• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Lettera alla mia ex professoressa Elsa Fornero

Lettera alla mia ex professoressa Elsa Fornero

Mentre Eugenio Scalfari scrive una lettera a Susanna Camusso per esortarla a sostenere la causa della flessibilità del lavoro con argomenti analiticamente discutibili, io mi permetto di scrivere alla mia ex professoressa Elsa Fornero, attuale ministro del Lavoro e del Welfare.

Elsa Fornero è stata la mia docente di Macroeconomia nel 1998, durante i corsi del Master in Economics del CORIPE Piemonte di Torino, l’attuale Real Collegio. Ricordo una donna chiara, determinata, volitiva, capace di introdurci con perizia ad “Understanding Consumption” di Angus Deaton e ai relativi problemi della cosiddetta “ottimizzazione intertemporale”. Se ci imbattevamo in un esercizio più ostico del solito, Fornero amava spronarci con un monito, una curiosa mescola di americanismo e spirito mediterraneo: “It’s up to you”, ci diceva, con l’aria un tantino materna, nonché lievemente marziale, di chi ha fiducia ma al tempo stesso si attende molto dai suoi studenti.

Dal canto nostro non eravamo una classe agevole… Devo dire che tra noi regnava un notevole scetticismo, riguardo i modelli neoclassici di ottimizzazione intertemporale. Facendo parte di una delle ultime generazioni “eterodosse” di dottorandi, eravamo stati abituati a guardare con sospetto ad analisi che davano per scontato che il livello del reddito nazionale fosse sempre quello di piena occupazione, e che si limitavano ad esaminare solo il modo in cui la popolazione potesse ripartire quel reddito tra consumo presente e risparmio per il consumo futuro. Fornero tuttavia non sfuggì ai nostri rilievi critici: riconobbe che i modelli che studiavamo erano delle mere astrazioni concettuali, e che nella realtà il problema keynesiano della carenza di domanda effettiva e della conseguente disoccupazione mantiene tutta la sua rilevanza.

Oggi Elsa Fornero ha assunto il delicato incarico politico di trattare con il sindacato in tema di cassa integrazione, flessibilità dei contratti, articolo 18. A questo proposito, forse non tutti sanno che tra il 1998 e il 2008, a seguito del pacchetto Treu, della legge Biagi, ecc. l’Italia ha già fatto registrare il record europeo di caduta degli indici di protezione dei lavoratori calcolati dall’OCSE. Ciò nonostante, molti sostengono che il sindacato dovrebbe rendersi disponibile ad accrescere ulteriormente la flessibilità dei contratti, depotenziando ancora le tutele sul posto di lavoro in modo da contribuire alla crescita del reddito e dell’occupazione. Ebbene, io spero che la ministra Fornero affronti questa delicatissima questione con la medesima onestà intellettuale che mostrò al CORIPE, in qualità di docente.

In particolare, mi auguro che Fornero tenga conto di una conclusione ben nota in letteratura, che l’attuale direttore della ricerca del Fondo Monetario Internazionale,Olivier Blanchard, ha sintetizzato nei seguenti termini: «le differenze nei regimi di protezione dell’impiego appaiono largamente incorrelate alle differenze tra i tassi di disoccupazione dei vari paesi» (European unemployment: the evolution of facts and ideas, Economic policy 2006).* In altre parole: non esiste prova scientifica del fatto che la maggiore precarizzazione del lavoro implichi maggior crescita economica e minore disoccupazione. Tanto più nel mezzo di una gigantesca crisi da domanda effettiva, come l’attuale.

Mi rendo conto che questi possono risultare temi ostici per chi, come Eugenio Scalfari, crede ancora che il liberismo del lavoro rappresenti la logica e inesorabile implicazione politica della teoria economica contemporanea. Ma da una ministra economista, con un pedigree accademico di tutto rispetto, è lecito attendersi che il tema delle tutele dei lavoratori sia affrontato sempre con parole oneste e scientificamente supportate. Insomma, questa volta it’s up to you, Elsa.

Emiliano Brancaccio

* per approfondimenti, rinvio a E. Brancaccio, Anti-Blanchard. Un approccio comparato allo studio della macroeconomia (di prossima pubblicazione per Franco Angeli, Milano 2012).


Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.202) 30 gennaio 2012 13:30

    Grande Branka!

