• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Lettere albanesi

Lettere albanesi

L’integrazione che già c’è

Sono un ragazzo salentino, 21 anni, studente di giurisprudenza a Firenze.

 

Tempo fa tornavo a casa dall’università, in autobus, insieme ad un mio amico albanese. Si chiama Orient, è di Scutari (gli scutarini ci tengono molto a dirlo!) e studia anche lui giurisprudenza.

Ad un certo punto l’autobus si ferma; è una fermata molto particolare: deve salire un ragazzo diversamente abile, sulla carrozzina. L’autobus si ferma, le porte si aprono e si abbassa l’apposita pedana; così anche il ragazzo può salire sul nostro autobus.

Mentre io pensavo ad altro, il mio amico richiama la mia attenzione sulla scena e da giurista in erba mi dice: “questo è molto bello; eguaglianza sostanziale, art. 3 c.2 della Costituzione, vero?!”. Per i non addetti ai lavori: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Io rimango sbalordito da questa considerazione ed inizio a rendermi conto di quanto siamo abituati a dare certe cose per scontate. Ma andiamo avanti.

Giorni dopo ho conosciuto Orges, un altro ragazzo albanese, ancora scutarino (sono tanti a Firenze) e anche lui studente di giurisprudenza.

Abbiamo studiato insieme e per staccare dai nostri codici abbiamo chiacchierato un po’ di politica. Chiacchierata che è diventata sempre più profonda: Berisha che vuole ospitare le centrali nucleari italiane, la crisi albanese del 1997, la difficile transizione dal comunismo alla democrazia, le pressioni di UE e NATO che in un modo o nell’altro dettano l’agenda di Tirana, la criminalità, ecc…

A questo punto, da italiano e meridionale, inizio a lagnarmi dei nostri atavici problemi e inevitabilmente si finisce a parlare di mafia. Mi aspettavo da lui i soliti pregiudizi e luoghi comuni, stile pizza, spaghetti e mafia, e invece resto sorpreso. Orges inizia a parlarmi di Falcone, Borsellino, Chinnici, Costa, Terranova, Dalla Chiesa, ecc…. Non so quanti miei coetanei italiani saprebbero parlare di tutti questi personaggi e quindi rimango stupefatto. Gli chiedo: “Ma li hai studiati a scuola?” (ha frequentato un liceo italo-allbanese). “No” – mi risponde – “ho letto dei libri da solo, prima di venire in Italia, per curiosità”. Proseguendo a parlare dell’argomento, Orges mi dice una frase che mi ha aperto il cuore e che difficilmente riuscirò a dimenticare: “è vero che in Italia ci sono tanti problemi, ma voi avete comunque questi “esempi” da seguire. Queste persone sono i vostri eroi nazionali; hanno deciso di fare il proprio dovere sebbene il sistema non li seguisse. Voi avete queste persone di cui essere orgogliosi e a cui ispirarvi”.

Questi due racconti hanno una cosa in comune: hanno il pregio di farci vedere noi stessi da un’altra prospettiva, è come guardarci con gli occhi degli stranieri e per essere più precisi e attuali direi con gli occhi degli immigrati o almeno di alcuni. Di quelli, cioè, che sono venuti in Italia non per delinquere ma per realizzare un’aspirazione, per raggiungere il loro “Eldorado”, per studiare, impegnarsi, un giorno lavorare. Ragazzi che sono venuti anche perché attratti da questi nostri “esempi”, cui noi forse non diamo più molto peso, salve le rituali celebrazioni. Queste in fin dei conti non ci costano poi tanto.

Con questo articolo non intendo entrare nel merito delle norme sull’immigrazione già adottate o all’esame del Parlamento.

Intendo invece aggiungere al dibattito pubblico, nella società civile, un piccolo elemento di riflessione sull’argomento immigrazione. Un piccolo elemento di riflessione da una piccola esperienza quotidiana, ma che forse può far capire molto più di tante discussioni astratte sui massimi sistemi.

Mettere sempre le parole “immigrazione” e “sicurezza” nella stessa frase umilia questi ragazzi, che non sono pochi. Solo gli studenti albanesi in Italia sono più di 10000!

Il rischio maggiore è soprattutto di perdere le “opportunità” legate all’immigrazione. Opportunità. È una parola molto forte ma che uso con convinzione. Le esperienze raccontate mi hanno aiutato a crescere umanamente; e non capita solo a me.

Personalmente, credo che il nostro orgoglio nazionale, il nostro orgoglio di essere italiani, troverebbe giovamento non tanto dagli assalti ai campi rom, dalle espulsioni di massa o dai respingimenti dei barconi in mare ma piuttosto dal saper leggere negli occhi di questi immigrati quel sogno che ci scorre distrattamente sotto i piedi, che calpestiamo ingratamente, ogni giorno, e che si chiama Italia.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares