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Botta e risposta tra Gino Strada (Emergency) e il fotoreporter Gabriele Torsello (rapito in Afghanistan nel 2006)

Kash Gabriele Torsello, il fotoreporter rapito a Lashkar-Gah il 12 ottobre del 2006 e rilasciato il 3 novembre dello stesso anno, scrive al fondatore di Emergency Gino Strada dopo le sue dichiarazioni fatte a Che tempo che fa: "Nonostante ci sia un sistema di controllo piuttosto rigoroso non è escluso che questo non sia impermeabile". Pubblichiamo sia la lettera di Torsello a Strada - datata 6 febbraio - che la replica del presidente di Emergency Cecilia Strada, di pochi giorni fa. Seguiranno, nei prossimi giorni, le risposte di Torsello e un ulteriore approfondimento.

La redazione di AgoraVox

LA LETTERA DI GABRIELE TORSELLO A GINO STRADA

Caro Dott. Strada,

non ci conosciamo personalmente, ma seguo spesso il suo lavoro attraverso i media, con particolare attenzione all’ospedale di Emergency a Lashkar-Gah nell’Helmand, la regione afghana dove fui sequestrato il 12 ottobre del 2006 e rilasciato il 3 novembre dello stesso anno.

In quel periodo, quando i sequestratori mi chiesero di dar loro un numero di telefono da contattare per avviare eventuali trattative, diedi il biglietto di visita di Rahmatullah Hanefi, il responsabile della sicurezza dell’ospedale di Emergency a Lashkar-Gah.

Avrei poputo dare un altro numero, come quello di uno dei tanti giornalisti che conoscevo (locali ed esteri) o addirittura il numero dell’Ambasciata Italiana, ma scelsi propro quello di Rahmatullah, perchè lo ritenevo responsabile per avermi indirizzato esattamente nelle mani dei sequestratori.

Tengo a precisare che non lo ritenevo, nè lo ritengo responsabile per aver orchestrato il sequestro, se lo avessi creduto non avrei mai dato il suo numero. Ero convinto, e lo sono tuttora, che Rahmatullah avesse ricevuto ordini ben precisi (magari sotto minaccia) per controllare i miei movimenti e in più assicurarsi che avrei lasciato Lashkar-Gah in un modo facilmente rintracciabile.

A dimostrare le poche parole che le scrivo, ci sono molti fatti accaduti all’interno e all’esterno dell’ospedale di Emergency a Lashkar-Gah, uno dei quali è accaduto il 10 aprile del 2010. Di quest’ultimo lei ne discute con Fabio Fazio, a Che Tempo che fa, e alcune sue affermazioni confermano esattamente ciò che penso.

Qui di seguito riporto la trascrizione delle sue dichiarazioni a cui mi riferisco. Estrapolo solo la parte che interessa il corpo di questa lettera. (L’intera intervista a Che Tempo che fa, è stata rimossa da molti siti web, ma è ancora disponibile nell’archivio RAI. Clicca qui)

GINO STRADA: “…Noi abbiamo un sistema di controllo che pensiamo essere piuttosto rigoroso però questo non vuol dire che non sia impermeabile. Ma come in un qualsiasi ospedale italiano, quanto ci vuole mai a portare due granate in una scatola e lasciarla in un corridoio della maternità di un ospedale, voglio dire…no? Quindi che qualcuno delle guardie sia stato comprato o forzato o ricattato a mettere questa cosa all’interno dell’ospedale…”

FABIO FAZIO: “Cioè qualcuno che lavora nell’ospedale che abbia in qualche modo, come dire, accettato, dici tu, sia stato pagato per portare queste scatole.”

GINO STRADA: “Si! Non ho detto pagato da chi..
FABIO FAZIO: “Si!”
GINO STRADA: “… perchè potrebbe essere assolutamente da chiunque!
FABIO FAZIO: “Giusto per toglierci la domanda obbligatoria…siamo sicuri, si può escludere che in una regione in cui c’è la guerra e quindi fra gli afghani ci sarà anche chi simpatizza, diciamo, per i talibani…siamo sicuri che all’interno dell’ospedale di Emergency non ci sia qualcuno che possa invece davvero, che stesse davvero ordendo trame di questo tipo?