  • Di (---.---.---.27) 31 gennaio 2012 00:40

    Grazie Bravo , io non ho cotanta preparazione ma affermo forse in modo un po naif ma molto arrabiato:

    Che toccare l’ articolo 18 sia sbagliato , che non sia ritenuto cosa utile ma anzi dannosa lo dicono , i sindacati naturalmente , novita’dell’ ultima ora anche buona parte di confindustria, ora anche gli economisti...ma allora chi lo vuole?????

    mi sa ma siamo in mano a una minoranza mascalzona che ci vuole ricondurre alla condizione di selvaggia concorrenza tra lavoratori , concorrenza evidentemente suicida come quella che oggi si fanno e subiscono i padroncini nei trasporti....

    ma ,ripeto, a chi giova una concreta insicurezza sociale , una competizione esasperata , un’ individualismo estremizzato , dove noi vediamo configurarsi questo tipo di disintegrato tessuto sociale??

    Beh per quanto riguarda l’ Italia cio’ esiste gia ed e’ evidentissimo nelle periferie di molte citta in particolre del povero SUD ,totalmente in mano alla criminalita’ organizzata...a loro si che giova un tessuto sociale cosi’ disintegrato.

    Soluzione tante ma in evidenza:

    Lasciare li l’ art 18 cosi’ com’e’

    Abrogazione della lex Biagi (ce l’ avevano venduta come panacea che avrebbe generato supercompetivita e ci avrebbe aiutato a superare ogni crisi....dopo 10 anni un vero disastro un fallimento!!) e tornare alla legge TREU con le sue limitazioni all’ uso dei contratti recari in tempus e quantum

    Perseguire con una normativa severissima il lavoro NERO (o eluso attraverso quello cooperativo)con azioni tipo le recenti di GDF o agenzia entrate, normativa 
    che renda responsabili sia appaltatori che appaltanti(come succede in tutta europa) sull uso di lavoratori in nero.

    togliere la prescrizione BREVE ( oggi a 2 mesi ) per gli illeciti sul Lavoro

    permettere le class action all Europea in tematiche giuslavoristiche.

    Imporre un marchio che garantisca che cio’ che e’ made in italy lo e’ solo se viene prodotto con almeno il 70% dei componenti italiani e fatto in ITALIA.

    Introdurre la normativa tipo tedesco o francese sul DISINCENTIVO alle aziende che delocalizzano la produzione.

    Normativa severa sul DUMPING in particolare nel settore agricolo dove le centrali acquisti delle grandi industrie alimentari o della grande distribuzione stanno distruggendo tutta la nostra agricoltura!!

    e tante altre cose serie...senza lacrime o scandalo solo magari leggendo una volta la COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA sulla quale ha giurato anche la Fornero e che deve seguire.

    E che neppure l’ europa puo’ impedirci di seguire...

  • Di (---.---.---.138) 31 gennaio 2012 22:21

    Condivido l’articolo , senza essere economista, basta il buon senso, come si fa lottare contro la precarietà dando la possibilità di licenziare senza motivo o giusta causa?

    Non si capisce come mai la Ministra si sta focalizando su questo articolo, é un puntiglio? una moneta di scambio con il PDL: vi sosteniamo, ma via l’articolo 18.....?
    che senso ha precarizzare ancora di piu’ lavoratori?
    Lidia

  • Di (---.---.---.16) 4 febbraio 2012 23:35

    Si e’ vero nessun senso questa azionre anti articolo 18 , per un paese tra i + flessibili come stima ocse ,e se poi guardimo al fatto che nel 2010 sono state fatte cirac 1500 cause per art 18 e i lvoratori ne hanno vinte con il reitegro circa 500.....la dice lunga sull inutilita’ di questa proposta ... amenoche’ non vi sia sotto una semplice lotta tar partiti..
    ovvero

    il PD * IDV +SEL dai sondaggi e’ in testa con buono scarto rispetto a PDL+LEGA

    ora a chi fa male la diatriba sull art 18 ?? ma certo al PD che ne e’ spaccato !!!

    quindi se si cambia abolendo l’ articolo 18 il PD perde la parte a sinistra spaccandosi

    Se viene sconfitta la linea abolizionista e viene mantenuta l’ art 18 il PD si spacca perche’ l’ anima centrista lo abbandonerebbe accusandolo di conservatorismo..

    insomma per Bersani un bel problema...ovvero una mediazione difficile da trovare.

    ma aben pensarci una soluzione c’e’ ed e’ favorevole al PD..

  • Di (---.---.---.43) 5 febbraio 2012 08:15

    Lana caprina. A me sembra solo un modo per creare una cortina fumogena per nascondere altri problemi. Perchè uno dovrebbe essere licenziato senza giusta causa? E’ incomprensibile.
    D’altra parte in Italia le imprese sono molto picole per cui l’articolo 18 non ha una grande rilevanza.

    Il grosso problema è quello della disoccupazione che non viene adeguatamente tutelata. Alcuni usufruiscono della cassa integrazione ed gli altri si attaccano al tram. Un sostegno per tutti, limitato dal rifiuto di un lavoro, mi sembra più giusto.

