riconosciuto dalle grandi figure storiche del sionismo. Il sotterfugio ideologico è stato per lungo tempo quello di invocare l’abominevole eredità antisemita dell’Europa e della Shoah, come se essere discendenti di persone sfuggite a persecuzioni e massacri costituisse un lasciapassare per commettere questi stessi contro altri. Tutto considerato, le condizioni strutturali della violenza nel contesto israeliano di dominazione suprematista ebraica fanno sì che i gruppi di linciatori ebrei che gridano “morte agli arabi” li facciano assomigliare a dei pogrom molto più degli scontri palestinesi.

Il razzismo coloniale di Israele è all’opera nel perseguitare i suoi cittadini palestinesi come nella spoliazione continua dei palestinesi di qualche pezzo di terra sulla quale vivono ancora nella Palestina storica, così come nel crudele bombardamento di Gaza in nome di una “autodifesa” totalmente sproporzionata, che si basa sulla formula di Kurtz, “sterminate tutti questi bruti”, nella novella di Joseph Conrad. Con questo stesso razzismo i sostenitori di Israele vogliono proibire la denuncia assimilandola all’antisemitismo, secondo una tendenziosa definizione che vorrebbe ogni affermazione secondo cui “l’esistenza di uno Stato di Israele è un’impresa razzista”, come quella di Maxime Rodinson citata sopra, è una posizione “antisemita”. (9)

NOTE

1) https://en.wikipedia.org/wiki/Georg...

2) https://www.nbcnews.com/news/us-new...

death-not-only-n1216656

3) https://kstp.com/news/minnesota-nat...

floyds-death/5743967/

4) https://news.un.org/fr/story/2021/0...

5) https://www.timesofisrael.com/krist...

synagogues-on-fire/

6) https://www.bbc.co.uk/news/world-mi...

7) Maxime Rodinson, “Israël, fait colonial?”, dans Le conflit israélo-arabe, p.17-88 (article reproduit dans Maxime Rodinson, Peuple juif ou problème juif?, Maspero, Paris, 1981).

8) https://www.opendemocracy.net/en/is...
9) https://www.lemonde.fr/politique/ar...

Tutte le note sono di Gilbert Achcar

 

Traduzione della versione francese di Cinzia Nachira

Qui la versione francese: “Le racisme d’Israël et l’instrumentalisation de l’antisémitisme

Foto di Charles Edward Miller/Flickr

 
Questo articolo è stato pubblicato qui

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