GINO STRADA: “Beh io, come dire, la sicurezza non ce la posso avere perchè non ho assolutamente l’idea e il controllo su quello che pensano i dipendenti afghani dell’ospedale di Emergency. Presumo che tra i 250 dipendenti afghani ci sia chi simpatizza per i talibani, chi simpatizza per Karzai, chi simpatizza per i fatti suoi, chi è ricattato o ricattabile, chi magari si presta a certe sporche operazioni. Questo, voglio dire, credo che faccia parte della fauna umana che ha una distribuzione uniforme nel globo.”

Avrei tante domande riguardo il mio sequestro e il comportamento del personale dell’ospedale di Emergency a Lashkar-Gah (sia afghano che italiano), ma considerando che lei in questo periodo è impegnatissimo a svolgere il lavoro fundrising per Emergency, che apprezzo e sostengo, vorrei, al momento, porle solo qualche domanda:

Perché Rahmatullah Hanefi, circa venti giorni prima del sequestro, venne a trovarmi in tarda serata nella mia stanza d’albergo, per poi informarmi della presenza dell’ospedale di Emergency a Lashkar-Gah e invitarmi a rimanere in contatto? O per essere più precisi chi ha informato Ramatullah della mio arrivo a Lashkargah? Chi gli ha chiesto di venirmi a trovare?

Perché venivo più volte invitato a visitare l’ospedale di Emergency e nello stesso tempo le sue guardie avevano l’ordine di farmi lasciare tutta l’attrezzatura fotografica nel gabbiotto della sicurezza?

Perché il responsabile del programma di Emergency in Afghanistan mi negò ufficialmente di utilizzare l’unica connessione internet a me disponibile? E mi negò anche l’autorizzazione a fotografare e a documentare il lavoro di Emergency all’interno dell’ospedale?

Perché non ero autorizzato neanche a vedere i vostri pazienti?

Perché non potevo trasmettere le foto dei bombardamenti dal suo ospedale, visto che lo stesso è base d’appoggio dell’agenzia stampa Peacereporter-Emergency, e lei in diversi interventi pubblici si lamenta per l’assenza di giornalisti?

Perché il responsabile della sicurezza del suo ospedale a Lashkar-Gah, dopo aver visionato il mio reportage su Musa Qala, insistette così tanto a farmi prendere quell’autobus?

Probabilmente per lei i miei perché non sono rilevanti o opportuni, ma le assicuro che per me lo sono e non avrò Pace fino a quando troverò tutte le risposte, in particolare alla prima domanda.

Wa-Aleikum Assalam


Kash Gabriele Torsello
Abdur Rahaman

 

LA REPLICA DI CECILIA STRADA, PRESIDENTE DI EMERGENCY

A seguito della Lettera aperta a Gino Strada, e per conoscenza a Fabio Fazio del 6 febbraio 2012 (clicca qui per visionarla), l’autore Gabriele Torsello comunica telefonicamente con Cecilia Strada, presidente di Emergency, che risponde alle domande nel seguente modo:

Torsello: Perché Rahmatullah Hanefi, circa venti giorni prima del sequestro, venne a trovarmi in tarda serata nella mia stanza d’albergo, per poi informarmi della presenza dell’ospedale di Emergency a Lashkar-Gah e invitarmi a rimanere in contatto? O per essere più precisi chi ha informato Rahmatullah della mio arrivo a Lashkar-Gah? Chi gli ha chiesto di venirmi a trovare?

Strada: Io la storia me la ricordo leggermente in un altro modo. Mi ricordo che gli afghani ci hanno chiamato, più categorie di afghani: civili, funzionari, ecc. che c’era uno straniero deficiente che fuori dal palazzo del governatore faceva foto dove non si potevano fare foto, che era sicuramente uno straniero ma che era vestito da afghano e che lo avevano fermato perché aveva tra l’altro attrezzatura sospetta che poi rilevatasi essere quella della macchina fotografica. Hanno pensato un attimo se spararti oppure no, hanno pensato… E mi risulta che questa sia stata la prima volta in cui abbiamo avuto notizia del fatto che c’era un italiano nella regione. Non so di visite in albergo so che sicuramente ti sia stato passato il messaggio “Ehi italiano non farti ammazzare perché ci spiace se gli italiani … si fanno ammazzare in quella regione.”