  • Di (---.---.---.238) 5 febbraio 2012 11:04

    Altro che lana caprina.. meno male che abbiamo economisti che usano le stesse armi affilate di questi professoroni per smentirli! Non bastano mica le chiassate di Beppe Grillo per buttare giù dalla torre questa gente...

  • Di (---.---.---.16) 5 febbraio 2012 11:45

    Che siano smentiti dai fatti e’ EVIDENTISSIMO ma allora’ perche’ insistono??

    vogliono ridurci alla distruzione sociale tipo GB ???

    voglino solo arrichirsi personalmente??

    vogliono reatsurare una forma morbida di fascismo??

    chi lo sa!!

    Bisogna solo opporsi e reagire , stanno facendo una cosa SBAGLIATA E DANNOSA

  • Di (---.---.---.39) 5 febbraio 2012 19:26

    Ho letto questa cosa della Fornero "un giorno sul melo e uno sul pero". Lo dice un senatore leghista, io non sono leghista ma mi ha divertito.

  • Di (---.---.---.114) 6 febbraio 2012 00:27

    Ragazzi, l’importanza dell’articolo 18 è gonfiata dai mezzi d’informazione.


    Il mercato del lavoro va male perché il lavoro non è un bene materiale da prendere a saldo. Ovunque ci sia la possibilità di pagare meno ed essere meno vincolati, ci sarà precarietà, non flessibilità.

    Il lavoro dal lato dell’azienda deve costare tutto allo stesso modo, tasse e contributi devono essere uguali per ogni forma contrattuale. 

    E poi scusate, se per ogni contratto lavorativo fosse abrogata la data di scadenza e l’azienda fosse chiamata a investire sulla formazione del lavoratore da licenziare in modo efficace, cioè da ricollocarlo, non sarebbe meglio ?!


  • Di (---.---.---.34) 6 febbraio 2012 09:20

    "non esiste prova scientifica del fatto che la maggiore precarizzazione del lavoro implichi maggior crescita economica e minore disoccupazione."


    G.le Brancaccio, 
    leggo dalle sue note personali che lei è un addetto ai lavori, ben addentrato nella materia a differenza mia che di economia ho dato giusto un esame all’università e quindi premetto ogni mia ignoranza a riguardo.

    Mi ha colpito molto la sua frase, perdoni un po’ la provocazione, perché ricordo di aver pensato, quando studiavo la materia poco e male per esigenza di sintesi, che i modelli economici in vigore o quelli storici da cui erano stati elaborati si fondassero su postulati forse validi all’epoca, ma oggi credo ampiamente smentiti dai fatti. Rimango sul piano del banale esempio, che Lei sicuramente potrà contraddire o precisare meglio, avendo una competenza sicuramente maggiore della mia, che appunto ho studiato male e vado a memoria, ma questa è l’idea che mi feci. Ricordo di aver studiato nel dettaglio anche analitico modelli che si basavano su ipotesi date per ovvie, del tipo "la ricchezza del singolo diventa ricchezza di tutti", o che se l’imprenditore si arricchiva automaticamente i salari dei suoi dipendenti erano destinati a crescere. Le chiedo venia per la semplificazione scritta, ma la poca memoria e il poco tempo dedicato alla disciplina mi hanno portato a ricordare essenzialmente il mio stupore nel considerare come modelli economici ampiamente studiati e applicati, che condizionano fattualmente la vita di tutti, si basino su ipotesi del genere e che spesso si continui a far riferimento a tali modelli nonostante sia palese, agli occhi di tutti, che i postulati su cui si basino siano fallaci. Però, accettati gli stessi come dogma, il modello gira e lo si utilizza, peccato che poi evidenze sperimentali della sua efficacia siano difficilmente interpretabili in modo univoco, per essere generosi. Qualcuno diceva che da premesse sbagliate difficilmente si può trarre un ragionamento corretto.

    Mi stupì come si consideri scienza un campo come l’economia, molto complesso, che fondamentalmente si riduce spesso a statistiche e studi anche analitici ma basati su presupposti discutibili. Questo non per sminuire lo studio dell’economia, che come da me riconosciuto indaga un campo molto più complesso di un sistema fisico, ma per stimolare le persone come lei, gli addetti ai lavori insomma, a svecchiare un po’ i modelli utilizzati da tutti quei postulati fallaci e di riscriverne di nuovi, più attuali e verosimili, su cui costruire un qualcosa che sia meno astratto e più corrispondente all’evidenza sperimentale. Il mondo ne ha bisogno e mai come nell’ultimo periodo è diventato urgente ed evidente.

    It’s up to you, come direbbe qualcuno. Per favore, ne abbiamo bisogno.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares