Lettera aperta a Ingroia
Carissimo Antonio Ingroia, a cui i cittadini perbene saranno sempre grati per il duro impegno di contrasto alla mafia accompagnato, come al solito, dall’isolamento dei vertici della magistratura e dello Stato fino al presidente della Repubblica, ti scrivo per rispondere al tuo articolo, letto su “Il Fatto Quotidiano”, in cui ti rivolgi a Beppe Grillo dicendogli “abbiamo il dovere del confronto, la mia impresa ha delle similitudini con le tue originarie motivazioni”. Naturalmente si parla del tuo ingresso in politica con la lista civica “Rivoluzione civile”.
La prima osservazione che voglio fare è che uno dei grandi difetti della politica italiana è la tendenza alla frammentazione, vuoi per le ambizioni personali dei singoli che desiderano il comando, vuoi per una idea che in più voci si ha più democrazia, cosa storicamente falsa visto che DC e PC prima, PDL e Pd oggi, pur con variopinte alleanze, hanno preso le vere decisioni, dal “compromesso storico”, al “governo tecnico” di Monti.
Patologica e ridicola appare ancora di più la frammentazione a sinistra, che vede dirigenti dell’uno per cento trincerati in posizioni ideologiche fuori del mondo reale, con gente che tifa addirittura per la Corea del Nord, incapaci di sciogliersi come partiti ed evitare che i loro voti vadano sprecati, come oggi succede. Oggi si parla che la tua “lista civica” possa al massimo arrivare al 5%, ed essere sicuramente ininfluente nella politica italiana, come è stato ininfluente DI PIETRO con il suo partito personale in tutti questi anni.
Il “dovere di confronto” con Grillo poteva anche comprendere l’opzione che tu nelle primarie (parlamentarie) in Sicilia, nel tuo comune di residenza, ti proponessi come tutti gli altri al voto degli iscritti al M5S con il tuo curriculum (secondo me saresti stato sicuramente candidato), e avresti portato linfa vitale ad un movimento che è già il primo partito della Sicilia e accreditato di un 15-20% a livello nazionale. Sarebbe stata una lezione di metodo politico nuovo, di aggregazione e non di frantumazione, una novità che è necessario introdurre, altrimenti i due partiti maggiori continueranno a fare i loro inciuci al centro, facendo finta che vi sia uno scontro tra destra e sinistra.
Quanto al logo “rivoluzione civile” sa molto di astratto, visto che in Italia rivoluzioni non se ne sono mai viste, e quelle vere si fanno solo con il sangue, con la conseguenza che il gruppo dirigente che le vince diventa inamovibile e diventano monarchie ereditarie, proprio come la Corea del Nord o come la Libia di Gheddafi, o come Fidel Castro che ha lasciato il potere al fratello.
Noi qui in Italia ci accontenteremmo di azzerare l’attuale nomenklatura politica con la regola grillina (retroattiva) che stabilisce l’ineleggibilità dopo due legislature, di rompere il duopolio RAI-Mediaset con la regola che nessun operatore pubblico o privato possa possedere più di una emittente, con la trasformazione della RAI in public company (una sola rete, con il canone versato volontariamente dai cittadini con il diritto di votare per il direttore generale con tutti i poteri), di abolire il contributo statale ai partiti e alla editoria, di abolire l’8 per mille alle Chiese, e fine dei contributi alle scuole private.
Con queste regolette, che non costano nulla ma ci fanno risparmiare, l’aria in Italia sarebbe più respirabile, e magari dopo aver risolto questi problemi la gente prende gusto a partecipare e contare, e vuoi vedere che riusciamo a diventare una democrazia?
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