Torsello: Perché venivo più volte invitato a visitare l’ospedale di Emergency e nello stesso tempo le sue guardie avevano l’ordine di farmi lasciare tutta l’attrezzatura fotografica nel gabbiotto della sicurezza?

Strada: Perché decidiamo noi chi entra a fotografare cosa nel nostro ospedale se è una persona sconosciuta. Il primo approccio con te non è stato che tu ci hai chiamato in ospedale dicendo “Ciao vorrei vedere il vostro ospedale” ma che appunto c’era uno straniero che rischiava di farsi ammazzare davanti al palazzo del governatore. E alla domanda perché ti hanno fatto lasciare l’attrezzatura fotografica al gabbiotto della sicurezza: primo perché non so che … hai dentro le tue borse fotografiche, secondo perché decido io chi fa cosa e chi entra nel nostro ospedale per ovvia protezione dei miei pazienti.

 Torsello: Perché il responsabile del programma di Emergency in Afghanistan mi negò ufficialmente di utilizzare l’unica connessione internet a me disponibile? E mi negò anche l’autorizzazione a fotografare e a documentare il lavoro di Emergency all’interno dell’ospedale?

Strada: Perché non siamo internet-point, non siamo tenuti a dare connessione internet a chi passa nel nostro ospedale specialmente se non sappiamo chi sono, che cosa scrivono, a chi la scrivano, in una regione in cui come capirai la protezione del paziente e del lavoro degli operatori è molto importante, anche perché vengono commessi quotidianamente crimini di guerra, proprio quelli che siamo li ad aiutare.

Per l’autorizzazione a fotografare la risposta è la stessa: perché decido io a chi faccio fotografare i miei pazienti, perché non voglio che siano a rischio ritorsioni, di far sparire un testimone, di qualsiasi cosa gli possa succedere rispondo io quindi decido io.

Torsello: Perché non ero autorizzato neanche a vedere i vostri pazienti?

Strada: Evidentemente il coordinatore del programma in quel momento ha ritenuto che non fosse sicuro per i nostri pazienti essere esposti.

Torsello: Perché non potevo trasmettere le foto dei bombardamenti dal suo ospedale, visto che lo stesso è base d’appoggio dell’agenzia stampa Peacerporter-Emergency, e lei in diversi interventi pubblici si lamenta per l’assenza di giornalisti?

Strada: Peacereporter so esattamente a chi comunica e come, e insomma ti ho già risposto nelle risposte precendenti: non siamo l’internet-point e la situazione è molto delicata.

Torsello: Perché il responsabile della sicurezza del suo ospedale a Lashkar-Gah, dopo aver visionato il mio reportage su Musa Qala, insistette così tanto a farmi prendere quell’autobus?

Strada: A me risulta un’altra storia che tu volevi farti un tuo viaggio e che tu abbia chiesto un aiuto logistico nell’acquisto dei biglietti. Dopo di ché comunque questo dovresti chiederlo a lui. Ripeto io mi ricordo tutta un altra storia, un altro film.

 

Spero di aver dato risposta ai tuoi quesiti.

Che tu possa stare in pace.

Cecilia Strada

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PS: La su menzionata comunicazione è avvenuta il 9 febbraio 2012 tra Gabriele Torsello, Maso Notarianni e Cecilia Strada. Durante la stessa, Torsello ha proposto di replicare e approfondire la questione, proponendo un incontro presso la sede di Emergency a Milano, o comunicare per email o telefono. Ad oggi, nonostante vari solleciti, non si è ricevuto ulteriori notizie in merito. 

NOTA: La foto qui in allegato si riferisce all'episodio descritto da Cecilia Strada nella risposta alla prima domanda.
La foto è stata scattata da Kash davanti al palazzo del Governatore dell'Helmand il 26 settembre 2006, quattro giorni dopo il primo incontro con Emergency. La stessa foto, infatti, fu trasmessa utilizzando la connessione internet dell'ospedale di Emergency a Lashkar-Gah.

 

 

 

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