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 Home page > Attualità > Società > Il ruolo della Chiesa. Un punto di vista cattolico

Il ruolo della Chiesa. Un punto di vista cattolico

Si usa spesso il termine “laicità” a proposito dei continui e ripetuti interventi della Chiesa Cattolica italiana sui temi di attualità; in particolare, si usa questa parola come strumento per tappare la bocca alla Chiesa e tacciare ogni sua posizione di “grave ingerenza antilaica”.

 

In questo caso la laicità non c’entra; la laicità è un’altra cosa ed è un principio squisitamente giuridico che impone allo Stato una posizione di neutralità ed equidistanza nei confronti di tutte le confessioni religiose e dei cittadini non credenti.

C’entra invece la democrazia, che garantisce a tutti, anche alla Chiesa Cattolica, il diritto di partecipare al dibattito pubblico per contribuire alla formazione delle regole che la società si dà, attraverso le libere istituzioni previste dalla Costituzione.

Sgomberato il campo da questo equivoco, occorre, tuttavia, analizzare le “modalità” in cui la Chiesa interviene; sarebbe infatti troppo semplicistico ridurre tutto a due ipotesi: o la Chiesa sta zitta o può dire tutto quello che vuole e come vuole; la realtà è invece molto più complessa e articolata.

La questione delle modalità - ed è questo il secondo equivoco da evitare - è una questione interna alla Chiesa Cattolica.; né lo Stato né i cittadini non cattolici possono chiedere alla Chiesa qualcosa di diverso dal semplice rispetto delle regole; è, infatti, penoso ascoltare schiere di grandi sacerdoti della laicità che pretendono di insegnare alla Chiesa ed ai suoi Pastori come comportarsi.

I cattolici, tutti i cattolici, possono invece interrogarsi e discutere sull’opportunità degli interventi della Chiesa. Possono farlo anche perché il Concilio Vaticano II ha aperto la Chiesa al principio della collegialità, che instaura una collaborazione preziosa tra i Pastori e tra questi e le altre componenti del Popolo di Dio che non indebolisce ma anzi rafforza e rende più autorevole il ruolo della gerarchia.

Lo stesso Concilio è intervenuto sul tema del rapporto tra la Chiesa e il “mondo”, la realtà politica, economica e sociale e lo ha fatto attribuendo in particolar modo ai laici la responsabilità di curare questi rapporti: “Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio.[…] sono da Dio chiamati a […] manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità” (Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 31).

Da queste poche righe emergono quindi due elementi importanti: 1) le realtà temporali sono affidate prevalentemente ai laici e non ai Pastori; 2) i laici devono occuparsi di queste realtà “principalmente con la testimonianza”.

Questi due elementi sono attualmente disattesi, per lo meno in Italia. La carenza di testimonianza dei cattolici impegnati in politica è fin troppo lampante e non occorre dilungarsi. Più interessante, invece, è esaminare il primo elemento.

La voce della Chiesa sui temi politici e sociali è quasi sempre la voce delle più alte gerarchie ed i laici hanno un ruolo marginale. Questa disfunzione non è senza conseguenze.

La prima conseguenza è una sovraesposizione pubblica della Chiesa come “istituzione”. Intervenendo con forza e frequenza nel dibattito pubblico, la Chiesa finisce per subirne le logiche, comportandosi ed essendo trattata da lobby o da “soggetto politico”; si spiegano così i toni sprezzanti e imprudenti con cui alcuni alti prelati sono intervenuti sul caso Englaro; si spiega così la tendenza dei partiti politici ad affibbiare alla Chiesa il colore politico avverso ogniqualvolta questa si pronuncia a loro disfavore; si spiega così la pressione da parte dell’opinione pubblica che, nell’assenza di reali contrappesi al potere governativo, sollecita la Chiesa a rappresentare i propri malumori e a bacchettare il governo, quasi a mo’ di opposizione, come nei recenti scandali; in definitiva, il risultato è una perdita di libertà della Chiesa. 

Non più faro, ma essa stessa nave nel mare del mondo, la Chiesa rischia così di essere travolta dalle onde.

Tuttavia, la conseguenza più grave è di tipo ecclesiologico e pastorale. La rivendicazione spasmodica del “ruolo pubblico” della Chiesa (che quasi coincide con un “ruolo mediatico”) si è affiancata ad una perdita del suo “ruolo privato”; quel ruolo privato che consiste nella capacità di rivelare e testimoniare ai fedeli la Verità, che questi ultimi saranno poi chiamati ad “incarnare” nella vita sociale; quel ruolo privato che si svolge non sui media ma nel chiuso di un salone parrocchiale, di un oratorio, in un dialogo profondo, paziente e “personale” con ogni fedele; quel ruolo privato che è molto più faticoso del ruolo pubblico, ma che ne è l’unica legittimazione possibile, l’altra faccia della medaglia.

L’arretramento del ruolo privato a vantaggio di quello pubblico sta provocando anche un fenomeno preoccupante, per il quale dei non credenti, degli “atei devoti”, attingono e sponsorizzano i “valori” del cristianesimo nell’arena politica. A prima vista potrebbe apparire positiva e attraente la prospettiva di une diffusione culturale del Cristianesimo al di là dei suoi confini; ad uno sguardo più attento, invece, questo fenomeno può portare ad uno “svuotamento” del Cristianesimo, che da Fede si riduce a filosofia, a dottrina sociale o politica, disancorata dal suo fondamento trascendente e verosimilmente strumentalizzata come paravento che legittima posizioni ultra-identitarie, intolleranti, conflittuali, votate allo scontro con l’“altro”, antitetiche rispetto all’insegnamento di Colui che proprio per Amore dell’“altro” annullò Se stesso.

Su questi rischi è in atto nella Chiesa una silenziosa riflessione che, si spera, possa spingere nella direzione di una piena attuazione degli orientamenti conciliari, al fine di formare dei laici capaci di testimoniare la propria fede “nel mondo” e di liberare l’istituzione ecclesiastica da ogni latente residuo di temporalismo.

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